lunedì 30 settembre 2013

Una lieve forma di depressione

Sono un po' depressa.
E non c'entra il tempo bigio, il ciclo ormonale o l'ultimo brufolo.
 
Mi sento a un punto morto.
Fatico soprattutto a sopportare il peso dell'ambiente di lavoro e il lavoro.
 
Più volte ho pensato che la presenza dell'omino barbuto mi servisse anche e soprattutto per sopportare questa pesantissima pena quotidiana, che non mi è mai piaciuta fino in fondo e che non mi ha mai interessata davvero.
 
Non so quanto mi interessi.
Ma so quanto mi pesi la routine.
Oggi, al pensiero della solita menata del lunedì, con milioni di aggiornamenti, mi sono appesantita come non mai. Mi sono resa conto che tiravo tardi. Che non ne volevo sapere di entrare al lavoro...
 
Devo ricomporre me stessa.
 
In questi giorni non interagisco granché con il barbuto, e mi sento meglio.
Ma una grande cappa di noia e pesantezza mi perseguita.
Mi sento... come un motorino senza benzina.
 
Mi sento depressa, stanca, tendente al mutismo e al silenzio.
E allo shopping.
E al cibo.
 
Che fare?
 
Ho bisogno di tornare a occuparmi di me.

Lingua biforcuta

Tanto, tanto tempo fa, ho cominciato ad "addomesticare" la mia terribile linguaccia a favore di una persona/personaggio diplomatico, equilibrato, gentile ed educato, molto a modo.
 
Ho lavorato molto su questo punto, con evidente successo.
Forse troppo, perchè mi sono resa conto di dare spesso un'idea diversa dalla realtà.
A chi non mi conosce bene. Ovvero quasi tutto il resto del mondo con pochissime eccezioni.
 
Venerdì m'è scappata la lingua.
 
Già ambivo a prendermi il mio treno e poi a recarmi al supermercato, risparmiando così quella mezza giornata del sabato. Sulla scala mobile vengo "placccata" dall'assicuratore, che mi deve dare la quietanza di pagamento della polizza sulla casa. Per farla breve, mi fa perdere il treno per attendere la di lui moglie. Non capisco tutte queste cerimonie per firmare due fogli. Cerco, con la solita estrema educazione, di spingerlo a cacciare i due fogli, ma la minaccia mi convince a fermarmi :- Se hai fretta passo io domani pomeriggio a casa tua.-. Ahhh, orrore! Devo fare i mestieri....
 
Attendo sul binario facendomi affumicare e aspettando la sospettosa moglie (lo sarei anch'io, mi ha fatto atrocemente il filo per un sacco di tempo). Quando lei scopre che sono una cliente si tranquillizza. Come sempre mi sento in dovere di fare conversazione e quindi parlo, intrattengo, interagisco.
Io vorrei soltanto, al venerdì pomeriggio, farmi i fatti miei.
E le vacanze e qui e là....
E che palle, Santo Cielo.
 
Finchè, per la mia gioia suprema, non ci blocchiamo per strada.
Passaggio a livello guasto e mezz'ora di ritardo. Spesa addio, e mi trovo con i miei interessantissimi compagni di viaggio che, cogliendo la palla al balzo, cercano di rifilarmi, con somma grazia, un tizio.

- Ma tu sei impegnata?- mi chiedono a bruciapelo.
E altrettanto a bruciapelo rispondo: - Certo.-.

Dev'essere stata la mia espressione di supremo allarme e prevenzione fatta persona a far continuare imperterrito il suddetto.
 
- Ah, conosco proprio la persona giusta per te. Conoscendo il tuo carattere è proprio perfetto. A te che sei così precisa (sottolineato venti volte) andrebbe bene un collega di Grazia.-.
 
Modo fantastico per presentare questo soggetto.
Ma continuiamo, e ricordiamoci che si tratta di un venditore, particolare che può meglio far apprezzare la delicatezza nel proporre la "preda".
 
- Guarda è napoletano verace, separato - ma senza figli, eh...- (lì la mia faccia dev'essere stata una maschera di terrore) vive a Mortara.

