lunedì 30 dicembre 2013

C'eravamo tanto amati

E ora, non ci amiamo proprio più.
 
Ma voi cosa ne pensate di un uomo che, ben consapevole dei vostri sentimenti, vi promette la luna per anni (luna che è sempre un passo più in là, intendiamoci), si ritrae in malo modo al momento opportuno, passa anni ad accusarvi di essere e soprattutto di non essere un sacco di cose, e poi, dopo la disperazione, dopo l'abbruttimento, dopo la confusione, lo sconforto, la desolazione, quando finalmente lo avete fatto contento e non ve ne frega più nulla di lui, elegge l'infastidirvi come scopo principe della sua vita?
 
Ogni giorno lui si alza, non tanto presto, sia chiaro, e quello che vuole fare è mettervi i bastoni tra le ruote, rendervi la giornata lavorativa pesante, più lunga e più faticosa del dovuto, e, in particolare, più frustrante.
 
Oggi, dopo una notte quasi insonne, mi avvio al lavoro con un'agenda densa di compiti.
E' l'unico giorno di lavoro di una settimana di produzione.
Devo chiudere un numero, devo terminare un'analisi che avrei tranquillamente ultimato lo scorso 23, se solo qualcuno non mi avesse tirata scema l'intera giornata.
 
In più, ho altre cosette da fare, aggiornare il sito, certamente mettere nuovi articoli, qualche mail cui rispondere
 
E' il 30 dicembre per tutti... anche per me.
 
Ma non per lui.
 
Arriva, quasi incredibilmente, Ciccio, nella mise cameriere a Capri (camicia bianca, giacchetta blu Cina profilata bianco)
Arriva rubicondo e come al solito in vena di cazzeggio allo stato puro.
Parla di cibo, di quello che ha mangiato, di quello che avrebbe voluto mangiare, delle sue indigestioni passate, presenti e future.
E' evidente che è venuto in ufficio per non fare nulla, passare il tempo, sproloquiare un po' e lo fa senza timore anche un po' troppo a lungo.
Ci lascia tutta la produzione da seguire (riletture, aggiornamenti, e via dicendo) compreso tener d'occhio i belgi che fanno danni.
Il mio è l'unico pezzo d'attualità in un certo senso, che ho ritoccato tempo addietro per adattarlo alle novità americane. Ho buttato giù un pro forma e poi l'ho risistemato, ne parliamo brevemente, solo due battute, ma il nostro orecchia.
E così, dopo aver rifilato a me e a Michela dei testi pieni di errori, concordanze saltate, tagli a casaccio, parole mancanti e nomi pure sbagliati, arriviamo ai miei testi.
 
Nonostante noi si faccia orecchie da mercante (lo conosciamo bene, quando non vuole fare una cosa, non lo devi obbligare, non lo devi tampinare, non devi stragli addosso, altrimenti si innesca una spirale negativa e pericolosa per cui ti trovi a dover rifare tutto alle 5 del pomeriggio).
 
Lui che fa? Va addirittura a stanarlo nel suo ufficio.
Per chiedergli se vuole rileggere il mio pezzo e solo, badate bene, il mio, mentre i suoi sono infarciti di idiozie.
 
Per fortuna Ciccio sta facendo altro e quindi rispedisce al mittente.
 
Questo lo fa mentre io sto tentando disperatamente di andare avanti con la mia analisi sulla Russia e dopo un pranzo che definire terribile è dir poco.
 
E' tutto un problema di gentilezza, ecco. Devo smettere di essere gentile.
Usciamo e ci trascina a mangiare al cinese, dopo giorni di stravizi alimentari Michela e io punteremmo a qualcosa di più leggero. Lui, invece, ha fame, eccome e vorrebbe condurci in un all you can eat. Inoltre, Michela non dice di no, ma non ama molto il cinese. Giunti al ristorante, lei guarda indecisa a lungo la lista. E' evidente che non è mai venuta al cinese ed è un po' diffidente.
Io non posso dire nulla, per anni ho mangiato solo involtini primavera, riso alla cantonese e pollo alle mandorle (dopo mi sono rifatta),
 
Non contento di ciò, siamo costrette a vederlo mangiare come un troglodita, mentre afferra con le mani gli involtini primavera bollenti e mentre ci delizia mangiando, sempre con le mani delle coscette di rana che spolpa rosicchiandole e intanto parlando in continuazione.
Non sa dove mettere gli ossicini, povero tesoro. A un certo punto temo che voglia metterli nel mio piatto!
 
