giovedì 7 febbraio 2013

Ripetizioni

Una delle più complicate imprese di queste giorni è stata quella di far capire al grande ciccio che le formule matematiche vanno usate per intero e non, arbitrariamente, limitandosi ai pezzi che si conoscono.

Martedì pomeriggio arriva una delle prime mail al direttore. Grande agitazione: una tizia chiede di un'obbligazione che le hanno proposto, dice che non trova niente e ci manda il prospetto, scannerizzato e poco leggibile, di un titolo che a detta sua le somiglia (tradotto, ecco non ho sottomano l'uomo della mia vita, ti faccio conoscere il cugino in seconda, cosa ne dici?).

L'obbligazione in questione è una schifezzuola legalizzata che non dà cedole ma potrebbe staccarne una finale parametrata a un algoritmo lungo da qui a Napoli, pieno di numeri, formule, parentesi ed elevamenti a potenza e già che ci siamo qualche tasso.

Insomma, stiamo a questionare degli elefanti a pois.

Il ciccio mi monopolizza per un pomeriggio e una mattina intere, martedì e mercoledì.
Arriviamo anche al battibecco, nel momento in cui lui palesemente ignora un paio di addendi a cui non sa sostituire alle formule generiche i numeri, quando pretende di valutare il titolo senza leggere tutto il prospetto, ma soprattutto quando cerca palesemente di far venire un algoritmo che non viene (ogni prospetto contiene una simulazione di rendimento, è un obbligo di legge, per cui, provarla a ritroso è l'unico modo per verificare che avessimo inteso correttamente la formula).

Due sedie a fianco, una che scricchiola clamorosamente, l'altra non ancora.
- Non ti fidi, ecco non ti fidi. -
- No, e non viene, deve venire, c'è qualche pezzo che manca.-.
- Metti qui eleva là, no, non è che tu sai già tutto e mi fai diventare matto a cercare la soluzione?-.
- Se non mi lasci leggere come faccio a capire?.-
- No, ci sono troppi addendi, io mi perdo, questa cosa fa venire il mal di testa. Ecco, non riesco a concentrarmi.-

Va via 10 minuti e trovo, nel silenzio, la soluzione.

Poi devo spiegargliela. Lo faccio a voce:- Non capisco, mi fai venire mal di testa.-, lo faccio per iscritto: - Non ho visto la mail, l'ho persa, forse non ho capito.-.

Alla fine la scena è questa: ufficio suo, con un fac simile dell'orso Yoghi che pesta sui tasti, offrendo l'immagine di una schiena curva e polposa che fuoriesce dall'ampia poltrona, grugniti e ansimi vari.
Io in piedi, alle sue spalle che gli detto il testo, con voce stentorea e scandendo bene le parole e poi glielo correggo a voce.

Dai tempi delle mie lezioni a scuola non mi capitava più una simile performance vocale, forse dai tempi delle letture in chiesa. Lì però non scriveva nessuno...

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