lunedì 29 luglio 2013

Scodinzola

Ennesima prova del vecchio consiglio di togliere attenzioni all'amato "male" per vederlo tornare scodinzolante. Ecco quello che accade a me, con il barbuto che scodinzola, mi tiene d'occhio, mi pedina quasi, seguendo i miei movimenti per tutta l'azienda e scocciandosi, come oggi, se gli rifiuti due caffè di fila, fino a offrirtelo con i suoi tre soldi sulla chiavetta, mentre la tua è bella gonfia di credito.
 
A saperlo, che bastava essere solo un po' più... antipatiche e sostenute per ottenere dei risultati, mi sarei sacrificata prima.



I giusti specchi

 
Oggi è stato l'ultimo giorno di lavoro prima delle tanto sospirate ferie estive.
Solo il mio ufficio è costretto a questa schiavitù, ferie una volta l'anno.
Gli altri sono presenti ad alternanza, e non chiudono mai, come del resto l'azienda.
 
Di solito la nostra assenza per quattro settimane è preceduta dai consueti saluti di rito, alle persone che frequentiamo più spesso.
 
Mi pareva di aver fatto cosa gentile proponendomi per un saluto, dopo mesi di assenza e di lavoro in comune, al bello nazionale. E, dato il fitto scambio di mail intercorso tra noi in cui mi ha raccontato del viaggio a Praga, pensavo che la proposta di un saluto non gli fosse dispiaciuta, tanto che mi ha ricambiato con l'invito per un caffè.
 
Oggi, al termine delle fatiche quotidiane, con il numero bello e fatto in mano agli stampatori, gli scrivo due righe, chiedendogli se è impegnato e se posso passare a salutarlo.
Per tutta risposta, uscita un momento con Pietro, me lo trovo davanti in ufficio "passato a salutare tutti". Per lo più ha parlato con i miei colleghi, e io mi sono trovata spiazzata, nella contemplazione di questo tizio che si è messo a fare gruppo maschile con chiacchiere e risate varie.
E io (anche Michela a dire il vero) mi sono trovata seduta alla mia scrivania, nel mio angolino, a chiedermi che razza di buzzurro fosse. Si è dilungato a parlare con Danilo delle sue vacanze, e anche con Pietro.
 
A me, a parte un saluto, non ha neppure chiesto dove sarei andata.
Ho trovato la seguente mail, vengo su a salutare tutti, poi, se qualcuno vuole, la pausa alla macchinetta per il caffè è ben accetta.
 
Scusate, ma che cavolo di invito è?
Io sono rimasta lì, seduta in silenzio a guardare la mail, incredula.
In realtà non so bene cosa pensare, ma mi sono sentita ferita, offesa, e un pochino umiliata.
Quello che mi è venuto spontaneo pensare era che almeno 5 minuti per bere un caffè e scambiare due parole con me li poteva anche trovare. Per cortesia, per curiosità, non so...
Perché uno sgarbo del genere?
In fondo, ma anche in superficie, sono educata ed equilibrata nei rapporti con lui.
 
Poi, al telefono ho parlato a lungo con la nostra collega Letizia, una persona gioiosa, calorosa e vitale. Abbiamo parlato a lungo del suo viaggio in Giappone, e io mi sono sentita rinfrancata dalla sua voce dolce e dalla sua intelligenza vivace e simpatica.
 
Al ritorno a casa ho parlato con Antonia, la mia vicina di casa, di tutto e di niente, ed è bastato qualche minuto per sentirmi sollevata e tranquillizzata.
L'attenzione e la compagnia di alcune persone è come un caldo plaid. La luce e il calore che infondono scalda il cuore e conforta l'anima. E' un piacere stare con queste persone, che danno qualcosa.
 
E io sono stanca di primedonne, stanca di persone che seminano solo insicurezze e dispiaceri, stanca di persone che non sono mai, neppure, per sbaglio, all'altezza delle mie premure.
Gli specchi in cui si guarda vanno scelti con cura, perché il loro comportamento è l'immagine che ci restituiscono di noi, il nostro giudizio profondo, e possono accentuare le nostre insicurezze, fare danni, rovinare la vita quotidiana e non.
 
Non posso più accettare, davvero, questo senso di inadeguatezza che mi genera il correr sempre dietro alle nuvole.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

domenica 28 luglio 2013

Sindrome da abbandono

Si spiegherebbe così, o meglio, anche così, l'abitudine esagerata ad accumulare oggetti, che, mi dispiace dirlo, mi caratterizza.
O meglio, l'abitudine a non consumarli, che è diverso. Con inquietudine osservo il mio guardaroba e l'armadietto del bagno gonfiarsi oltre misura. Di oggetti che, in genere tendo a tenere d'acconto e che per lo più non mi servono affatto e in un battibaleno diventano vecchi.
 
Secondo questo articolo del Corriere, che ho letto giorni fa, il desiderio di accumulare fa il paio con quello di "trattenere" e di difendersi dalla perdita.
 
Il problema è che io non mi ricordo nemmeno di avere tante cose e neppure, quando so di averle, mi ricordo dove sono. E così partono estenuanti cacce al tesoro che si concludono con un nulla di fatto.
 
Forse ci vorrebbe un percorso di disintossicazione....
 
 

sabato 27 luglio 2013

Coffee love



Pare che sia un ottimo antidepressivo.....

La pena del contrappasso

Non sempre chi si comporta male, o malissimo, viene punito in vita.
Stavolta, però, il nostro Dante ci ha preso in pieno, gloria al grande letterato che copre di luce maligne e mefistofelica le mie attuali giornate.
 
Di lui avete già letto in post precedenti, certo, ma immaginatevi una persona gretta e volgare, presuntuosa e miope, saccente e insensibile. Aggiungetevi quella furfantesca attitudine spiccia a servirsi delle persone e a raccontare fandonie, a spargere calunnie sulla sua strada e a manipolare costantemente la realtà.
 
Il nostro Ciccio nazionale, il no-family man per eccellenza, quello che si chiude a casa della madre fingendo di non essere il ferie per non portare la moglie a spasso.
Il grandioso, che si compra la barca a vela, e se ne vanta.
 
Questo sciocco pieno di sé, incapace di vedersi allo specchio per quello che è, un coso ridicolo e obeso, bassetto e rumoroso, noioso e borioso, senza fascino né capacità, accecato da un ego mostruoso.
 
E poi abbiamo lei, la grande, vampiresca seduttrice, che nel giro di pochi mesi ha fatto carriera in un posto in cui si naviga, di solito, di diporto e non si arriva mai a nulla. Alta, bionda e chiaramente feroce nel suo inseguire il gradino successivo.
Deve essere stata una preda facile, quell'ometto rozzo e borioso.
E lì, in quell'ubriacatura che lui deve aver vissuto come l'inizio del suo trionfo da latin lover, è cominciata l'espiazione.
Implacabile, inesorabile, la strada verso il purgatorio era tracciata.
 
In fondo, è una storia banale, una storia nata sul lavoro, lui che viene scoperto dalla moglie, separazione con molti dispiaceri e inganni. E comincia a perdere piano piano tutto. La casa, per cominciare, poi anche le illusioni. Lei in casa non lo vuole, non era così che doveva andare. L'unico rifugio che gli rimane è la casa al lago, 120 km all'andata e 120 al ritorno. Tanto l'auto è aziendale. Ma poi gli mettono un tetto al carburante che può farsi rimborsare e le spese lievitano.
Le separazioni, si sa, costano assai, e il denaro cala. Vizi e stravizi assottigliano le disponibilità e i divertimenti latitano. 
 
Infine, lei lo lascia e i vicini lo aggrediscono sfasciandogli la casa e mettendo irrimediabilmente in luce il fatto che lui, in realtà, non ha nulla.
E' riuscito a bruciarsi casa, famiglia, denaro, e credibilità sul lavoro, quella poca rimasta.
 
E adesso, tra un sedativo e l'altro, è a casa a piagnucolare.
Ben gli sta, vi dico, ha fatto tutto lui....

venerdì 26 luglio 2013

Il primo amore non si sposa mai

Gli incommensurabili danni del copia e incolla

Sono sempre terrorizzata, quando mando messaggi, oppure mail in contemporanea a diverse persone, di scrivere una cosa per l'altra (e, talvolta, quando parlo male di qualcuno, di scrivere proprio al diretto interessato le mie rimostranze).
 
