E se il problema fosse tutto nella mia testa?
Perché, pur non essendo un mostro/una pazza/una jena, non riesco ad avere delle relazioni soddisfacenti?
Da tempo mi interrogo e sono giunta alla conclusione di essere io il problema.
La colpa è la mia, inutile girarci intorno.
Ma in che misura e soprattutto in che frangente è mia?
Mi riconosco una serie di difetti, esteriori e interiori.
Ammetto di essere esigente, di non essere espansiva, di essere timida e schiva e di non essere una bella donna.
Ma ho il fondato sospetto che non cambierebbe nulla nella mia testa nemmeno se mi dedicassi anima e corpo alla mia forma fisica e ottenessi grandi risultati.
Che, in fondo, pensi di non meritarmi una vita felice?
Ho così interiorizzato il modello di mia mamma di scelte riduttive da aver sviluppato il gene dell'accontentamento. Si vede nelle piccole e nelle grandi cose, salvo poi "sfogarsi" con acquisti esagerati e inutili e comportamenti bulimici.
Ho pensato, a titolo di cura, di aver bisogno di riposizionare il mio interesse su di me.
Su me stessa, per ritrovare quella fiducia che non ho mai, fino in fondo, avuto.
Sarà una cosa complicata, e lunga, ma qualche miglioramento credo si possa già notare.
La cura sarà articolata in alcuni difficilissimi passi.
Il primo è: imparare a dire no. Due letterine complicatissime da mettere insieme per una che ha sempre disperatamente tentato di ottenere l'affetto e l'amore altrui attraverso la gentilezza, l'amabilità e la diplomazia.
Il secondo è: ritornare al rispetto. Di sé verso se stessi e ricondurre gli altri verso la giusta considerazione. Lo scorso anno, mi sono resa conto, che non sempre gli interventi degli amici "per il mio bene" hanno avuto un esito positivo. Anzi, a ben pensarci, mi pare che più di uno abbia giocato in proprio, e pro domo sua. Tradotto in soldoni, finché non c'era di meglio, mentre a me sono rimasti vuoto e cocci. Rispetto di sé quindi, che può essere declinato in molti modi, dal rispetto dei propri reali interessi, dei propri tempi, dei propri gusti, del proprio fisico (ho un disperato bisogno di sport).
Il terzo è: tempo. Devo dedicare tempo alle cose e alle persone. La qualità del tempo è importante, ma anche la quantità è necessaria. Se si tiene a determinate persone ci si deve essere. Il rimpianto che ho quest'anno è quello di non essere stata abbastanza presente, in modo sano. Tramontata l'illusione del "salvare il mondo", la mia ambizione quest'anno è quella di essere presente, corpo, spirito e anima. Il rovescio della medaglia consiste nel dover razionalizzare le mie attività. Non disperdere in mille rivoli, ma concentrarle su precisi scopi.
Il quarto è: ammettere. Da una vita esercito un ferreo controllo su me stessa, e mi è complicato ammettere e dimostrare sentimenti. Ammetto che ho paura del mio futuro, che vedo imprigionato in una stasi eterna e mortifera, ammetto che non ho passione per il lavoro che sono costretta a fare, di più, sono costantemente mortificata perché non sono valorizzata, tenuta in considerazione e apprezzata. Ammetto che la maggior parte delle cose che ho fatto fino a oggi le ho fatte per senso del dovere. E ammetto di essere stanca, profondamente stanca, ed è questo che mi spinge a intraprendere, o almeno a cercare di farlo, nuove strade.
La cura sarà articolata in alcuni difficilissimi passi.
Il primo è: imparare a dire no. Due letterine complicatissime da mettere insieme per una che ha sempre disperatamente tentato di ottenere l'affetto e l'amore altrui attraverso la gentilezza, l'amabilità e la diplomazia.
Il secondo è: ritornare al rispetto. Di sé verso se stessi e ricondurre gli altri verso la giusta considerazione. Lo scorso anno, mi sono resa conto, che non sempre gli interventi degli amici "per il mio bene" hanno avuto un esito positivo. Anzi, a ben pensarci, mi pare che più di uno abbia giocato in proprio, e pro domo sua. Tradotto in soldoni, finché non c'era di meglio, mentre a me sono rimasti vuoto e cocci. Rispetto di sé quindi, che può essere declinato in molti modi, dal rispetto dei propri reali interessi, dei propri tempi, dei propri gusti, del proprio fisico (ho un disperato bisogno di sport).
Il terzo è: tempo. Devo dedicare tempo alle cose e alle persone. La qualità del tempo è importante, ma anche la quantità è necessaria. Se si tiene a determinate persone ci si deve essere. Il rimpianto che ho quest'anno è quello di non essere stata abbastanza presente, in modo sano. Tramontata l'illusione del "salvare il mondo", la mia ambizione quest'anno è quella di essere presente, corpo, spirito e anima. Il rovescio della medaglia consiste nel dover razionalizzare le mie attività. Non disperdere in mille rivoli, ma concentrarle su precisi scopi.
Il quarto è: ammettere. Da una vita esercito un ferreo controllo su me stessa, e mi è complicato ammettere e dimostrare sentimenti. Ammetto che ho paura del mio futuro, che vedo imprigionato in una stasi eterna e mortifera, ammetto che non ho passione per il lavoro che sono costretta a fare, di più, sono costantemente mortificata perché non sono valorizzata, tenuta in considerazione e apprezzata. Ammetto che la maggior parte delle cose che ho fatto fino a oggi le ho fatte per senso del dovere. E ammetto di essere stanca, profondamente stanca, ed è questo che mi spinge a intraprendere, o almeno a cercare di farlo, nuove strade.
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