Mi sembra quasi un miracolo, oggi, quando, in tarda mattinata, la nebbia feroce che da giorni grava in Lomellina si è alzata, facendo spazio a un bellissimo sole.
Sperando che la mia macchina partisse, mi sono risolta a muoverla, non volendo assolutamente ripetere l'esperienza dei giorni scorsi.
Del resto, un diesel è fatto per essere usato.
Che bello, questo momento di meravigliosa libertà al volante della mia auto, a zonzo per la pianura, in pieno inverno, ma immersa in una di quelle giornate così dolci da sorprendere per la loro delicatezza. Non devo fare nulla, ma ci sono alcune cose che voglio fare.
Il che fa la differenza, eccome.
Sono per strada e indosso un paio di occhiali da sole. I raggi non sono dritti e arroganti come in estate, ma lo stesso mi colpiscono in volto.
Senza la nebbia, è scomparso il ghiaccio.
L'umidità si asciuga per strada e sui muri. Il caldo rende l'abitacolo esposto alle intemperie più confortevole.
Vado, con attenzione, ma vado.
Per la mia strada, con calma, ma senza lentezza.
Solo ora mi rendo conto della fretta, dell'impazienza e della stanchezza che hanno animato queste mie ultime settimane. Impazienza e scontentezza, fastidio e difficilissimo esercizio di autocontrollo.
Quanto tempo ci metterò a riprendermi?
Non so dirlo, a essere sincera.
C'è qualcosa ancora di cui non riesco a farmi carico, una nuvola nera in sottofondo, un'ombra inquietante. Prima o poi si presenterà, per ora, intanto, sta sullo sfondo.
Intanto, faccio il punto sui miei progressi.
Innanzitutto, non ho mandato/spedito nessuno (e dico nessuno) dove avrebbe legittimamente dovuto andare.
Poi non mi sono data né allo shopping sfrenato (quello che ti lascia esausta e piena di ciarpame) né al mangereccio sfrenato, anche se confesso di essermi comprata dei pasticcini.
Infine, ho dormito bene. E questo mi ha permesso di recuperare un po' di controllo, dato che, negli ultimi giorni, sono arrivata all'esaurimento delle mie risorse psicofisiche, fatto che si manifesta in modo molto semplice.
Non mi ricordo i nomi delle cose. Sto parlando e mi dimentico i nomi, lasciando la frase a metà.
E perdo le cose, che in alternativa mi cadono letteralmente dalle mani.
Ho la sensazione, sempre più frequente, di perdere molto tempo con il mio lavoro.
Mi sembra tanto stupido tutto questo affannarsi, e mi chiedo cosa stia facendo di concreto.
Mi manca, moltissimo, la dimensione del progresso, dell'apprendimento.
Mi pare, senza dubbio, di non fare concretamente nulla.
Appena mi assento un po' dal lavoro, ricomincio a soffrire, terribilmente, per il fatto di doversi tornare. Penso a quella stanza caldissima in ogni stagione, con troppe persone dentro che si danno fastidio, in una cronica mancanza di educazione e spazio vitale.
Soffro l'affollamento, e, ultimamente, soffro tanto la stupidità.
Mi chiedo se sia un effetto del fatto di essere adulta.
Forse sì. Mi rendo conto, in questo tardo pomeriggio, che solo io posso prendermi cura di me.
E ora, mentre il sole mi tramonta davanti, un rosso freddo e delicato proprio dell'inverno arrivato, capisco che tocca a me.
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