Ma non vorrei proprio essere nei panni di chi ha compilato il comunicato di partecipazione al lutto dello spagnolo Rajoy, che, nel commentare uno dei peggiori disastri ferroviari della storia spagnola, conclude la lettera partecipando al dolore del terremoto in Gansu...
 
Fretta, approssimazione, e... il copia-e-incolla!
 
Forse, data la gravità della situazione, valeva la pena di eliminare, una volta tanto, la triste pratica del copia e incolla che spersonalizza tutto e scrivere qualcosa di vero con la propria testa.

mercoledì 24 luglio 2013

Expo 2015: trionfalismi e lavoro precario

Proprio non capisco cosa ci sia da festeggiare e di cosa complimentarsi.
Su tutti gli organi di stampa, oggi, campeggia la notizia dell'accordo tra sindacati e comitato Expo.
Ho letto commenti tipo: "un modello per il futuro", "risposta concreta per il lavoro".

Mancavano solo le campane a festa.
Di cosa stiamo parlando?
Stiamo celebrando l'accordo per un cospicuo numero di stage, contratti a tempo determinato e atipici, nonché di un mastodontico numero di volontari da reclutare.

Quindi tutti lavori sottopagati (vedi i poco più di 500 euro più ticket restaurant per gli stage) e destinati a ritrasformarsi in "zucca" al momento della fine dell'Expo.
In base a quanto leggo la grande vittoria è quella di aver posto le basi per nuovi posti di lavoro.
Eh, bello, peccato che abbiano tutti scadenza breve come la ricotta.

E che siano qualitativamente scarsi.

Mi viene in mente Barcellona, che è stata volano dell'economia spagnola con quei lavori incredibili e poi volano anche per la crisi dell'immobiliare, che ha inghiottito la Spagna come un buco nero.

Milano che farà?
Su cosa costruiremo la ripresa, su un lavoro finto?
Sul precariato assoluto?

Intanto ora delle elezioni questi avranno la nomea di crea lavoro, mentre la fine del sogno spetterà agli altri...

Ma quello che mi spaventa è questa disperazione corrente, che fa dire: è meglio di niente anche qualcosa (in dialetto è molto più evocativa).
Secondo me non c'è nulla da festeggiare.




lunedì 22 luglio 2013

Benigni su Calderoli... Un genio

'Il vicepresidente del Senato Calderoli ha detto che il ministro Kyenge gli fa venire in mente un orango. La cosa più terribile di questa frase è 'Calderoli vice presidente del Senato'

lunedì 15 luglio 2013

Il tempo degli esami...

... si sa, non è mai finito.
E non finirà mai per chi è maniacale nei controlli, esattamente come me.
La mia pignoleria, ultimamente, è un po' degenerata, arrivando a vette di esasperazione notevoli, e non solo nel lavoro.
 
Qualsiasi cosa io faccia, dica, scriva, cucini non deve essere meno che perfetta, naturalmente secondo i miei standard, che, vi assicuro, non sono affatto generosi.
Basta una scheggiatura all'unghia, qualche errore di digitazione che trovo in ciò che scrivo, degli errori, che non siano poi di calcolo, altrimenti si innesca la tragedia, per innervosirmi, rendermi di cattivo umore, e concentrare tutta la mia attenzione sull'imperfezione.
 
Sono sempre stata perfezionista, ma, in passato, lo ero a macchia di leopardo.
Mi concedevo, cioè, degli spazi di autonomia e di disordine, di umana imperfezione.
Invece, ora no. Ogni cosa, ogni settore è un campo di battaglia.
Ogni minima cosa diventa una prova, un esame.
 
Come se volessi costantemente provare me stessa, come se ogni esito, positivo o negativo, fosse un giudizio su me stessa.
 
Sarebbe ora di rilassarsi, invece, e di scindere l'essere dall'agire, e le effettive possibilità dall'ambizione di dominare e controllare tutto.
 
Anche se, lo ammetto, avere affinità con la precisione non è deleterio, quello che non va bene è esasperare l'importanza di cose oggettivamente banali.

Lentamente muore

Lentamente muore
Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente
chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo
quando è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita,
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore
chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce o non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza
porterà al raggiungimento di una splendida felicità.


                                                                                                  Mi dicono Pablo Neruda

La maledizione del Grillo parlante

Quanti consigli non richiesti siete disposte a tollerare?
Da diverso tempo sto riflettendo su questo argomento, trovandomi in imbarazzo nel vedere scambiata la mia nuova tolleranza per accondiscendenza.
 
So riconoscere i miei limiti ed i miei difetti. Quando mi viene detto qualcosa di vero e serio cerco di capire e di metabolizzare. Ma, e mi duole dirlo, sono adulta e non ho bisogno di continui indirizzamenti su come condurre la mia vita in ogni suo aspetto. Tradotto in parole povere, al momento giusto e con l'atmosfera giusta, un consiglio, che rappresenta anche un diverso e più obiettivo modo di vedere il mondo, è un toccasana. Ma lo stesso, al momento sbagliato e ripetuto più volte, risulta irritante.
 
Mi rendo conto che anni fa chiunque mi conosceva non si sarebbe mai azzardato a suggerirmi più e più volte un sacco di cose, soprattutto non a richiesta. Ora, nel tempo sono cambiata, direi anche migliorata, ma nel fondo sono sempre io... e dunque è il caso di non esagerare.
 
Direi al massimo un paio di consigli indispensabili al giorno e non di più.
 
Altrimenti richiamo il leone che c'è in me addormentato.
E inizio a rispondere con tutti i consigli non richiesti che mi sono rimangiata.
 

domenica 14 luglio 2013

Dieci anni dopo, sempre noi

Il 13 luglio 2013 ci siamo trovate tutte, senza eccezioni, allo stesso tavolo rotondo.
Un tavolo lussuoso, ingombro di stoviglie eleganti, bicchieri sottili e impalpabili come farfalle, posate d'argento massicce e rassicuranti, fiori delicati e soavi.
 
L'emozione che avrei potuto provare in Chiesa, si manifesta qui, durante il pranzo di nozze, contemplando le persone che ho vicino.
 
Oggi è una giornata splendida, soleggiata e ventilata, dai colori intensi che dipingono le Isole Borromee, adagiate nel lago di fronte a noi.
 
Intorno i turisti indolenti, gli invitati che sono lì per dovere, per piacere o per caso, che sciamano intorno a noi.
 
Seduta al tavolo, osservo le persone intorno a me, intente a parlare, a mangiare, a guardare, anche solo ad aspettare. Questa occasione, inaspettatamente, ci ha riavvicinato, e siamo qui, tutte insieme, come non fosse passato un giorno.
 
Non era affatto scontato trovarsi qui tutti, le vicissitudini personali, familiari, umane non hanno risparmiato nessuno di noi. Sembra quasi un miracolo vedere questo insieme di persone, che singolarmente è un essere umano e che, invece, insieme, esprime un'identità di gruppo, una voce, un sentimento che insieme completa e corregge quello individuale, dando forza, coraggio e motivazione.
Ognuno con il suo contributo.
 
Inutile nasconderlo, ci guardiamo e vediamo quei 10 anni che hanno lasciato tracce sui nostri visi e sui nostri corpi. Noi qui, ora, nell'aria sospesa, in bilico verso la maturità, siamo però, incredibilmente, meravigliosamente, intimamente le stesse persone di prima, le stesse persone di sempre. E non può una ruga, un kg di troppo cancellare questo fatto.
 
In questo giorno irripetibile noi siamo qui, ancora una volta insieme e sempre insieme, nella nostra memoria e nella nostra storia, importanti l'uno per l'altro come nessuno mai.
 
Oltre i casi quotidiani, oltre gli errori, oltre le mancanze, mi sono sempre meravigliata di questo inspiegabile affetto nei miei confronti.
 
Per tutta la considerazione, il calore e la vicinanza nei miei confronti, infine vi voglio ringraziare per essere mie compagne di vita.

venerdì 12 luglio 2013

Il dubbio




Il dramma del Gianduiotto

Stamattina una notizia mi folgora: la Pernigotti venduta al gruppo turco Toksoz.
Non fraintendetemi, ma il gianduiotto turco proprio non si può sentire.
 
