Piove, è un venerdì mattina in cui mi sveglio a corto di forze.
Mi chiedo con preoccupazione come arrivare a fine giornata.
Sono stanca, reduce da due settimane molto intense, ricche di impegni e compiti.
Decido di prendere comunque il tram. La compagnia di Laura, di solito, è un toccasana per il mio umore. La fortuna di poter parlare con una persona pacata, di buon carattere e dotata di una fine ironia va sfruttata in ogni modo.
La fortuna ci assiste.
Il tram arriva quasi subito, e non sono neppure troppi gli studenti che impediscono, con i loro zaini, anche di respirare.
Laura mi chiede lumi su questioni ereditarie: ormai, mio malgrado, sono diventata un'esperta.
Cerco di essere più chiara possibile, e, tra una chiacchiera e l'altra in bilico nel tram pienissimo, mi chiede il nome del mio carissimo cugino che ha avuto la brillante idea di fare un testamento falso per accaparrarsi l'eredità della nonna, che è la causa per cui io mi sono dovuta accollare la gestione dell'incresciosa e dolorosa vicenda.
Sei anni e mezzo di tormenti e sofferenze che può capire soltanto chi si è trovato preso letteralmente in mezzo a una vicenda del genere.
Il nervo è ancora scoperto: da poco conclusa, tutta questa brutta storia, in cui ci hanno perso tutti, senza eccezione, ha rappresentato una prova che, francamente, avrei evitato volentieri.
Basta pochissimo, quindi, un'esclamazione della mia amica fatta con leggerezza e senza malizia, per scatenare una serie infinita di emozioni, e nessuna positiva.
Eh sì, perché il soggetto in questione è uno di quei delinquenti che recitano benissimo una certa parte, in questo caso quella del musicista impegnato.
Dopo aver impiegato un numero stellare di anni per diplomarsi al conservatorio, ha creato l'immagine di una persona alternativa e a modo suo colta (io non gli chiederei dov'è la Cambogia per esempio), di sensibilità artistica, di chissà quale impegno intellettuale.
Sia lui sia mia zia sono bravissimi nell'arte della finzione: a contatto con altri cambiano letteralmente pelle, mentre solo i pochi "fortunati" che hanno avuto il privilegio di conoscerli sul serio hanno potuto toccare con mano la loro reale natura, avida, rapace, falsa e calcolatrice.
Per anni mia zia ha sfruttato mia mamma come colf, facendole lavare, stirare e rammendare il mondo intero di panni, facendosi vestire il figlio senza vergogna nonostante i due stipendi, facendosi aiutare in negozio.
Ebbene, tutte le gocce che si attaccano al finestrino sporco, in quel momento sono tanti spilli impietosi che trafiggono il mio cuore. Mi sento umiliata e anche tradita dalla mia amica.
Da anni alleno la sottile arte dell'autocontrollo, per cui incasso con stile e in silenzio, come nulla fosse. Per l'intera giornata sono sottosopra, uno strascico di subbuglio mi avvinghia a sé.
Lascio che un po' di tempo e di spazio mi confortino.
Quello che ora penso è che non voglio che, dopo tutto quello di male che già mi hanno fatto, me ne facciano ancora.
L'apparenza, per molti, è purtroppo la sostanza.
Sono bravi a recitare, e pochissimi (perché sanno di non essere affatto quello che mostrano) sono consapevoli della loro vera natura.
Mia nonna soffriva di schizofrenia. Per vergogna e ignoranza non è mai stata fatta curare.
Ha sempre picchiato marito e figlie, e, negli ultimi anni, abbiamo dovuto sottrarle mio nonno, che aveva cercato di eliminare.
Mia mamma aveva paura che andassi da lei da sola e anche lei di andarci da sola, temeva, e a ragione, qualcosa di brutto.
Mio cugino le somiglia. Già alle elementari la maestra aveva pregato i genitori di portarlo da uno psichiatra. Ovviamente non l'hanno fatto. Mia zia voleva spedirlo in seminario per liberarsene. Ha sempre avuto qualcosa che non andava, una sorta di sdoppiamento della personalità, che lo induce a fare anche cose decisamente crudeli, tipo decapitare le galline.
Ricordo scene terribili, come quando si rotolava per terra e non si sapeva come farlo smettere.
Ma questo, tutto questo, lo abbiamo vissuto solo noi.
Al di fuori sono solo le persone che fingono di essere, quello che vorrebbero essere, con una patina buonista e perbene che non sanno neppure cosa sia, al limite un po' sciroccati, un po' ignoranti.
Assolvo tutti quelli che hanno avuto a che fare solo con la maschera e che vedono solo quella, e, sapete che vi dico, che nonostante tutto, a me è convenuto perderli. Quando ho avuto bisogno non ci sono stati mai, come quando mia mamma si è rotta un piede e non mi hanno mai fatto neppure una telefonata per sapere come me la cavavo da sola.
Ci sono sempre stati solo per prendere, e, almeno, la smetteranno di chiedere soldi in continuazione.
Come quando un sabato sera alle 7 sono dovuta schizzare fuori dalla doccia per portargli 3.000 euro.
E, comunque, io non ho nulla di cui vergognarmi, al contrario loro.
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