Non sono un'appassionata di Woody Allen, anche se, almeno in parte, percepisco il fascino delle sue opere. Soprattutto dopo essere stata alcune volte a New York mi è più chiara quell'atmosfera che ricrea nei suoi film.
Stavolta il nostro Woody ambienta la vicenda in parte a San Francisco, in parte e New York, descrivendo, in sintesi una caduta, sociale, psicologica, economica e, in parte, anche fisica della protagonista.
Una premessa: il film è Cate Blanchett. Non solo tutto ruota intorno a lei, ma è la sua recitazione a dir poco straordinaria a rendere credibile ed eccezionale questo film.
Una protagonista che ha un nome ordinario che si cambia, non ritenendolo adatto al suo ruolo sociale.
Una prima donna, allevata dai genitori adottivi tale, che grazie al suo fascino incredibile conquista un "primo uomo", ovvero un ricchissimo uomo d'affari che le garantisce una vita all'altezza delle sue ambizioni.
E che la "plasma" come la perfetta donna della upper class a cui appartiene.
Questo ruolo è la sua unica ambizione.
Lei è il suo ruolo ed è quello che possiede.
Forma perfetta, educazione ineccepibile, stile impeccabile.
Ha gusto, si dedica alla beneficienza.
Il film si snoda tra il presente, e il soggiorno dalla sorella, che conduce una vita modesta e triste che la ospita a San Francisco, e il passato fastoso a New York.
Flash back dopo flash back si scopre l'intera vicenda, in cui la protagonista si rivela autrice del suo destino, mentre all'inizio sembra solo vittima di una sorte avversa.
Oltre alla vicenda personale, è interessante la riflessione su un certo mondo e sui suoi abitanti.
Non c'è ricchezza senza inganno e frode, non c'è altro cui ambire se non far parte e dominare quel mondo, non ci sono legami affettivi se non all'altezza.
La scena più significativa, per me, è quella in cui, facendo da baby sitter ai due nipoti mentre la sorella presso cui si è rifugiata è uscita, li porta a mangiare una pizza.
La nostra gran signora porta addosso ancora i segni della passata ricchezza, abiti firmati, gioielli.
In uno squallido fast food risponde alle domande dei nipoti che fanno capire come sia considerata una specie di causa di tutti i mali.
Lei parla, spiega il suo passato e continua il suo monologo che attraversa tutto il film.
Mentre i bambini mangiano lei beve, come fa sempre eccessivamente.
E spiega loro quanto sia importante la beneficienza: la ricchezza comporta responsabilità, così diceva sempre Al, il marito. Per cui lei raccoglieva molti fondi per nobili causa.
Ne parla convinta, con un eloquio allucinato, ignorando ogni obbligo verso i parenti.
Coinvolgendo la sorella e il cognato in un affare sbagliato ha decretato la loro rovina economica, e il fallimento del loro matrimonio.
Ma non si sente affatto in colpa: loro sono rozzi, non fanno parte del loro mondo.
E quindi non contano nulla ai suoi occhi. Anzi, hanno la colpa di essere così volgari...
Nessuna pietà, nessuna riconoscenza, nessun barlume di affetto, mai, perché in quel mondo non esiste.
Un film che merita di esser visto.
Unico appunto: non coglierete nulla del fascino di San Francisco.
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