Sì, a cavallo dell'asino, forse.
Sentite cosa mi è successo in metropolitana.
Carica, appunto, come il suddetto asino riesco a prendere la metropolitana al volo in Centrale.
Al termine di una giornata lavorativa faticosa e lunga e vittima di qualche evento emotivamente sconvolgente, arranco sul mezzo pubblico, carico e stracarico.
Armata di cuffie per difendermi da ogni possibile presenza molesta, con l'unica volontà di svuotare completamente la mente, non mi accontento della barriera protettiva del suono, ma aggiungo anche quella fisica di un libro. Estraggo l'ultimo romanzo di Elizabeth Strout dalla borsa e me lo piazzo davanti.
Noto, tuttavia, la presenza di un tizio, che insistentemente mi sorride.
O meglio, prova a far filtrare un sorriso attraverso il libro, la sciarpa, la cuffia, il piumino chiuso fino al naso e le cuffie. Imperterrita vado avanti a leggere. Più volte cerca di far filtrare nel mio limbo ovattato di note, gesticolando ampiamente, l'invito a farmi sedere.
I miei occhi impermeabili ai gesti ridacchiano di fronte al fastidio provato dai vicini di sedia a tutte quelle gomitate.
Infine, arrivo in stazione.
Con grande disappunto anche il nostro uomo si alza.
Afferro le mie borse alla velocità della luce (ci manca solo che me le porti lui) anticipando con uno scatto felino un gesto fulmineo.
Scende anche lui, ma guarda che strano.
Mentre, davanti alla porta attendo l'arrivo in stazione, il tizio attacca bottone.
Non sento bene quello che dice, ma questo non lo scoraggia.
Imperterrito mi accompagna per tutta la banchina, mi chiede se studio o lavoro (studio? Mio Dio questo è un complimento della miseria) come mi trovo, che lavoro faccio.
Non sembra nemmeno un serial killer.
Se non che, arrivati davanti alla scala mobile converte un gesto di stretta di mano in un baciamano in piena regola (e non ha settant'anni).
La mia perplessità aumenta a dismisura. Mi chiedo, ma questo vorrà mica accompagnarmi al treno?
Per fortuna no, ma io, mentre cerco di sfuggirgli sulla scala mobile, dopo aver augurato buona serata, penso che dovrei fiondarmi in edicola per seminarlo.
Ecco, il vero peccato è che non fosse di mio gradimento...
Anche se, lo ammetto, un baciamano sul marciapiede della metro non capita tutti i giorni di certo.
Noto, tuttavia, la presenza di un tizio, che insistentemente mi sorride.
O meglio, prova a far filtrare un sorriso attraverso il libro, la sciarpa, la cuffia, il piumino chiuso fino al naso e le cuffie. Imperterrita vado avanti a leggere. Più volte cerca di far filtrare nel mio limbo ovattato di note, gesticolando ampiamente, l'invito a farmi sedere.
I miei occhi impermeabili ai gesti ridacchiano di fronte al fastidio provato dai vicini di sedia a tutte quelle gomitate.
Infine, arrivo in stazione.
Con grande disappunto anche il nostro uomo si alza.
Afferro le mie borse alla velocità della luce (ci manca solo che me le porti lui) anticipando con uno scatto felino un gesto fulmineo.
Scende anche lui, ma guarda che strano.
Mentre, davanti alla porta attendo l'arrivo in stazione, il tizio attacca bottone.
Non sento bene quello che dice, ma questo non lo scoraggia.
Imperterrito mi accompagna per tutta la banchina, mi chiede se studio o lavoro (studio? Mio Dio questo è un complimento della miseria) come mi trovo, che lavoro faccio.
Non sembra nemmeno un serial killer.
Se non che, arrivati davanti alla scala mobile converte un gesto di stretta di mano in un baciamano in piena regola (e non ha settant'anni).
La mia perplessità aumenta a dismisura. Mi chiedo, ma questo vorrà mica accompagnarmi al treno?
Per fortuna no, ma io, mentre cerco di sfuggirgli sulla scala mobile, dopo aver augurato buona serata, penso che dovrei fiondarmi in edicola per seminarlo.
Ecco, il vero peccato è che non fosse di mio gradimento...
Anche se, lo ammetto, un baciamano sul marciapiede della metro non capita tutti i giorni di certo.
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