Colpita nell'orgoglio e nella gola (forse per un piemontese sono la stessa cosa) piango sopra al mio gianduiotto ceduto dala famiglia Averna.
 
E mi interrogo sul perché di questa scelta, che non che l'ultima di una serie di cessioni di pezzi da 90 che è stata fatta negli ultimi mesi da marchi noti e notissimi.
Era una produzione poco redditizia? Era quello che si usa dice "non più strategica"?
Era ora di andare in pensione?
Le banche lesinavano i fondi?
Forse tutte le cose insieme.
 
Mi chiedo ora cosa succederà ai "miei" gianduiotti (lo sanno tutti quelli di Novi che la zona sotto Pasqua è ben più della Fabbrica di cioccolato, nell'aria si respira Nutella e Gianduiotto.... e non smog).
 
Difendere l'italianità m'è parsa una costosa baggianata preelettorale nel caso di una scalcinata compagnia aerea di bandiera, ma, forse un po' meno nel caso di una forma di sapere e cultura prettamente italiana e che "fa" l'Italia e che è uno dei pochissimi motivi di orgoglio rimasti all'Italia, mangiare bene.
 
Però, in questo caso, il cioccolato l'hanno venduto il cachemire pure....
 
Mi stanno svuotando la regione.....
 
 
 

Molto vero....

 

giovedì 11 luglio 2013

La pena del contrappasso


Sei sempre stato un gradasso e stupido vigliacco, forte con i deboli e debole con i forti, pronto a infierire sugli inermi, a spadroneggiare sui meschini e ad affogare i superiori nella bava?
 
Ecco che arriva il vicino, più perfido di te, che ti sfascia la casa.
Riceviamo oggi l'ennesima chiamata da parte del ciccio piangente, che con dovizia di lamentele parla delle sue paure a stare nella casa, al fatto di non riuscire a dormire...
E perché sta lì ancora?
Perché è l'unica cosa che gli rimane, e giù piagnisteo, e almeno tentare di salvare i libri...
E giù piagnisteo, mentre si descrive tutto solo imbottito di psicofarmaci a pulire i libri...
 
Tira un po' su con il naso, per poi arrivare al punto nevralgico.
 
Blondie lo ha sollecitato (parliamo di una fidanzata che non lo ospita nemmeno dopo un'aggressione, non lo accompagna per evitargli la solitudine di un ritorno in un luogo molto ostile, e manco si fa sentire) a dare risposte alle mail indirizzate a lui.
E lui, tra i fumi degli psicofarmaci accorre a dare il suo contributo.
Pazzesco come certe donne riescono a far girare in tondo vorticosamente gli uomini con... beh, lasciamo stare.
 
Complimenti, comunque, è riuscito a perdere la famiglia, la casa, annessi e connessi e un bel po' di rispetto di sé. Che se ne sia reso conto?
 
 
 


Da leggere, tra Grillo e lavori parlamentari sospesi.

http://www.corriere.it/editoriali/13_luglio_11/Il-giorno-nero-della-Repubblica_401239ba-e9eb-11e2-8099-3729074bd3db.shtml

mercoledì 10 luglio 2013

Emozioni

Sembra una goccia che si spande, dopo essere scivolata su una superficie bianca e opaca, liscia e vuota. Una goccia di acqua trasparente con dei confini regolari, nel silenzio generale, nella luce opaca, nell'aria rarefatta.
 
Sono alla ricerca di un'emozione, una sola, una profonda, che tocchi una corda dell'anima, e che la faccia vibrare. Non una volgare passione, non un'annoiata ripicca.
 
Guardo alla goccia come a una nuova sorgente, in silenzio, senza fiatare, senza muovermi.
 
Semplicemente attendo composta il destino.

Imbarazzante

Che dire, imbarazzante Grillo che si presenta al cospetto del Capo dello Stato (al secondo appuntamento, perché il primo lo ha saltato, in vacanza in Sardegna) chiedendogli di fare qualcosa perché l'Italia non è più un Paese democratico.

A sentir lui, si governerebbe a colpi di decreti legge (dite che lo conosce Giolitti?) e che è necessario ripristinare la legalità se necessario andando a nuove elezioni.

Scusate, ma chi è che non voleva avere un dialogo con nessun partito e che per 60 giorni ha rifiutato di formare qualsiasi governo e anche di contribuire a qualsiasi riforma?

Ma non si vergogna?
Evidentemente no.

La guaina

 
Prometto che a settembre mi iscriverò al corso di zumba e mi metterò sotto con la dieta metabolica o qualche altra scemata.
 
Ma nel frattempo....
Per placare l'ansia generata dal matrimonio e, in particolare, da un abito corallo decisamente, ehm, aderente, mi sono fiondata da Yamamay con lo stesso passo di carica con cui i lanzichenecchi si dirigevano verso Roma, stendendo i passanti sul marciapiede come birilli al bowling, e finendo dritta dritta tra le braccia di una premurosa commessa, ringraziando iddio cicciott come me.
Detesto i grissini che cercano di venderti una guaina contenitiva dicendoti: - L'ho comprata anche io.-Eh, per farne che? Da mettere a Carnevale?
 
In ogni caso, vengo edotta sulle meraviglie delle guaine Yamamay, ispirate alla biancheria delle pin up, che già avevo scandagliato sul sito. Con dovizia di particolari e promesse mi illustra il campionario foriero di ogni linea perfetta, finché arriva ad accarezzare lei, la sottoveste.
- Questa, mi sussurra con fare ammiccante, ti darà una linea da sirena. Tutti i rotolini, scompariranno (peccato che io non ne abbia, ci ho solo la panza e due cosciotte da faraona grassa, oltre che un superseno. - Provala, che taglia? M o L? Che taglia porti di abito?- e mi dà la M.
 
Ed è lì, nel segreto del camerino che penso a Carla, mentre sudo e ansimo cercando di infilarmi quella roba punitiva, pentendomi amaramente di non fare sport dal giorno del battesimo (scherzo, è un anno e mezzo che non faccio nulla, per problemi familiari e di salute) e di non essermi messa sotto con la dieta. In questo momento sarei disposta pure alla dieta del piccione, che so...
E le dico, sempre nella mia mente. Ok Carla che qualche trucchetto è ammesso quando sei cicciott e devi far figura. Però Carla non è dignitossissimo questo cercare di incastrare una povera crista in carne e carne in un budello superelastico.
Sbuffa e tira e schiaccia e pesta entro nella sottoveste.
Miracoli non ne fa, a dire il vero, e la panciott rimane, sob...
 
Tuttavia la compro, e mi domando come farò a sedermi e a salire e scendere le scale.
 
E comunque sono andate via come il pane, dice la commessa, soprattutto, dice le comparno le magre.
Ovvio, quelle davvero grasse in queste taglie da grissino non ci stanno... manco morte.

P.s.: ho provato la sottoveste al contrario, forse. Per questo ho fatto tanta fatica.

La maledizione delle FS

Odio, detesto e vitupero le Ferrovie dello Stato.
Non solo mi estorcono fior di euro al mese per farmi viaggiare in condizioni a dir poco vergognose, ma mi impediscono pure di tornare a casa quando voglio per andare dall'estetista.
 
Ho sudato sette camicie per avere un appuntamento questa settimana al pomeriggio per farmi le unghie in maniera decente.
 
E loro cosa fanno?
Sciopero, i bastardi.
 
E cancellano tutti i treni i maledetti, e così non posso andare a farmi bella, che dico, non bella, ma almeno decente!
 
Sono furiosa, e adesso si apre anche l'emergenza estetista.
Dove lo trovo un estetista che non sia un macellaio impostore a metà luglio, due giorni prima del matrimonio?
E che sterilizzi gli attrezzi.
E che non mi prenda un capitale.
 
Odio i treni, odio i treni, odio i treni.

martedì 9 luglio 2013

Il vortice della depressione - Margareth Bourke White




Mi piace molto la Bourke White.

Green Day, Lonely road

I walk a lonely road
The only one that I have ever known
Don't know where it goes
But it's home to me and I walk alone

I walk this empty street
On the Boulevard of Broken Dreams
When the city sleeps
And I'm the only one and I walk alone

I walk alone
I walk alone
I walk alone
I walk a...