Cerco in tutti i modi di deviare il discorso, di spostarlo, di involverlo, di depistare il nostro cupido d'assalto, ma non c'è nulla da fare.

Mi attacco al: - Come mai a Mortara.-.
E salta fuori che il soggetto, in fase di separazione, si è trovato in difficoltà e quindi ha accettato la proposta di ospitalità di un collega, un altro, di Mortara appunto, che si è offerto di ospitarlo.
E quest'ultimo, udite udite, si lamenta perché è disordinato! Con gli altri, ovvio.

Eh già, siamo arrivati al momento clou, quello del motivo della separazione.
Uno dei motivi della separazione pare essere stato il fatto che la tizia in questione non fosse una casalinga abbastanza zelante, mentre lui è così preciso, così ordinato, così fiscale....

A questo punto mi sono suonate nel cervello le trombe del giudizio universale: luminoso come la scia della cometa mi è sorto alla mente il ricordo della mia amica Tatiana, e di un fidanzato della di lei madre, tanti anni fa. Lei era terrorizzata da questo tizio alto e antipatico che, per prima cosa, entrato in casa, passava il dito sullo scaffale più alto per vedere se aveva spolverato bene.

Io, giuro, non rispondo di me.

E così, offesa e mortificata, non mi sono più trattenuta e gli ho detto:- Ecco, un suggerimento, digli però di non dirla mai una cosa del genere perché non è affatto un bel biglietto da visita.-.

Potevo evitare, ma non sono più stata capace.

Quello che davvero mi ha offeso è quel supporre di conoscere qualcuno. Precisina? Ossessiva? Ma chi sei per dirlo.... Il fatto che mi ricordi quando mi scadono bolli, assicurazioni, documenti, eccetera, che mi urtino cose tipo schiacciare a caso i tubetti, aprire una cosa quando ce n'è un'altra cominciata e via dicendo, non significa che sia, per esempio, maniaca dell'ordine.
Semplicemente, sono grande e non sciroccata. E se lavori con i numeri non te lo puoi permettere!

Io sono stanca di gente che esprime giudizi su di me avendo un'impressione di me, e non una conoscenza. L'idea che do... Ma io non sono un'idea, sono una persona con una lunga storia alle spalle. E poi, che idea penosa, penosa, penosa sul serio quella di piazzare le persone come le polizze.
Tu che ne sai delle mie esigenze, dei mie desideri.
Io non sono brava, non sono ordinata, non sono pacifica, non sono simpatica.
Spesso faccio finta.
Per sopravvivere alla banalità del quotidiano.
Al cretino di turno, al perfido di turno, perché mi fa comodo passare per scema e per poco brillante, piuttosto che per quella iena che in realtà sono. Perché mi è più semplice far credere che io non entro in competizione.

Ma non è così.

Dulcis in fundo, mi fa:- Dai vediamoci domani pomeriggio, ah, no, lui non può, perché domani alle 6 gioca il Napoli...Eh sai il calcio....

Ma va ciapà di rat.
Ecco.
 
 
 
 

venerdì 27 settembre 2013


Svariate forme di violenza

Nell'immaginario collettivo l'idea di violenza è associata all'aspetto fisico della stessa, alle botte, agli insulti gridati, alle manifestazioni più plateali piatti rotti, porte scardinate.
 
Mi sono resa conto che non è così e che ci sono forme di violenza feroci quanto subdole, che si consumano in silenzio, che minano la sicurezza e l'identità di una persona, con effetti paragonabili a quelli delle altre, ma che raramente finiscono in ospedale.
 
Niente occhi neri, i danni restano circoscritti all'interno.
 
L'ignobile distruzione dell'identità di qualcuno, dell'autostima e della pace personale.
Allusioni, bei discorsi, silenzi opportuni, lunghe pause, tutto volto a mettere in discussione l'adeguatezza di qualcuno. Il copione è semplice, far intendere che, se si fosse diverse, se non ci si comportasse in un certo modo, o se si accettassero certe cose, si otterrebbe il tanto agognato amore dell'altra parte.
E' come precipitare sempre più giù, quello che fai/non fai, è sintomo di quello che sei. Quello che sei non va bene, non è abbastanza, o è troppo, o è sbagliato, o non è al momento giusto.
 
