lunedì 29 aprile 2013

Non ci sono più i matrimoni di una volta

Non solo per durata, ma anche per forma.
Quelli in cui i partecipanti compravano un abito elegante per la cerimonia, frequentavano parrucchieri per l'occasione, tiravano fuori la gioielleria. E, almeno i parenti degli sposi, erano decorosi. Oggi la sindrome cinese pare abbia colpito tutti, indistintamente, anche nel "medioevo" così ho soprannominato la lande lomelline parlando con Dani.

Sono reduce da una cerimonia devastante, in una gelida e piovosa domenica di aprile.
Io e il  mio vestitino smanicato di seta rabbrividiamo insieme alle scarpe aperte.

In chiesa si vede di tutto: io mi annoio, sono a questo matrimonio per forza, nel vero senso del termine. Che posso fare se non mettermi a osservare il mio prossimo?

Il mio prossimo non sa la Messa. A parte me e tre beghine, ognuno dava la sua personale versione delle preghiere, compreso il Padre Nostro. Il mio prossimo tiene acceso il cellulare in Chiesa e capita che quast'ultimo si metta a mugghiare a tradimento nel bel mezzo dell'elevazione.
Il mio prossimo fa circolare i bambini come pare e piace, e questi cercano di giocare a nascondino dietro all'altare, con grande sconcerto dei presenti.

Il mio prossimo è di un cinismo agghiacciante, commentando la predica, a dire il vero decisamente scadente, a mezza voce e "in diretta" invece di aspettare in religioso silenzio che la funzione terminasse e poi, parliamo dei pronostici sulla durata del matrimonio? O degli sbuffi per la noia di dover partecipare alla cerimonia?

Ma sono state le mise di alcuni soggetti a impensierirmi.
Innanzitutto la madre dello sposo.
Che, alta perfino meno di me, si è messa un vestito lunghissimo che sono certa di aver visto dai cinesi sabato. Tessuto che prende fuoco solo a guardarlo tanto è sintetico, di un bel color topo con riflessi dorati e un cardigan proprio fuori tinta.
A completarlo, al ristorante, degne ciabatte ortopediche bianche.

Poi ci sono state tre ragazzotte, che evidentemente hanno gareggiato all'ultimo sangue per chi aveva la minigonna più corta. A vincere ragazzotta numero uno, con superaderente mise sempre color topo appena sotto il sedere. Perizoma (stretto) in bella vista, scollatura da rimpolpare, scarpe in "vorrei fosse pelle" di mille colori e con tacco simile a un trampolo. Ma ben posizionata anche una giunonica ragazza, la cui misura di reggipetto è decisamente superiore alla mia, con una scollatura abissale sul suo vestito in raso blu, stile impero, corredato da elegantissime rose di stoffa a corredare l'importante scollatura, il tutto chinese style con un accenno balenottera e pettinatura Moira Orfei.

Tra giovani e meno giovani in abiti sportivi, con massiccia esibizione di tatuaggi e magliette girocollo, ecco che spunta il karaoke. Cantano solo i bambini, i Ricchi e Poveri trionfano, il tizio gira per i tavoli con il microfono in cerca di vittime. In men che non si dica troviamo rifugio in bagno, un augusto spazio pieno di transfughi.

E per finire un bel caffè servito all'aperto, in mezzo a una gran corrente e un freddo becco, sotto l'acqua. Fine delle 8 ore di tortura.




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