My shadow's the only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone up there will find me
'til then I walk alone

Ah-ah, ah-ah, ah-ah, aaah-ah,
Ah-ah, ah-ah, ah-ah

I'm walking down the line
That divides me somewhere in my mind
On the border line
Of the edge and where I walk alone

Read between the lines
What's fucked up and everything's alright
Check my vital signs
To know I'm still alive and I walk alone

I walk alone
I walk alone
I walk alone
I walk a...

My shadow's the only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone up there will find me
'til then I walk alone

Ah-ah, ah-ah, ah-ah, aaah-ah
Ah-ah, ah-ah

I walk alone
I walk a...

I walk this empty street
On the Boulevard of Broken Dreams
When the city sleeps
And I'm the only one and I walk a...

My shadow's the only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone up there will find me
'til then I walk alone...

Velata depressione prematrimoniale

Mancano 4 giorni al matrimonio a cui devo partecipare.
E sono giù di morale. Mi sento stanca, grassa e ingrugnita.
Mi sento come se stessi camminando su una strada deserta, davanti il nulla e dietro la balle di fieno che rotolano nel silenzio.
 
Penso a come la mia vita si sia intristita di colpo, in questo vuoto annoiato e stanco.
 
Mi sento sola.


Addio mia giacchetta tirolese

Ti acquistai in alta Val Badia, in gioventù (più o meno) tanto che dal bottone all'asola passano ormai due palmi di mano. Di panno simil lanoso made in China e venduto sulle amiche Alpi, di cui ho percorso due o tre metri piani prima di avere il fiatone.
 
Addio mia amata giacchettina, infarcita di decorazioni tintinannti, che tanto mi ricordano Francesco Giuseppe, e, in particolare, l'epopea di Sissi di cui ho visto tutti i film più volte. Addio mio amato panno, guarnito di nastri rossi, bianchi e fantasia (mai lesinare), che portavo disinvolto à la new mode con jeans corto della diesel e sandaletto dimagrante nero.
 
Addio, per sempre addio.
Quei bruti, armati vilmente di acquaragia ti hanno infeltrita senza pietà, quando io, impotente, in coda al supermercato a comprarmi il Tavernello non potevo difenderti a prezzo della mia vita.
 
Addio mia amata, porterò per sempre il ricordo del tuo ruvido panno styled in Italy but made in China nel mio cuore, compagno dei ricordi più intimi e dei giorni più felici della mia gioventù passata.
 
 
Che siano Carla e Enzo i vicini terribili, due guerrieri in difesa del buon gusto?

Una lacrima sul viso (e un piagnisteo al telefono)

Nell'aria l'eterno piagnisteo di Den Harrow, immortale nell'umiliarsi all'Isola dei Famosi.
Questa citazione colta, una delle preferite di Dani, riassume appieno i travagli odierni del ciccio nazionale. In un loop continuo, Den piangente si sovrappone al ciccio lacrimante.
 
A sorbirselo un'interdetta Michela, che cerca, qui e là di dare qualche consiglio di buon senso.
 
Questa la cronaca.
Ora è barricato dalla madre, che, a detta sua non sa nulla (non ci credo manco...). Pare che gli odiati vicini abbiano fatto incursione in casa sua in un momento di sua assenza, sfasciandogli la casa, versando acquaragia ovunque e rendendo inagibile il bagno e i locali di servizio, non ho più nemmeno i vestiti dice. Un chiaro atto intimidatorio, che getta nel panico uno sbruffone come lui.
Pianto, lacrime e singhiozzi, con questo che singhiozza a tutto spiano, dicendo che la madre crede che lui vada a lavorare. Intervengono i carabinieri, che chiamano pure i Ris a detta sua, prendono impronte, fanno rilevazioni e chissà che altro.
 
Morale, Riccardo cuor di leone, depurato dalle esagerazioni, si deve essere preso una bella strizza.
E, soprattutto, ha il vuoto intorno, motivo che lo spinge a riversare sui colleghi i suoi drammi.
 
Eccolo lì il nostro piccolo silvio che se la fa sotto....
E piange e piange e... starà fuori a zonzo tutto il giorno per paura di entrare in casa.
 
Questa settimana non ci sarà al lavoro.
 
Giuro, controlleremo se tornerà abbronzato e la prossima volta che chiede con fare sbruffone se abbiamo paura di fare una telefonata...
Ci faremo un pianto, pardon, una risata.
 
 

lunedì 8 luglio 2013

Vacanze molto medio man arricchito

Che dire delle vacanze di Grillo.
Mi aspettavo qualcosa di più fantasioso e alternativo, che so, l'Agogna morta, il Canavese, la Val Trompia...e invece Sardegna e pure Costa Smeralda, manco Tortolì, per dire.
 
Trippe al vento, viso congestionato, consorte che pare la solita arricchita, abbrustolita dal sole e firmata da capo a piedi.
 
Bah. Banale.

Beato silenzio quotidiano

A una settimana dal faticoso chiarimento, anzi, dalla lite, i rapporti sono improntati a una superficiale cordialità. Un saluto la mattina, uno la sera, scambi limitati e indispensabili, da parte mia una cortesia che è supremamente indifferente.
La novità è che non sento affatto la mancanza di nulla.
Non sento la mancanza delle pause caffè, né degli sms, né delle confidenze.
Mi è chiaro come il caritatevole progetto di star vicino a una persona tutto sommato fragile e preda di brutta gente è del tutto fallito. Non è semplicemente possibile, volendo preservare la mia sanità mentale.
 
A volte il vuoto è più desiderabile di un pieno illusorio, che si rivela solo pieno di sofferenze e di umiliazioni.
 
Il nostro si è riciclato a prendere il caffè con la nostra collega.
Dani mi ha raccontato che la scorsa settimana gli ha rinfacciato di non aver più rapporti con lui come prima, che non parlano più di nulla, facendogli una scenata che manco una fidanzata gelosa...
Credo che si senta isolato, alla fine ha fatto tutto lui.
 
Tante volte mi soffermo cercando di scorgere nello sfacelo attuale gli indizi della persona che è stata.
Talvolta mi viene malinconia, pensando a quello che siamo stati, all'entusiasmo e alla speranza che avevo, e a tutto quello che non siamo diventati.
Alla fine, è tutto il tempo, le occasioni che mi ha rubato e le bugie e le omissioni che hanno distrutto il nostro rapporto.



Snoopy, mi si addice

Disperso


 
 
Sono le 11 e nulla si muove. Luce spenta nell'ufficio di Ciccio, nessun sms, nessuna mail, la rivista giace silente da pubblicare, il personale comincia a ribollire...
 
Dov'è il cicciotto nazionale?
 
Tentiamo di telefonare, occupato.
Riproviamo, prima di essere assediati da grafici, belgi, produzione e chissà chi altro per una rivista che non arriva.
 
Risponde, con voce strascicata e cavernosa.
 
Con un'ironia involontaria ci chiede come stiamo (noi, mah). Michela cerca di capirci qualcosa, e gli chiede dov'è, rendiamoci conto della situazione, è il capo, è giorno di produzione e lui non si trova.
In modo pasticciato spiega di essere barricato in casa per timore dei vicini, dice di non star bene, a ogni frase perde il filo del discorso, tronca, rigira, si capisce soloc he è imbottito di tranquillanti.
A un certo punto, parlando delle mail a cui dovrebbe rispondere, si ferma e.. si addormenta! motivo per cui Michela è costretta a urlare per svegliarlo.
 
In qualche modo la telefonata si chiude, lasciandoci tutti perplessi.
Tranquillanti o... che altro? possono ridurlo così???
 
A domani quindi per la prossima puntata della saga "viene/non viene".
 
 


La signora in bianco

Circonfusa da una grazia sofisticata, luminosa e rigorosa insieme, quale solo il bianco può dare, un'estiva allure che richiama Cannes e i fasti monegaschi: così mi immagino, oggi, incedere fascinosa nella mia mise bianca, pantaloni bianchi, zeppe firmate, canotta fashion, il tutto nelle gradazioni di bianco e beige.
Galvanizzata dall'illusione di una grazia eterea e raffinata, mi rimiro allo specchio e mi complimento per il supremo tocco di classe assestato con uno smalto beige, richiamo agli anni '60 perfetto, sull'unghia di giusta lunghezza per esaltare il difficile non-colore.