Parla, parla, parla del nulla e io mi annoio.
Mentre siamo fermi al semaforo ci inonda con il resoconto di quello che lui ha o non ha mangiato. Oddio che noia. E poi le sanguisughine... e continua tutto il pranzo. Io penso che siamo terribilmente vecchi, noi, a star lì a parlare di cibo.
 
Siamo appena tornati dal pranzo, infinito, e io che, non so, mi chiedo, ma come ho fatto in passato a sopportarlo, e lui continua ad ammorbarci con il progetto di portare i bambini a Ravenna con i suoi.
In quella famiglia sono tutti pazzi. Ecco cosa sono.
 
Visto che l'obiettivo di farmi rifare mille volte il pezzo non è andato a buon fine, mi fa perdere un'ora nell'aiutarlo a verificare la composizione dei portafogli. E anche qui ha sbagliato le variazioni e le note. Mi chiedo, ma quando fa i provvisori, fa a casaccio?
 
Dopo aver riconquistato la mia scrivania, e aver aggiornato il sito, eccomi nel tentativo disperato di concentrarmi sull'analisi sulla Russia.
Scrivo mezza riga e squilla il telefono, mi mandano delle pagine da controllare con urgenza, e scopro che il proforma fatto con tanta precisione, le tabelle con l'italiano rivisto e corretto con abbondante anticipo sono, semplicemente, state rifatte con un sacco di errori.
 
Intanto il nostro uomo mi assedia con mille domande già fatte e rifatte ottocento volte diversi giorni prima su cose che doveva aver verificato lui. Non riesco a fare nulla. Non so neppure cosa sto scrivendo.
 
Infine, dopo anni di gestione del sito, in cui ognuno è, deve essere, indipendente, mi blocca imponendomi quasi, di mettergli sul sito una grande tabella relativa a un suo articolo. Ora. non sono un'informatica, ne so quanto e meno di lui, lui lavora qui da più tempo, e non sta scritto da nessuna parte che debba farlo io.
Millanta di non avere il programma, ma come, replico io, ce l'abbiamo tutti, ah, non sa più dov'è.
Stiamo parlando di un pc, non di un armadio.
 
Sono le 16:30 del 30 dicembre.
Capisco che lui debba far tardi per questioni di monte ore e di impegni collaterali, ma gli altri no.
Vede che sto cercando di continuare con il lavoro, sa che sono presa, eppure riesce a farmi perdere tempo anche lì.
 
Posso dire ciao ciao al mio treno e anche a quello dopo, e non riesco neppure a concludere l'analisi.
 
Oppongo una ferma, cortese, salda resistenza, soprattutto dopo che lui mi ha estorto il mio aiuto e, subito dopo, è uscito a prendere un caffè con un collega per più di mezz'ora.
Se potessi e se fossi saggia mi alzerei e me ne andrei a casa mollandolo lì.
E' di una sfacciataggine senza pari.
 
Fa apposta a farmi fare tardi.
Alla fine, la tabella se la mette lui, è così pigro da volermi far perdere ulteriore tempo per ricalibrarla.
 
Mentre esco mi chiedo, davvero, come potrò sopportarlo un altro anno.
Come potrò sopportare tutti, il grasso idiota nazionale, questo schizofrenico perfido e astioso, l'altra che ruba la frutta e si fa venire l'ernia e quella che vuole morto il suocero e che ha sposato il marito solo per soldi e non passa giorno senza che lo dica a tutti.
 
Io, davvero, comincio a dubitare delle mie risorse.
 
 

Nessun commento:

Posta un commento