sabato 14 settembre 2013

Un divertimento che diventa un obbligo

L'aperitivo tra colleghi, per farla breve.
Un gruppetto simpatico, che però ha il vizio di uscire tardi dall'ufficio, dato che vive a Milano e dintorni, e arriva tardi al lavoro, facendomi rientrare tardissimo a casa.
 
Forse non è nemmeno il fatto di rientrare tardi, ma è il continuo guardare l'orologio a rovinarmi tutto il divertimento.
Il "disagio" se così possiamo chiamarlo, inizia qualche giorno prima, quando realizzo di dover mettere anche quell'impegno in agenda e quando mi rendo conto del fatto che, giovedì sera, rientrerò a casa alle 10 meno un quarto, dopo circa 15 ore dall'uscita.
 
Il mio entusiasmo scema di colpo.
Mi rendo conto che, nella mia scelta di partecipare a questi appuntamenti c'è da un lato la ragione, che parla a favore, e dall'altra la stanchezza, che rema contro.
Una valutazione logica mi induce ad accettare, non sempre, ma qualche volta di partecipare all'aperitivo aziendale. Mi rendo conto, per esempio, che rifiutare sempre non va bene, provocherebbe una cessazione degli inviti, cosa che davvero vorrei evitare. Non vorrei neppure che pensassero che li snobbo, perché non è affatto vero. E con l'assenza, per vari motivi, di diverse persone che frequentavo, mi sento un po'... scompagnata, ecco.
 
A remare contro ci sono diverse cose.
Intanto il fatto che io arrivo presto in ufficio, verso le 8 e 10, 8 e 20.
Restare senza interruzione fino alle 18 e 30 è pesante e non tanto produttivo.
Pur vivendo in un Paese che del presenzialismo ha fatto la sua bandiera, mi dispiace lo stesso.
Sono davvero stanca, davvero stanca, e più passano i giorni della settimana e più la stanchezza aumenta. Poi, il fatto di prendere il treno tardi, incrociando le dita nella speranza che ci sia, di fare quell'ultimo pezzo con il treno deserto e poi l'assoluta solitudine del pezzo a piedi prima di prendere l'auto mi inquietano. E non mi permettono di vivere serenamente l'occasione. Guardando in continuazione l'orologio, con il rischio di essere percepita come maleducata, mi rendo conto che quello che potrebbe essere un piacevole diversivo si trasforma in un vero e proprio impegno. Mi pesa meno, invece, tornare prima a casa e poi uscire qui dalle mie parti.
 
Cosa penso di fare? Se si riuscisse ad anticipare un po' l'uscita, ma pare difficile, dato che tutti sono dei ritardatari, sarebbe meglio. Diciamo che, con l'inverno incombente, il mio entusiasmo è ancora più basso. Per cui, Natale a parte, direi sospensione degli appuntamenti da novembre a febbraio compreso. Il viaggio in auto è pesante, le code infinite, e poi, anche costoso.
Con la benzina alle stelle 100 km tra andata e ritorno non sono proprio il massimo.
 
 

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