lunedì 9 settembre 2013

Il ritorno del Grande Ciccio

E' un lunedì di settembre soleggiato, ma dall'aria fresca quello del ritorno del Grande Ciccio.
Verso le 11, non prima, dato che gli eroi non si alzano prima, il Grande Ciccio striscia in azienda, dopo mesi di assenza. Voci di corridoio lo danno alla macchinetta al piano terra, entrato di soppiatto e già precipitato nell'ufficio di Blondie, sprezzante gli sguardi interlocutori e i mormorii altri.
Altre voci lo segnalano intento a prendere il caffè con la bionda donna fatale, indugiando a lungo alla macchinetta. Questo fantasma che aleggia nei corridoi come una presenza minacciosa, tarda a manifestarsi.
 
A tenerlo debitamente lontano il lavoro di chiusura della rivista, che dovrebbe fare lui. E, forse, anche un po' di sana vergogna.
 
Viene udito negli uffici a fianco, dove già aveva rotto il ghiaccio nella settimana di Ferragosto, quando si era presentato giusto per non far nulla a spese dell'azienda quando proprio nulla c'è da fare.
 
Infine, lo immagino fare un sospiro e rassegnarsi a entrare nel nostro stanzone, in cui regna un silenzio gelido sovrastato da una luce metallica.
Una calma diabolica, creata, dopo mille sofferenze, quasi apposta per aumentare il disagio.
 
Ecco che arriva, varca la soglia con fare baldanzoso. La sua mole sferica rotola avvolta nella consueta camicia bianca sofferente, con i jeans lunghezza prima comunione e un paio di ridicoli nuovi zoccoli marroni. A completare questa parvenza da Tony Manero dei poveri, una giacchetta blu cina profilata di bianco, deliziosa addosso a un modello di D&G, problematica addosso a un comune mortale ed esilarante indosso al Ciccio supremo, a questo pulcinella specchio di tempi altrettanto bugiardi.
Alla giacchetta mancano almeno due palmi buoni per parte, per anche soltanto ambire ad avvicinare i lembi, per chiudersi ci vorrebbe un lenzuolo.
 
Entra con un'abbronzatura che puzza come il peccato, rotondo a solare più che mai.
E si lamenta pure, si è preso solo una settimana di ferie - vergognati, giuda, sono due mesi che non ti fai vedere. Come se niente fosse si esibisce in un pirotecnico inizio di racconto di vacanza, cercando di infilare un inizio delle sue disgrazie: - non so se sapete cosa mi è successo.-.
 
A questo punto è però costretto a interrompersi. Il gelo con cui è stata accolta questa notizia ha raggiunto temperature insostenibili perfino per la sua svergognata impudicizia nel mentire.
 
Individuandomi erroneamente come la meno ostile e problematica mi si incolla come una cozza. Il sospetto che il mio profumo, la mia scrivania sgombra su cui ci si può piazzare facilmente, e la mia apparenza innocua renda più semplice interloquire con me, intavola con i due più sempliciotti a suo modo  di vedere, Dani e io, lunghe discussioni sulle vacanze, prima di arrivare al suo cavallo di battaglia, il cibo.
 
Pietro si lascia scappare che è stato alla sagra della lumaca è partito in quarta, manco fosse Benedetta Parodi, a snocciolare ricette su ricette di lumache (salvo poi dire che compra quelle surgelate alla bourguignonne).
 
Ha scelto di spendere la carta berlusconiana insomma. Sfacciato e scintillante come un comignolo di tolla, certo che la miglior difesa sia l'attacco, o meglio il vaudeville in questo caso, volgare come sempre.
 
Cambiare tutto per non cambiare nulla, signori, solo un po' ingrassato. Mica male per un forte depresso, così come mica male una bella vacanza in Salento, tanto ci vado con l'auto aziendale.
 
L'estate, anche quest'anno, è finita. 
 
 

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