mercoledì 9 ottobre 2013

Discount d'Italia

Se dovessi dare ragione ai buddisti non mi stupirei affatto di questo andamento circolare dell'esistenza.
 
Le tue finanze migliorano, finalmente esci dal girone vorticoso dei discount per entrare nel magico mondo dei super, in cui puoi riempire il carrello comprando più o meno quel che ti pare.
 
Poi succede che i prezzi lievitano fino a esplodere, che le tariffe dei servizi si gonfiano come soufflè e che ti trovi a mantenere una casa più costosa.
I tuoi risparmi mensili si assottigliano. Qualche mese vai addirittura sotto, e ringrazi i soldi risparmiati i mesi precedenti.
 
La crisi è arrivata anche a casa tua, è entrata direttamente dalla cassetta delle lettere, passando per il conto corrente.
Addio attacchi di shopping compulsivo settimanali, addio pacchi di riviste, addio, addio.
 
Dalla porta da cui sono uscita, rientro, al discount.
 
Sono quasi le sette di sera, entro con la mia macchina (una delle più vecchie di tutto il parcheggio della stazione) nel parcheggio del Penny Market.
 
Sono spariti, per fortuna, gli accampamenti di personaggi poco raccomandabili all'uscita, che mi avevano fatto propendere per altri posti.
 
L'idea di essere accerchiata nel parcheggio da questi tizi, mentre armeggio con la spesa non mi rende felice.
Ma stasera non c'è nessuno e io posso quindi prendere il carrello con calma e... riempirlo.
 
Ancor prima di entrare ci sono già problemi.
La porta ad apertura "automatica" non si apre. Quando mi avvicino con la punta del carrello alle due parti automatiche un allarme assordante si mette a gracchiare.
 
Come fosse successo nulla.
 
La porta non si apre, e l'allarme continua a strillare.
 
Dopo cinque imbarazzanti minuti, finalmente, le porte della convenienza si spalancano.
 
Manco quelle funzionano bene...
 
Una volta entrata scopro che hanno cambiato per la settantesima volta la disposizione della merce.
E sempre, magicamente, in modo da rendere meno razionale possibile la disposizione e meno agevole che mai la deambulazione all'interno del posto vendita.
E, infine, non capisco perché, ci si blocca davanti agli yogurt.
Non so c'è sempre un imbuto.
Spostano gli yogurt e spostano anche gli scaffali, che dire...
 
Riempio il carrello dei tipici articoli discount: grissini, yogurt, latte, cereali e legumi secchi per le mie minestre (farro, orzo, lenticchie...) gallette di mais, acqua minerale (costa la metà del primo prezzo al supermercato) couscous assorbenti cotone pecorino cipolle.... e via dicendo. Non compro la carta igienica solo perché ho la casa invasa da rotoli e rotoli.
 
Mi guardo intorno, per osservare la popolazione discount.
Tutti che vagano con carrelloni pieni di articoli malsani (sono l'unica senza merendine o patatine o succhi di frutta), tutti ipnotizzati davanti a scaffali e ripiani semi vuoti.
Già, perché tanti spazi sono vuoti: il motivo è semplice, il personale è troppo scarso.
 
E così, su una lista di 10 cose, due non le trovi di certo.
Garantito, dalla notte dei tempi.
 
Mi avvicino alla cassa. Non faccio in tempo ad appoggiare il primo articolo che la cassiera urla, con una punta di isterismo: - Sono chiusa!-.
Il suo tono di voce, che pur comprendo, mi fa sospettare che nel cast dell'opera, venerdì, ci sia anche lei.
 
Mi scuso e mi dirigo verso l'unica cassa aperta.
Tra le dieci/dodici persone in fila sono una delle poche italiane. E gli altri che lo sono puzzano come caproni, in particolare di birra.
 
Queste casse perverse, con un nastro anteriore lunghissimo e tronche alla fine, ti costringono a gettare tutto alla rinfusa nelle borse (e a me piace mettere tutto in un certo ordine geometrico, separando le cose fresche da quelle che sono a lunga conservazione, mettendo quelle fragili sopra e le altre sotto).
 
Quando finalmente approdo a pagare il conto mi impietosisco per un povero papà mediorientale che il figlio ha tirato scemo con richieste a raffica.
Lo compatisco un po', evitare che il bambino riempia il carrello di caramelle e affini (avete notato come tutto alla cassa è ad altezza bambino nel seggiolino?) e mettere su la spesa, inscatolare, pagare....
 
Tutto come da copione: la cassiera mi lancia il resto sgarbatamente dopo che io ho lanciato la spesa in disordine nelle borse.
 
L'unica soddisfazione: il conto finale, finalmente umano.
 
Esco ed è l'imbrunire.
Esco dal discount con il mio carrello e penso: - Tanto camminare, per tornare al punto di prima.-.
 
Eppure non è il punto di prima.
E' un modo per ritornare a dare il giusto valore a cose e persone.
 
Spero di aver imboccato una nuova, giusta strada.
 

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