Dopo tre giorni la notizia della morte di Alberto Musy è scomparsa dalle prime pagine del Corriere e de La Repubblica.
Resiste, ma ormai in fondo, solo sul sito de La Stampa.
Non è più una notizia nuova e, del resto, non manca un consistente carico di disgrazie più recenti a occupare la mente e l'attenzione dei lettori.
Mi sembra così irreale quello che è successo: un balordo delinquente che si vendica di una persona che non lo ha appoggiato nei suoi poco puliti affari sparandogli.
Un anno e mezzo di coma e poi muore.
Non è una persona qualunque, per me, è stato mio professore all'Università.
Per poco, ma abbastanza per ricordarlo.
L'immagine di questa persona è nitida nella mia mente.
Ma è soprattutto la voce, il ricordo della voce a impressionarmi.
A distanza di anni è come se parlasse adesso.
Lo stupore resta ancora enorme.
Com'è possibile, proprio a persona così...
Non lo conoscevo bene, ma, oltre che bravo (sul serio, non un parolaio), oltre a sembrare una persona di contenuti e non solo di conoscenze e scatole, aveva quell'educazione nei confronti di tutti che mi colpisce costantemente. In quest'epoca berlusconica marcia di tronfi personaggi, volgari presuntuosi e multifaccia altezzosi faceva una certa impressione.
L'impressione che ancora mi fa questo ricordo, di un'aula immersa senza sforzo in un silenzio tombale, dieci anni fa e più, come fosse ieri, con una sola voce a parlare.
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