E mentre mi beo con fantasticherie mattutine di cosmetici da abbinare/comprare/indossare e mi avvolgo in una nuvola di
Ô - Un bell'ombretto nude? Opaco no, non troppo scintillante però, e una matitina nera? E un bel gloss naturale con riflessi dorati? - mi cade l'occhio sui pantaloni e lì, sgomento, si ferma.
Oddio no. Il mio look in cui perfino il cordino del braccialetto si abbina al resto è, è proprio il caso di dirlo, sporcato da una orribile macchia fuxia sui pantaloni bianchi!!!!
Come è possibile un simile scempio!
E adesso?
Devo schizzare fuori di casa altrimenti perdo il treno e, lascio a piedi la mia amica che deve andare a Verona e non mi pare il caso.
Intanto rimugino: quella macchia, da dove viene? E soprattutto come sopravviverle tutta la giornata?
Per fortuna la canotta è lunga e copre l'orrore, se attuo le dovute precauzioni e sto attenta a come mi muovo. Mentre sono in treno mi cade l'occhio sulla maglietta, la cui fantasia nasconde, ma non benissimo, un'ombra fuxia!
Io detesto la gente tutta macchiata e in genere il mio occhio di lince non perdona.
Il morale mi scende immediatamente: altro che look raffinato, altro che allure di Cannes, un dalmata mi sento, la cuginetta giovane di Bridget Jones, cui drammaticamente somiglio.
Improvvisamente mi ricordo, la macchia fuxia! La gola ha colpito ancora, è sorbetto di anguria, altroché, che mi sono scofanata ieri sera, sigh! Ed era così piccolino lo scatolino, miseriaccia.
Come lo tolgo... non lo so.... Devo fiondarmi al Tigotà alla ricerca di una soluzione.
Dovreste vedermi ora: inchiodata alla scrivania, che meno mi alzo e meglio è, avvolta nella sciarpa a mò di scialletto della zia ottantenne per nascondere la patacca. Uscirò anche così? E chi lo sa.
Mai che abbia la tracolla quando serve, sgrunt!
 
Insomma, per oggi altro che shine and fascinate....
 
 
 
 
 
 
 
 

domenica 7 luglio 2013

Affari felini

Da qualche tempo abbiamo una nuova ospite in giardino, anzi due.
Le micine Sofia e Titti, incroci vezzosi tra gatti qualsiasi e persiani, che si trovano così bene da volersi piazzare in casa. Buffi esserini, con il capo piccolino e le code a ventaglio, caratterizzate da volontà di ferro e da un orologio biologico impressionante.
 
In quanto umani, prima siamo stati studiati a fondo. La diffidenza felina, che condivido e pratico, imponeva uno studio avanzato prima di decidere se fidarsi o meno. E così sono iniziati lunghi e prolungati giri a perlustrare il giardino e gli abitanti della casa.
 
A sbloccare la situazione, le crocchette appetitose con cui mia mamma ha addomesticato i diffidenti felini, e in particolare Sofia, che ora, ogni giorno, si presenta puntuale per ben tre volte, dimostrando di conoscere perfettamente le nostre abitudini: alle 6 del mattino davanti alla porta finestra, alle 12 sempre davanti alla cucina e tra le 19 e le 20 davanti alla finestra del bagno, da cui entra guardandosi intorno e stando ben alla larga dalla doccia (non si sa mai, qualche schizzo).
 
Punta, con lo sguardo e anche con i suoi dentini, alla ciotola del Teo, che con gran velocità dobbiamo mettere in salvo per evitare che spazzoli tutto.
 
Pur ammettendo che il Teo non ha preso bene questa abitudine alle visite quotidiane, tanto da rendere necessario spostare il gatto in una stanza chiusa per evitare la zuffa con pestaggio (da parte del mio rissoso vecchietto che ulula come un pazzo quando sente la Sofia) piano piano si abituano, o meglio, si abitua lui. Oggi, mentre cucinavo piatto su piatto, ho beccato i nostri che, in silenzio si annusavano.
Seduti specularmente uno da una parte e l'altro dall'altra della zanzariera, naso contro naso, stavano lì, senza, in apparenza, prepararsi alla rissa.
 
Un attimo, e la Sofia è andata via, preoccupata dalla mia presenza in grembiule, perdendosi nella calura estiva.
 
 
 

La malattia dei saldi

So perfettamente quando potrò dirmi "fuori dai giochi". Quando inizierò ad estasiarmi per degli asciugamani.
Sono lì, in gruppo, che vanno in visibilio per della spugna. La prendono in mano, la mirano, la rimirano, se la fanno passare, con lo sguardo vorace e appuntito del predatore, artigliando leggermente le dita.
 
Prendete mia mamma. Non ha alcuna cura della sua persona. Nessuna crema o quasi, prodotti scadenti (per questo li compro io), cibo eccessivo in quantità e per qualità tendente al fortemente economico.
Un'avarizia feroce, inserita nella pessima tendenza contadina di tener tutto così d'acconto dal farlo andare a male.
Eppure, è capace di spendere cifre assurde per... degli asciugamani.
Per tenerli da parte, ovvio.
E, signori, di gran marca, Frette, mica robetta qualunque.

La nostra società deve essere cresciuta in un'atavica fame nera, da qui la bulimia per il cibo ricorrente. Ma, in base a ciò che vedo, deve essere cresciuta anche sotto una condanna alla nudità, in base a quanto vedo in questi giorni.

In questo mondo pieno di roba fino a scoppiare, sgomitano come pazzi. Obiettivo, l'ultimo slip coordinabile con un reggiseno in offerta Golden Lady. Protagoniste una ragazzotta tracagnotta e una di quelle signore "che non diresti mai", intente a strapparsi di mano un perizoma che non andrà bene a nessuna delle due. Ma quello che importa è accaparrarsi la roba, a giudicare dalle improbabili acquisizioni.

A stecchetto dopo mesi di cinghia tirata ecco che tutti impazzano spingendosi e litigando per le precedenze alla cassa. I camerini paiono esser stati travolti da uno tsunami e per entrare è necessario parsi largo a colpi di machete.

Dal canto loro i negozi hanno approfittato per presentare saldi a percentuale variabile. Ovvero, applicare sconti elevati sui capi di colori più astrusi...
 
Caldo, calca e spintoni da non credere.
Mi chiedo se lo scopo di queste persone non sia quello di girare con più pacchetti possibili, in una società afflitta dal troppo: troppe calorie, troppo lavoro inutile e troppi oggetti.

venerdì 5 luglio 2013

I danni di Cavalli e Dolce&Gabbana

Qualche giorno fa, in treno, sedevo di fronte a una specie di bufalo maculato, sudato e sbuffante.
E riflettevo sui danni che hanno fatto, nel comune senso del pudore e del gusto gli stilisti cafoni per eccellenza, Cavalli e D&G.
 
Davanti a me una tizia corpulenta e sgraziata di mezza età, una specie di erinni in formato maxi, fasciata in un abito assolutamente sintetico, di tulle, interamente maculato, di una lunghezza letale per chiunque, modelle comprese.
 
La suddetta, sopracciglia a filo, pelle bianca e pallidissima, capello (scarso) a caschetto appiccicato alla testa e con un'improbabile azzurrino sulle palpebre, russava fragorosamente stringendo tra le mani artigliate di rosso, una borsa maculata taroccata marchiata D&G (o C o D....), corredata da un orologio marchiato, naturalmente D&G.
 
A completare il tutto sandali alla schiava da cui debordano piedoni grassi montati su polpaccioni allargati per far posto a gambe extrasize.
 
Questo è uno dei casi in cui mi chiedo: - Perché?.-
Perché ti metti addosso degli stracci orribili, che hanno solo un'etichetta a difesa della loro dignità?
Perché non ti guardi allo specchio prima di uscire?
Perché, se lo hai fatto, non fai un giro dall'oculista?
Perché non prendi atto del fatto che non tutto quello che ti spingono a comprare è adatto a te?
 
Capisco l'invidia del fantastico vello del Teodoro, ma, a differenza che a lui a te non sta bene ed è un dato di fatto.
 
