venerdì 19 aprile 2013

C'è chi dice no

Ho contato fino a 100, oggi, nel solito venerdì di passione. Al 101 ero ancora pronta a stendere il maledetto serpente che ho in ufficio, reduce dall'ennesima sceneggiata gratuita. E quindi sono stata costretta a procedere.

Tardo pomeriggio, sono andati via tutti, tranne io Danilo e Pietro, i primi due a lavorare e lui a fare ore cazzeggiando su internet. Si offre di aiutare Danilo, molto indietro con il lavoro, scrivendogli una colonna di notizie relative a società che seguiamo. Io sto finendo il mio, Danilo gli dà una raccolta di notizie che ha selezionato in settimana.

E' chiaro che copiare due righe, come lui ha intenzione di fare, senza verificare né approfondire, non è aiutare Danilo, è solo fingere di lavorare. Lui a voce alta si propone di fare nei trafiletti solo sulle società che io seguo. Gli dico che quelle le avrei fatte io, che ho maggior conoscenza delle vicende societarie e quindi ho anche maggior facilità a scrivere senza infilare castronerie a tutto spiano, mentre lui poteva cercare qualcosa sulle sue. La sua intenzione è invece quella di lavorare con i piedi come fa sempre. Scrivere tre cavolate senza metterci la testa e poi pavoneggiarsi dicendo di aver fatto il lavoro. Così scoppia dicendo: - Insomma, io già mi offro di fare il lavoro, se poi mi metti anche i bastoni tra le ruote...-. Si alza, si avvicina alla mia scrivania e mi butta lì il un pezzo di giornale e i fogli che gli ha dato Danilo, e mi dice:- Fatteli tu i tuoi pezzi, arrangiati.-.
Prende e esce dall'ufficio, per poi tornare mentre sto scrivendo a Danilo le seguenti parole : Dani, perché sei tu e ti voglio aiutare, altrimenti l'avrei già mandato...-.
Si siede al suo posto e ricomincia a cazzeggiare su internet.
Intanto io mi accorgo di aver fatto uno sforzo mostruoso per non cavargli gli occhi prima e che tutto questo per me non è sano.

Mi giro e gli dico:- Pietro per te il venerdì è un momento difficile, vero? Perché mi pare che sia la seconda o la terza volta in una manciata di settimane in cui mi tratti male. Ecco, la prima volta passi, ma la seconda no. Non permetterti mai più di comportarti così con me.-.

Alle solite repliche arruffate gli dico:- Quello che io ti dicevo, se solo mi lasciassi parlare, era che potevamo benissimo condividere il lavoro, avremmo fatto meglio e prima. Non voglio più sentire una cosa del genere.-.

E lui prende, riesce dall'ufficio e dopo 45 minuti è ancora a spasso. Dopo un po' lo sento nell'ufficio vicino, evidentemente sta aspettando che esca per tornare in ufficio. Non avessi nulla da fare sarei rimasta fino alle 7 per vedere come si comportava.

Quando sono uscita deve aver orecchiato ed è andato in bagno, ho chiuso la porta, ma l'ho aspettato al varco dietro l'angolo. Appena si è avvicinato alla porta gli ho detto: - Ho finito Pietro, sto andando, così puoi tornare in ufficio a lavorare.-.

E questo non se lo aspettava proprio.



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