lunedì 11 febbraio 2013

Neve

Sembrava incredibile ieri, in una giornata tersa come solo alcune invernali sanno esserlo.
Eppure, la neve prevista, abbondante e paralizzante, è arrivata, al termine di una giornata quasi da inizio primavera.

La neve a Milano ha un significato ben preciso: quello di esasperare la già esagerata frenesia cittadina, di provocare ingorghi, tamponamenti, ritardi, e confusione.

La mia giornata inizia alle 5 e 30. Quasi attonita mi chiedo cosa potrò trovare aprendo le finestre. Non ci credo, in realtà. Sono reduce da una giornata di sole, tersa, serena, brillante come quella che precede una Pasqua anticipata.
Mi crogiolo nel letto, per un momento, assaporando il caldo. In genere queste giornate sono devastanti, molto faticose, spossanti.
Mi alzo e, mentre ascolto il silenzio, mi chiedo cosa ci può essere fuori.
Sollevo qualche striscia di persiana, e vedo sotto di me, debolmente illuminato, il prato bianco.
Decido di andare a tutti i costi, il lunedì si chiude la produzione.
Mentre mi preparo, travestita da Befana, mia mamma controlla online i treni. Sembrano esserci, con ritardi accettabili. Nella notte, mentre grandi fiocchi imbiancano le strade e vorticano sulla mia testa, mi avvio verso la stazione. A piedi mezz'ora circa, a passo sostenuto, ma accorto.

Cappello nero, stivaloni di gomma, ombrello dell'Ikea verde acido, borsetta da pranzo cinesissima con gatti: sono davvero una befana. Al limitare del giardino guardo meravigliata fuori, uno strato di neve, compatto, scintillante, vaporoso e immacolato davanti a me. Nessuno, sono le 6 e mezza, è ancora passato.

Cammino accanto allo stagno. Nessun rumore, non un pigolìo, non un sospiro. Gli uccelli stanno al caldo nei loro nidi, le anatre nelle tane.
Un silenzio irreale e soffice quanto la neve mi accompagna verso il centro città. Cammino, con attenzione, per non scivolare sul marmo o sui sassi.
Vicino a Santa Croce, un panorama irreale: il grande albero imbiancato, i fiocchi che vorticano su di me, pochi sparuti passanti che camminano come ombre dell'aldilà nel buio vicino alla stazione.
Solo una luce, quella del negozio del panettiere.

Sul binario poche persone, un treno vuoto, con una luce irreale, gialla e asettica. Fuori diventa lentamente giorno, una mattina metallica, dal cielo plumbeo carico di attese di neve.
A Porta Genova inizia a nevicare pigramente, nella mattina del pendolare. Ma bastano poche manciate di minuti per iniziare una danza sfrenata di fiocchi.
Il cielo grigio, plumbeo, non accenna a schiarirsi.
La danza dei fiocchi procede implacabile, per tutto il giorno. Esco sotto le larghe falde, immersa in un turbine di neve. Inizio un lungo viaggio verso casa, accompagnata da un vento gelido e ostile, che si infila ovunque e porta i fiocchi in alto nel cielo e poi giù a terra.

Neve, neve ovunque. Scivolo lentamente in una campagna imbiancata, con tantissima neve che uniforma tutto con il suo mantello bianco.
Una volta in stazione, inizia il mio lungo cammino verso casa, molto meno poetico della mattina. Auto incolonnate a non finire, neve bagnata, ridotta a una sporca poltiglia, che si attacca ovunque. Sono contenta di non aver ceduto alla tentazione dell'auto. Lentamente, con qualche piccola scivolata, rotolo verso casa, avversata da un vento tagliente, che curva gli ombrelli, rende incerto il passo.
Mezz'ora, per arrivare al punto di partenza.
Per osservare un angolo di foresta incantata, avvolta nel silenzio e nella neve, intorno allo stagno.

E intanto continua a nevicare, ha ripreso forza, senza sosta....

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