Secondo me in certi casi può esserlo, e può diventarlo in casi di particolare fragilità personale.
Ieri sera, non riuscendo a sopportare il buffone piangente in ogni dove, sono capitata per caso su Real Time e ho visto l'intera trasmissione "Malati di shopping".
Un'americanata, lo ammetto. Ma alcuni spunti di riflessione sono stati interessanti.
Innanzitutto, il riempire.
Le due ragazze protagoniste vivevano in case stracolme di oggetti.
Ridondanti di cose che a loro non servivano.
Pur trattandosi di casi molto diversi, un'ereditiera e una persona di origini modeste, i punti in comune erano molti.
Oltre al riempire oltremisura, la solitudine.
Questo comportamento compulsivo provocava indirettamente il vuoto intorno (nel caso di chi ha perso amici e familiari cui deve molti soldi) oppure isolamento volontario (nel caso di chi, temendo lo sfruttamento degli altri, si rinchiude in casa ed esce solo per shopping).
Cambiano le cifre, cambiano gli oggetti, ma non cambiano le premesse: un disagio alla base, e l'allontanamento dal mondo reale riversando le proprie aspettative e angosce sugli oggetti, difendendosi con gli oggetti, stordendosi con gli oggetti.
Ne parlo con cognizione di causa. Non con questa gravità, ma ho avuto anch'io qualche problema del genere, nato in concomitanza con l'inizio della crisi sentimentale.
Ho pensato, ingenuamente, che dare un po' di lustro alla mia immagine avrebbe contribuito a rendermi più attraente e interessante (ho il sospetto che gli uomini non notino queste cose).
Complici le vendite online, mi sono riempita la casa e svuotata il portafoglio per avere cose che non mi servivano, anche mal fatte, ma di marca.
A digiuno di vizi da una vita, a corto di progetti di vita, mi sono buttata a capofitto tra scarpe, borse, accessori. E più compravo, e meno ero felice.
Però non lo sapevo, pensavo che mi avrebbero portata più vicina ai miei progetti.
E invece mi allontanavo.
Poi mi sono resa conto, in tempi non sospetti, che stavo risparmiando pochissimo.
Questo mi ha un po' scossa, dato che il mio divertimento preferito da bambina era quello di ammonticchiare le monete del porcellino e guardarle soddisfatta.
Osservando i miei armadi stracolmi, e tutte le cose improponibili che buttavo a sacchi, il disordine permanente, mi sono resa conto che non ero io a possedere gli oggetti, ma loro a possedere me.
A tiranneggiarmi, a dominarmi, a condizionarmi.
Come ho risolto il problema?
Innanzitutto limitando lo shopping online.
Mi sono accorta che il denaro virtuale pesa per la nostra mente meno di quello reale.
E' diverso spendere 100 euro con la carta che di carta.
Quindi provando e vedendo le cose, che così spesso rimangono lì dove sono.
Non comprando mai a prima vista, ma riflettendoci su.
Poi, in questo periodo di promozioni e sconti perenni, alla fine non fa nemmeno più presa su di me la percentuale di sconto, diventata rumore di fondo.
Infine, regalandomi esperienze, invece di oggetti.
A volte più impegnative (richiedono tempo) ma molto più arricchenti, come una mostra, o uno spettacolo. E mi sento meglio, più leggera e più lucida.
E poi, dato che le disponibilità di ognuno sono sempre più scarse, bollette e tasse fungono da potente deterrente in materia.
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