E poi, ma voi avete visto come si conciano quelli lì?
E ancora prendete spunto da loro, vi fate influenzare da loro?
 
Mah.

Coda di paglia

Una robusta dose di infantilismo e una lunga coda di paglia insieme caratterizzano il comportamento del barbone in fondo alla stanza, in seguito alla mia ferma presa di posizione degli scorsi giorni.
 
Evidente è l'imbarazzo del soggetto in questione, che per due giorni, dopo la mia uscita, non ha spiccicato parola, stando sprofondato nella sua seggiola con lo sguardo ostentatamente puntato sullo schermo del pc, fingendo di ignorare ogni cosa accadesse in ufficio, ma girando furtivamente lo sguardo tentando di non farsi beccare (dilettante).
 
Purtroppo questo aureo silenzio non è durato a lungo e, ahimè, l'anatra ha ritrovato l'uso della parola.
 
Divertente ed emblematico del soggetto in questione il comportamento al pranzo di ieri.
Prima della lite eravamo d'accordo con una collega molto simpatica per il pranzo di ieri. Lui si è trovato in imbarazzo, e probabilmente pensava che in qualche modo avrei declinato l'invito.
 
Sbagliato, non solo sono convinta di essere nel giusto, ma quando una cosa diventa una questione di principio, io mi intestardisco.
 
Luminosamente decisa a dare una lezione di stile al bifolco, prima che arrivi, spedisco una mail per rendere partecipi tutti della mia riunione, chiarendo così che ci sarei stata.
Divertentissimo lo svolgimento, che chiarisce appieno la pochezza e l'immaturità del soggetto.
Ovviamente trascina tutti in un posto lontano, ma lo davo per scontato, dato che avevo i tacchi alti, immaginavo, conoscendo la psicologia meschina del soggetto.
Non solo, ma oltre a costringermi a caracollare per un sacco di metri, sotto il sole cocente, per marciapiedi con selciato disastrato, ha anche cercato di farmi passare in mezzo al prato....
 
Ma bisognava vederlo, nel bugigattolo dove siamo andati alle prese con il titanico problema di sedersi lontano, essendo in tre al tavolo, e di parlare, invece di fare scena muta, non parlandomi, e contorcersi, poi, cercando di mantenere la maggior distanza possibile mentre sceglie al bancone, lungo 50 cm, con noi due di fianco, il cibo.
 
Alla fine ci ha ammorbate, o meglio, Adriana, dato che io non ero inclusa, sulla viabilità Milano Como, tra cantieri estivi e stradine. Interessantissimo, nulla da dire.
 
Aveva fretta di concludere, mentre io no, nemmeno un po'.
Anzi, lo trattavo senza foga, senza fretta, senza... problemi.
 
Ritorno a passo di carica, naturalmente, però per via più breve, con me calma e sorrridente, mal di piedi permettendo.
 
Ora ha adottato un'altra tecnica, quella di fare la ruota con chiunque passi di qui, blaterando a non finire anche con la nostra pianta da ufficio se necessario. A nastro e senza fine continua a sparare scemenze a tutto andare, tubando al telefono e di persona senza posa.
 
Insomma, una pena, cercando di rassicurare se stesso attraverso la recita del "personaggio pietro", in sintesi, una sberluccicante isterica checca, giusto per dar l'idea.
 
Io, intanto, proseguo serafica, certa del suo scopo, infastidirmi a più non posso con la sua querula vacuità.
 
E, lo ammetto, è davvero insopportabile, con quel suo parlare idiota senza posa.
 
 


giovedì 4 luglio 2013

Modello anatra laccata

Così posso definire il mio look odierno, apposito per un noioso incontro con partner bancari, per sostenere il ruolo e il mio morale.
Inguainata in abito nero con strategiche aperture a decorare lo scollo, giacchetta rosso ciliegia, unghie rosse e, udite udite, open toe (ho imparato qualcosa Carla) di vernice rosso ciliegia a tacco alto, mi preparo per una "pesca a strascico" di consensi e complimenti, da accettare con garbato sorriso su labbra rosse.
 
Brillano i colpi di sole al sole, appunto, e, per una volta, sto proprio ben vestita.
 
Così mi godo la finta indifferenza stizzita del barbone all'angolo che fa finta di non vedermi e sbircia di sottecchi, lo sguardo di un paio di colleghi del pianterreno che scoprono che sì, esisto anche io, quella dei nostri ospiti, che, evidentemente, si aspettavano qualche babbiona obesa con l'occhiale spesso, e la vista, sempre gratificante, del bello per eccellenza, per cui, ahimè, continuo ad essere tappezzeria.
 
Intavoliamo una riunione in cui cerco di evitare di soffermarmi troppo ad ammirare il fisico statuario del suddetto e dire cose sensate.
 
Faccio la mia figura, e lo fa anche mise da anatra laccata.
Un vero peccato che qual gran bell'uomo con il fisico da bronzo di Riace e con la brutta abitudine di vestirsi bene, in modo da fare risaltare il fisico, proprio non mi veda, nemmeno in trasparenza...
 

E finalmente il luminoso giorno arrivò

E si schiusero le dita di rosa dell'aurora del glorioso 4 luglio.
No, non solo l'anniversario dell'Indipendenza Usa, il titolo di un famoso film, e credo il compleanno di Tom Cruise (?o no?).
Oggi è un giorno importante, fondamentale, oserei dire.
 
Alle 13 squilla il telefono di Michela, in un polveroso post bar siciliano in via Murat, il racconto concitato dall'altreo capo del filo non lascia dubbi: è ciccio che chiama per dire che non c'è.
Evviva, vai che l'hanno messo in galera (oggi ci ha detto di avere un processo). Già iniziano a girare faccine e smorfiette di giubilo attraverso la chat del nuovo telefono (l'audio non funziona ma la chat è una cannonata).
 
Michela mette giù e inizia la gragnuola di mail: che succede che succede che succede e risolini sotto.
 
Ci accordiamo per uscire in corridoio, lo sguardo tra l'interdetto, il preoccupato e il torvo genera in noi plebaglia la speranza di qualcosa di eccezionale.
Vado a recuperare Danilo in mensa, e ci troviamo, come sempre a riunirci sula tromba delle scale, in cerchio davanti all'uscita di sicurezza, in modo da occluderla ermeticamente e di bloccare il traffico sulle scale (e usate l'ascensore salutisti del piffero).
Questo il racconto.
 
Il nostro Paride, svegliatosi all'alba per testimoniare contro i feroci vicini (immaginamoci una versione vecchia e una giovane dei Pirati dei Caraibi) approfitta dell'anticipo per uscire a bagnare i fiori (lui i fiori)! E così il nostro piccolo Hitchcock individua l'ostile dirimpettaio che si agita in giardino. Ma come, pensa la stella polare della legalità, lui non lo può fare, essendo invalido.
 
Quale migliore occasione per scattare una bella foto con l'iPhone e fare una bella denuncetta accessoria? Ecco, con il cellulare, qui, subito....
Con la consueta grazia il nostro si accquatta dietro i fiori, due rami secchi immagino con in apnea Dumbo nascosto dietro, mette a fuoco, fa qualche smorfia tra sé e click click click scatta.
Il terribile uomo se en accorge, alza il feroce capo e dà il via, schiumante di rabbia, a un inseguimento "alla foto alla foto" che coinvolge: vecchio invalido fasullo, feroce figlio manesco e ladro di infissi (Ciccio sostiene che i vicini gli hanno portato via gli infissi di notte con lui dentro casa. Lui non si è accorto di nulla) e il nostro paladino dei consumatori, debitamente appesantito dalla zavorra.
 
Immaginiamo la scena, ciccio apre le danze, correndo a falcate drammaticamente alte, come tutti coloro non avvezzi alla corsa (ricordiamo che pigiare il bottone dell'ascensore è l'unica attività fisica che fa, ah, e chinarsi per tirar su i panini dalla macchinetta, ecco), con le sue scarpette dimagranti, sui ciottoli del lago, impantanato nei jeans stretti e con in mano il cellulare, in avanti, come fosse una bomba a mano.
 
