martedì 22 ottobre 2013

Una gelosia tardiva

Entra torvo in ufficio, esibendo il consueto cellulare prima generazione (noi snob non ci facciamo possedere dalla tecnologia).
Con il maglione di ieri, la camicia di ieri l'altro, le scarpe di una vita e jeans non pervenuti bofonchia al telefono. Mostra una falcata ampia e sgangherata. Ma noi intellettuali siamo distratti da questi particolari irrilevanti, che sarà mai un orango se ha gli occhiali?
 
Sprofonda nella sua sedia, dietro una catasta abominevole di scartoffie, ere geologiche di giornali, porta documenti impolverati, oggetti di non ben precisata natura. Nessuno di questi, neppure per errore, ha il verso di uno degli altri.
 
Sguardo fisso e torvo, sembra aver digerito lo schermo del pc mentre iniziamo la riunione.
Non un battito di ciglia, non un respiro. Inerte. Neppure lo scorgo dal mio angolo così sepolto dal ciarpame.
 
Si risveglia solo per dar contro al mio capo, relativamente alle obbligazioni Mps.
E' contrario al consiglio di vendere le obbligazioni della banca disastrata numero 1 oggi in Italia.
Lo dice con stizza, con puntiglio, con capriccio.
Senza convinzione, solo con l'intento di protestare.
Ciccio lascia cadere.
 
Per una volta sono d'accordo con ciccio. Sono così sorpresa da temere una tromba d'aria istantanea.
 
A un certo punto suona il telefono dell'ufficio.
E' mammina oppure una delle sanghisughe.
Come avvolto nell'ovatta allunga l'arto superiore. Non solleva il busto di un millimetro, trillando: - E' una cosa tanto urgente? No perché sarei in riunione.-.
Io e ciccio ci guardiamo costernati per la seconda volta in pochi minuti.
Sono ancora più preoccupata. Due volte d'accordo è grave assai.
 
Le ore passano,  ma il nostro eroe non demorde.
Ogni scusa è buona: esco un secondo per andare in bagno e lo trovo che gironzola al mio tavolo.
Si deve discutere una cosa e ancora si precipita al mio tavolo. Percorre velocemente lo spazio in diagonale che lo separa da me.
E si piazza dietro la schiena.
 
Sento i suoi occhi puntuti che tutto controllano e scrutano.
Fruga lo schermo, fruga la posta, è come se ti frugasse addosso.
 
Sospetta.
Cosa sospetti esattamente, cosa lo preoccupi sul serio, da chi si senta minacciato e in che misura non è chiaro.
 
Ma, privo ormai di ogni attrattiva, non riuscendo più a provocare con i suoi atteggiamenti, orfano di applausi adoranti e di ogni comprensione, fiuta a caccia del nuovo possibile rivale.
Mi marca stretto, rinfacciandomi ogni battuta, e ogni sua parola mi scorre addosso come aria tra le dita di una mano aperta, senza toccarmi.
 
Diverso l'atteggiamento con il povero malcapitato.
Carica l'artiglieria pesante e lo sottopone a una vera lapidazione denigratoria.
Crea le occasioni, le cerca, gli cuce addosso un'immagine come di povero barbone pezzente.
Demolisce i suoi sforzi, ridicolizza le sue fatiche, il suo passato e il suo presente, sottolineando le mancate riuscite vere o presunte.
Con astuzia, con invidia, insiste sui suoi punti deboli, li cerca, li mira e affonda, sottile e cattivo come lui è nella buona carne del nostro uomo.
 
Gelosia, sentimento ridicolo secondo lui, così pieno di sé da attendersi ogni plauso e ogni giustificazione.
 
Benvenuto, amaro sentimento vendicatore.
 
 
 
 
 
 

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