lunedì 16 settembre 2013

Il dolore degli altri, il proprio dolore

Mezz'ora, non di più.
Stamattina nel giro di mezz'ora ho ricevuto due brutte notizie.
La disgrazia è astuta come non mai, viscida e sempre presente, ti attende al varco con estrema pazienza ed è capace di ogni malizia per distrarti.
 
In pochi minuti mi è arrivato un sms che mi informava della morte di una persona giovane, e dopo poco una mail, di cui riconosco la fatica dello scrivere, in cui la mia amica Antonella sentiva l'obbligo e il desiderio insieme, di informarmi della morte, improvvisa, stanotte, del marito di una delle nostre compagne di viaggio.
 
Ho dovuto leggere per due volte il contenuto della mail prima di realizzare il senso della cosa.
 
Mi sono venute le vertigini.
Per un momento molto lungo sono stata sopraffatta dall'emozione, mi si è mozzato il respiro e la testa ha preso a girarmi vorticosamente.  
A fatica mi sono trattenuta dal fuggire in bagno, essendo l'urto insostenibile.
Posso, a ragione, dirmi sconvolta.
Mi sono sentita incapace di tutto: di parlare, di ragionare, di pensare, di respirare, di alzarmi e di stare seduta. Mi sono sentita, esattamente, come un pezzo di cristallo, contro cui hanno scagliato una pietra con estrema violenza. In mille, minuti, acuti pezzi.
 
Non solo per la conoscenza della diretta interessata, posso dirmi partecipe, ma per esperienza diretta.
In poche righe ho ripercorso il mio dramma personale.
Posso mettermi nei panni di Raffaella, posso mettermi nei panni del figlio.
Posso davvero farlo.
 
Io potrei essere lei, mentre sono già stata suo figlio.
 
Posso ripercorrere ogni singolo istante di quella notte maledetta, ogni fotogramma che è rimasto impresso indelebilmente nella mia memoria.
 
Certo, sono sopravvissuta, sono cresciuta, sono andata avanti, in parte ma non del tutto.
 
In un attimo tutta la mia vita è andata in pezzi, in quei frammenti minutissimi che sento pungere dentro di me stamattina.
E, insieme alla mia vita e al mio presente, sono scomparsa anch'io, quella che ero, per sempre.
Non solo la mia vita è cambiata radicalmente, ma anch'io non sono più stata la stessa.
 
Quella me stessa non esiste più e non potrà mai più esistere
E questo è valso per tutti gli altri, per mia mamma, per mia nonna, per tutti intorno a noi.
 
E' stato terribile come tornare indietro, come tornare a contemplare la morte.
 
Mi sono sentita male come una che è andata a tutta velocità dritta contro un muro.
 
C'è un limite alle disgrazie che una persona è in grado di sopportare in un lasso di tempo molto breve.
 
Mi è sembrato di essere una biglia di metallo, che rotola senza fine su uno specchio, fredda e alienata, mentre cercano di trovare un equilibrio alla mia mente traballante e debole, imponendole di puntellarsi con il lavoro. Ci sono volute due ore di estremo turbamento per riuscire a raggiungere un equilibrio mentale minimo e placare le bolle di lava delle mie emozioni fuori controllo.
 
E, in questo contesto, mi sono sembrate davvero puerili tutte le minutaglie in cui si è persa la nostra giornata. Idiozie che il dramma fa impallidire sul serio.
 
 
 
 


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