Dietro gli aguzzini, che annaspano, e di cui non ci è dato conoscere altri particolari. Immaginiamoli torvi, neri e accigliati, vestiti da minatori che brandiscono attrezzi da giardino. Lo scopo può essere quello di impadronirsi della foto, oppure, chissà, corcare di botte l'impiccione.
Lo afferrano per la camicia, in una foto istantanea in cui, con i tratti sconvolti, la bocca a o piena, la panciona sballonzolante, le gambette che scompaiono come quelle di un cricetino... e la camicia rimane in mano, strappata, come quella di un novello Paride, in un incrocio mostruoso tra un quadro di Delacroix e uno di Botero.
 
Il nostro urla stridulo, per quanto il fiato glielo permette: - Aiuto! Aiuto! -
Un vicino apre e lui corre in casa sua, cerca di barricarsi contro l'aggressione, ma il vicino cerca di sfrattarlo. Non vuole averlo in casa e vuole che esca. Cerca di spingerlo fuori, ma il nostro si attacca come una cozza alla porta. Alla fine il trambusto è tanto da far uscire tutto il vicinato.
 
Tanta è la paura dei vicini, che il nostro eroe, noto codardo, si accascia con il cuore in gola, tremante e fradicio di sudore.
Morale, si fa portare all'ospedale, da cui chiama con voce d'oltretomba. Tanta è stata la paura che la pressione è salita alle stelle, e, vedendolo cicciottone ed esagitato l'hanno trattenuto per sospetto infarto.
 
Non vi dico i frizzi e i lazzi e le risate.
Allo studio un progetto per la rivista, una fascetta nera a coronare la foto di ciccio, con, al posto del numero di telefono, le date di nascita e morte e la dicitura: Caduto per la cronaca....
 
Se si è inventato tutto, tanto di cappello, per le risate che ci ha fatto fare.
 




mercoledì 3 luglio 2013

Inconvenienti di un nome originale

Più che un trionfo un sospiro di sollievo, più che una cavalcata gloriosa un trotto sommesso e grato. Così dev'essere sembrato al mio capo aver scampato il disastro, ovvero un esito poco brillante dell'inchiesta di soddisfazione organizzata per testare il gradimento della nuova rivista.
 
E sai che successone: un campione vastissimo, ovvero 40 sciagurati che valutano tanto il proprio tempo da farsi convincere a perdere mezze giornate per dei buoni carburante, di competenza e conoscenze dubbie, che si trova sotto il naso una rivista che non conosce, "imboccati" da domande surreali come possono essere soltanto quelle che vengono dal marketing (Cosa ne pensa della busta in cui viene spedito il giornale? C'è scritto finanza, poca privacy... chissà cosa penseranno i vicini, non è che mi mandano un accertamento?)
 
Insomma, due ore di baggianate soporifere, per un totale di 100 slides presentate in un inglese maccheronico, di cui noi, guarda un po' sentivamo solo l'eco dal pc di un collega, perché il nuovo megagalattico sistema di telefonia globale totale imperiale massima ha tutto tranne... il sonoro!
 
Una mazzata, altro che cavalcata delle walkirie.
 
Saltellando, 8 secondi dopo aver terminato la video, nemmeno il tempo di salutare, arriva Ciccio, con la stessa vitalità di una pop star di infimo livello che attende un responso del dietro le quinte: - E allora, e allora, come vi è sembrato?  Cosa ne dite? -.

Mi sembra Ciobin per stazza e per movimento saltellante, manca solo il boing boing di sottofondo.
Per l'occasione ha indossato la giacca della Comunione che tiene in ufficio non-si-sa-mai e le scarpe da trekking, con camicia bianca (quella di ieri?) e i soliti jeans.
 
Si parla e si risponde da solo, girando in tondo come la pallina di un flipper, rimbalzando come un sufi lievitato, gli occhietti luccicano mentre il pancione si rilassa e gusta appieno lo scampato pericolo. Per un lavoro approssimato, disordinato, raffazzonato come è stato il suo progetto, non era un esito scontato, questo, neppure con l'esiguità del campione e la stupidità dei quesiti.
 
Ho in mente, dice, mentre rotea le bracciotte come mulinelli, brandendole per la stanza, ho in mente piccole modifiche che con pochissimo sforzo ci restituiranno una rivista favolosa o meglio, chiuderanno la bocca a un sacco di cretini (ah, ecco).
Una piccola aggiunta qui, una roba là...
Ma non sono ancora riuscito a risolvere un problema, come dire, e si volta verso di me (le mie pagine sono quelle più apprezzate, più chiare e meno criticate) in prima pagina che Pia ti consiglia, ha trovato questo prodotto per te... Perché sarebbe la dottoressa tal dei tali, la dottoressa Pia...
E mentre vaneggia spumoso inchioda pancia e gambette al suolo si volta verso di me e fa, oh, ma non potevi chiamarti che so, Antonietta, proprio Pia, ma che nome è, lasciatelo dire...
E avanti così, mentre nella mia mente si affollavano pensieri molto negativi, tra cui quello di una schiera di santi, beati e sante (o solo mia madre) che, scendendo dal Cielo, con pia beatitudine e calma gli facevano un mazzo così a turno e di santa ragione, siamo arrivati a pensare al mio nuovo nome.
 
Voi che dite, Suellen, Wanda, o che altro, o Gennifer, per essere intellettualmente all'altezza dell'evento?
 
P.S.: non è uno scherzo.
 
 
 
 

A Brussels sono impazziti (come minimo)

Leggo che la Commissione europea ha concesso all'Italia maggiore flessibilità (leggi possibilità di far buchi di bilancio) ai Paesi virtuosi (ehm) come l'Italia.
Ok, abbiamo rispettato il tetto del 3%, ma che l'Italia sia un Paese con i conti a posto è un falso storico di notevoli dimensioni.
 
Potremo, in pratica, spendere di più, usando i fondi per finanziare crescita economica e ricerca.
 
Oddio, ho pensato, ha che hanno fatto questi, una gita collettiva in una delle tante brasserie prima di decidere questa cosa? Sono ubriachi come minimo...
 
Significa dar in mano a un assassino un coltello, dare a un topo una forma di formaggio...
 
Già ci vedo, tra poco, noi italiani, alle prese con l'ennesima manovra lacrime e sangue per tamponare l'ennesima emergenza finanziaria causata dalla propensione del tutto italica alla finanza allegramente creativa....
 
 

Punto e a capo

Tutto accade in un tardo pomeriggio di mezza estate, mentre, accaldata e stanca, dopo aver fatto più della metà del viaggio, in piedi, su un treno strapieno e ansimante, parcheggio la mia bollente auto nel posto davanti a casa.
 
Mi sento sfibrata, più che dalla discussione del giorno, da tutto quanto non ho detto o non ho potuto dire per diplomazia, amor di sé e buona educazione. A pesarmi è tutto quello che ho trattenuto in anni, e non quello che ho o non ho fatto. A pesarmi come un macigno è la mia signorilità, infine,
 
Il trillo di un messaggio mi distoglie dai miei pensieri. Come in passato è sempre accaduto, il nostro codardo tenta l'affondo con "giro acrobatico di frittata" attraverso sms. La tattica è la stessa, accusare di un comportamento "sbagliato", lamentarsi e bacchettare sempre per iscritto. Il testo è "tradizionale" nel suo stile, in cui si tirano in ballo i concetti di correttezza e di opportunità delle sue scelte. Arriviamo all'assurdo, in cui il tipo in questione sostiene come sempre di aver agito per il bene suo e mio evitando, con il suo comportamento assennato (codardo dal mio punto di vista, e non solo dal mio) dio infliggere ulteriori sofferenze.
 
Mi sono sentita come se il coperchio della pentola delle mie emozioni, già incrinato nel pomeriggio, fosse saltato per aria. Ho provato un rifiuto assoluto, fortissimo e irrevocabile verso questi mezzucci e verso questa personcina squallida, piccola e stupida che non ha mai il coraggio di prendersi nessuna colpa o responsabilità neppure per sbaglio.
 
