Quando si vedrà la luce in fondo al tunnel?
Me lo chiedo con insistenza, ogni volta che, o la Banca Centrale Europea, o il Fondo monetario internazionale pubblica nuove, deprimenti, stime sul ritorno alla crescita dell'ecomonia, europea e italiana.
Da quanto seguo questa parte, ho visto slittare le previsioni di ritorno alla crescita sempre più in l°.
Dalla seconda metà del 2012 alla seconda del 2013, fino all'inizio 2014 e, in ultima battuta, alla seconda metà del 2014. Per crescita, mi chiedo, cosa si intende? Perché, come ormai usano dire anche le varie showgirl nelle trasmissioni pomeridiane di bassa fascia, la trasmissione all'economia reale avviene sempre con ritardo rispetto alla messa in movimento del sistema.
Ora, quello che vedo, e che non posso ignorare, è un costante, evidente peggioramento del panorama economico. Passeggiando perfino per il centro di Milano, non posso non notare serrande abbassate in continuo aumento. Proprio oggi, passando per il centro di Mortara, ho visto l'ennesimo negozio chiuso con il cartello affittasi. Un giorno ho deciso che voglio contarli per vedere quanti ne sono rimasti aperti, un conto alla rovescia prima di arrivare al deserto dei tartari.
Così come, mi è capitato, non posso non notare il numero di persone a spasso al pomeriggio, in insospettabili giorni feriali. Girano e girano e girano così come facevo io con le mie amiche da ragazzina, camminavamo per delle ore, non potendo fare altro.
Capire il perché si è arrivati a una situazione del genere non è facile, tanti sono gli elementi in gioco.
Ma le radici affondano in un passato che noi, della nostra generazione, non possiamo capire.
Innanzitutto, l'Italia vive alla giornata, o mezza giornata, da tantissimo tempo, da quando, a cavallo tra gli anni 70 e 80 il debito pubblico è esploso e l'economia ha cominciato a rallentare. Più che non la bassa competitività, sono state le tangenti a stritolare la nostra economia. Uno Stato elefantiaco che si preoccupava di assorbire più disoccupati possibili ha fatto il resto, insieme alle caste professionali.
L'ho scoperto leggendo qualche pagina del libro di storia a cui mi dedico nei pochissimi momenti liberi, si intitola l'Italia di oggi, di Giuseppe Mammarella.
E poi ci sono questi ultimi anni, in cui non solo "esistevo" ma ero più cosciente di quello che mi stava intorno. Il problema, ora, sta nel fatto che la crisi si è avvitata su sé stessa.
Le banche hanno da tempo chiuso i rubinetti del credito, affamando il sistema per salvare, diciamo così sé stesse, dopo aver fatto disastri con prodotti finanziari sintetici e con mutui concessi "a casaccio" e senza criterio. Senza risorse economiche, il sistema boccheggia, il sistema tutto perché con le attività economiche che cadono come mosche d'estate diminuiscono le entrare fiscali.
Cosa può migliorare la situazione?
Un taglio delle tasse, a mio modo di vedere. Soprattutto sul lavoro, sia esso autonomo sia esso dipendente. Lo vedo adesso che sto studiando per le buste paga.
E' incredibile, il quantitativo di tasse da pagare.
E poi, una bella ripulita al sistema politico, ma fatta seriamente e non da presunti tribuni del popolo.
Ci sarà la maturità necessaria per farlo?
Qui mi sembrano tutti così insolentemente attaccati alla loro poltrona da non preoccuparsi di altro se non di mantenersi nello stesso posto privilegiato. A volte mi sembra di essere in un'atmosfera da fine dell'impero, in cui la decadenza arriva inesorabile.
Mai, dico mai, mi sono sentita così incerta in vita mia.
Così appesa a un filo, e mi sono resa conto che quello che fa la differenza è avere o non avere un lavoro. Chi ce l'ha come me può fare la spesa, pagare le bollette, le rate, andare avanti insomma.
Ma chi lo perde, oggi, non ne trova un'altro.
Questa è l'ansia che mi ha spinta a rivedere la mia professionalità, fatta di... poco, come quella di un po' tutti, a essere sinceri.
Perché, e ne sono consapevole, scippando un verso, le mie parole sono tutto quel che ho.
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