Credo di non aver mai risposto in maniera tanto dura e diretta in tanti anni.
A irritarmi, l'offesa all'amor proprio e all'intelligenza. Il meccanismo, trito e ritrito, è sempre quello, sintonizzato sull'immaturità permanente.
Ho rinviato al mittente le accuse, e, in sintesi, tutte le sue bugie.
Ho scritto che, di certo, a lui aveva risparmiato esperienze tragiche, ma a me le aveva procurate. E che la sua coscienza era sana e salva, dietro un paravento. Ho proseguito scrivendo che le persone che volevo frequentare non affrontavano le questioni importanti parlandone di persona, e non per sms, per timore di reazioni poco gradite. Mi sono sentita la necessità di spedire un terzo messaggio scrivendo a chiare lettere, per essere chiari, non voglio più ricevere messaggi di questo tenore.
 
Questo ha scatenato il solito meccanismo, invece di una presa di coscienza, l'accusa (tanto per cambiare) di essere falsamente amica.
 
Mi sono trovata, da un lato fremente di rabbia, ma dall'altro ho cominciato a essere vagamente consapevole di questo meccanismo odioso di accusa-ricatto-mistificazione in cui io, cattiva, sono al centro e lui, corretto e incompreso, ai margini.
E così ho semplicemente detto quello che penso, e di cui sono ogni momento più convinta, ovvero che faccia apposta a farmi del male.
 
Perché ci sono tanti modi per far male a una persona. Anche la violenza psicologica è una di queste, e qui ci siamo in pieno.
 
E' così credo che finiscono in malo modo le coppie. Devono sentirsi così i divorziandi, con la consapevolezza pesante di avere un muro davanti, attraverso cui le parole e le idee non filtrano più, e vivono solo recriminazioni e piccoli dispetti poveri.
 
Pensavo di riuscire a gestire in maniera civile questa faccenda, ma pare che non sia possibile.
Tutto questo perché l'altra persona non è civile. Questo è un dato di fatto. Si tratta di uno che minaccia, accusa, critica e mistifica la realtà, fingendo e plasmandola a sua volontà.
 
Così costruisce la sua realtà. Peccato che io veda la mia di realtà, e veda molto bene il grosso problema che lui ha con la verità a cui si sottrae costantemente.
 
Ieri sera ho mangiato tranquillamente e poco, senza buttarmi sui carboidrati per affogare la tristezza e ho dormito benissimo, anzi, ho faticato ad alzarmi.
Perché tristezza e malessere sono scomparsi. 
 
Punto e a capo, quindi.

Molto interessante sulle proteste in Egitto

http://www.corriere.it/esteri/13_luglio_03/incompetenti-corrotti-lontani-societa-fallimento-governi-islamici_0f741122-e39a-11e2-a86e-c1d08ee83a64.shtml

martedì 2 luglio 2013

Se fosse tutta una questione di bisogno di conferme?

Prendere delle gran porte in faccia non è piacevole per nessuno.
Mette in discussione anche l'opinione che uno ha di se stesso, la propria autostima, la sicurezza nelle proprie opinioni e capacità.

E se fosse proprio un problema di autostima, nato dopo anni e anni di frustrazioni?
Insomma, mi chiedo, tutto questo infilarsi in situazioni errate e spiacevoli non può essere è legato al tentativo di buttar giù un portone blindato per il gusto di buttarlo giù e senza curarsi poi di quello che c'è dietro?

Il mio dubbio nasce dalla contemplazione dei lividi, unita all'assoluta saturazione per l'attuale situazione e per quello che, volendo usare un termine dotto, si può tradurre con "coazione a ripetere".

Sarebbe molto meglio cercare delle porte aperte, mi pare...

Petros Markaris - La resa dei conti

Non ho potuto mancare la lettura dell'ultimo libro di Markaris, di cui sono diventata grande fan.

Mentre i gialli dello scrittore diventano sempre più "sociologici" raccontati attraverso le peripezie del commissario Charitos, anche la crisi greca si proietta nel futuro, in un'immaginaria uscita dall'euro, con tutte le conseguenze del caso, compresa la fame...
Tre nuovi omicidi, che stavolta sfiorano temi importanti, con un richiamo nemmeno troppo velato al principio della tragedia greca per cui le colpe dei padri ricadono sui figli.
Il "tradimento" degli ideali della resistenza greca stanno alla base della nuova corrotta società ellenica, lontana anni luce dall'orgoglio ellenico.

Sempre più storia, denuncia e contemporaneità stanno alla base del nuovo libro di Markaris, il cui titolo è evocativo. Con un pizzico di fortuna, e molto buon senso i casi verranno risolti, con un finale... sospeso.

Leggete gente.

Rabbia

Ho bisogno di un analista?
No, o meglio, non solo.
 
Rabbia, una grandissima rabbia è quello che provo ora, quel sentimento che parte dallo stomaco, stringe l'esofago, e attorciglia l'intestino, soffocando la vittima.
 
Mi chiedo, come sempre il perchè.
Il perchè di questa continua esibizione di felicità.
Posto che sia felicità...
 
Continuane le gite della famigliola felice, barbuto, sanguisughe e "nonni" stavolta in trasferta onerosa in quel di Firenze. Così mi becco l'esibizione del tutto gratuita delle consuete foto in stile Facebook, boccacce e piani che vanno a farsi benedire. Perchè, mi chiedo, con tutto il pregresso, ostinarsi a farmi vedere queste foto? Perché?
Qual è lo scopo se non quello di far soffrire?
 
Mi trovo costretta a subire le brutte facce dei ceffi in questione, quelle cretine degli pseudo nonni, e il nostro che tutto orgoglioso manifesta questa gentaglia in ciopertina,. quasi fosse chissà quale tesoro.
 
Io sono stufa di vedermi così maltrattata.
Non ci vuole una grande sensibilità per capire che, se hai rotto con una persona perchè hai scelto i plagiatori, non è buona cosa infliggere alla suddetta (per altro non consenziente alla rottura) le foto pacchiane delle gitarelle .
 
Comincio a capire quanto possa far piacere agli ex vedere le foto dei precedenti partner con i "nuovi".
 
Io voglio far smettere questa cosa.
C'è stato un momento, centrale, in cui il dolore si congiunge alla rabbia.
Perchè mi offende essere stata messa da parte per una ... del genere. Ovvio, il ricatto dei bambini ha il suo peso, un grande peso. Ma mi sento offesa, è chiaro.
 
Nella mia testa inizia a farsi largo un pensiero, e cioè, che per qualche motivo, quest'uomo mi odi, e mi faccia consapevolemente del male. Lo penso da un po' di tempo, e questa convinzione si rafforza sempre più. Pur non essendo un mostro di educazione e intelligenza è chiaro ed evidente che una simile esibizione equivale a gettare sale su una ferita aperta.
 
E così scrivo.
Ecco il carteggio:
 
Scusa perché mi fai vedere le foto?
 
 

Beh, scusa, quando fai qualcosa e hai scattato le foto a te non fa piacere condividerle con chi hai vicino?

Sempre che non si annoi
 
 
Non c’entra la noia qui.
 
In che senso?
 
 
Per favore, dai.

Farmi anche vedere le foto della famigliola felice…
 
 
Uffiii…

Va bene cercherò di metterti a parte solo delle mie situazioni dolorose.

E se una volta mi capita di fare una cosa che mi piace me la terrò per me.


Oramai sta diventando difficile essere spontanei, quando uno è spontaneo si becca i perché e i per come LL
 
 
Pietro, smettila di fare il mistificatore.

Non attacca, mi dispiace, e non funziona più.


Mi chiedo se ci sei o se ci fai.

O se solo sei talmente insensibile da divertirti pure.

Tra una cosa e l’altra hai scelto l’altra, ok, almeno non continuare a esibire la tua felicità.
 
 
Pia, mi scrivi cose piuttosto brutte e non so davvero che risponderti.

Non ti offendere se lascio cadere la cosa, ma credo sia meglio che io vada a mangiare J

Buon appetito

Sono stata abbastanza dura?
Questo modo di affrontare finalmente le cose me l'ha insegnato Silvia.
Di mettere nero su bianco i confini, i paletti, le regole e i divieti.


Detto questo, sono molto turbata. Mi sembra di aver fatto passi indietro, e, anche se continuo a ripetermi di essere meglio di quello che mi sono "persa", non riesco a uscire da questi sentimenti negativi, che, alla fine, non mi giovano.
Non so come fare...
E la ragione, i discorsi che mi faccio, sulla parte emotiva non hanno presa.
Non riesco a smettere di detestare un sacco di persone...
 
Santo cielo....