Il passo a credere di non essere meritevoli di quell'amore è breve: sei tu che non vai bene.
E inizia la tua discesa cieca verso gli inferi, fatta di rincorsa verso il nulla e di adeguarsi a qualsiasi cosa.
 
Ad assenze inaccettabili e colpevoli, a palesi bugie, a incredibili rinvii, a impossibili presenze ad assurde rinunce.
 
E' come scivolare nella nebbia, perdendo se stessi, e anche la strada.
Ricostituire un'identità disgregata non è né semplice, né tantomeno veloce.
Passa attraverso il ritrovamento della fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità, nel futuro, ma anche nel presente. Ritrovare il senso di responsabilità verso se stessi, responsabili della propria vita e delle proprie scelte, e riservarsi il diritto di dire, in materia, l'ultima parola.
 
Ognuno di noi è meritevole di amore, restando ciò che è.
 
Infine, la domanda giusta è: - Tu ti comporti bene con me? Meriti il mio amore?-
e non: - Cosa posso fare per avere il tuo a tutti i costi.-

giovedì 26 settembre 2013

Concentrazione

Devo chiudere gli occhi, tapparmi le orecchie, respirare profondamente e pensare solo ed esclusivamente a me. A quello che piace a me, a quello che davvero mi fa stare bene.
Eliminando tutti gli elementi di disturbo, tutti i ricatti, tutte le bugie.

mercoledì 25 settembre 2013

Fuoco alle polveri

Tutto comincia di fronte a un'innocuo caffè mattutino, oggi.
Pietro e io stiamo appoggiati al davanzale della finestra in corridoio, quando lui mi informa che stasera andrà a cena in questo ristorante sul lago, dalle sue parti, dove si mangia pesce, con una nostra ex collega. Una persona simpatica, con cui io non ho legato, ma non per gelosia, solo per mancanza di affinità caratteriali.

Il nostro eroe, solito a sbandierare a me i propri "impegni" con varie esponenti del gentil sesso, mi dice: - Dato che tu e Paola siete andate tutte e due in Giappone pensavo che fossi andata di nascosto con lei.-. Di fronte a quel di nascosto sono schizzata.

Gli ho detto: - Cosa vuol dire di nascosto? Ricordati che non è che devo rendere conto a te di niente. Mi dà fastidio questo rivendicare diritti che fanno presupporre legami che non ci sono. Interessi che non ci sono, e non dico solo sentimentali, anche di altro tipo. E' una lezione difficile da digerire, ma faticosamente l'ho imparata. Mi infastidisce questo essere possessivo, che senso ha?.-.

Lui l'ha presa sul personale, dicendo che era una cattiveria bella e buona, io gli ho risposto che non ero astiosa nei suoi confronti, insomma lui era così e amen, ma di smetterla con queste pantomime.

La cosa più inquietante è che lui continua a sentirsi in diritto di mantenere un rapporto del tutto asimmetrico, in cui lui ha tutti i diritti, uscire con tizia e caia e pure sempronia e controllare me con tanto di diritto di veto.

Ma la vera notizia è che, a me, non frega proprio proprio niente se va a cena con tizia caia o sempronia o con tutte e tre.
Mi sono stancata di questo vivere alla "mezza giornata" da eterni Peter Pan, giovanili e giovinotti con la barba bianca, di tutto questo svolazzare senza mai costruire nulla, e senza mai avere il coraggio di provare.

E' finito il tempo dei ricatti morali, è finito il tempo delle bugie, delle mistificazioni.




L'insostenibile leggerezza della nullità

Chi è il vero stupido?
Chi, secondo un'illuminata citazione, fa del male agli altri senza far del bene a se stesso.
In maniera del tutto gratuita.
 
Il mondo è, dunque, assai pieno di stupidi, che insieme agli idioti e ai cattivi, sono una vera pestilenza.
 
Ieri, la più grande nullità dell'universo ha esercitato il suo potere di squallido tirannucolo nel modo più bieco. Infierendo, cioè, contro chi tira avanti la baracca da anni, evidenza ancor più chiara negli uiltimi mesi. Passi il non riconoscere il valore e l'impegno degli altri, dato il suo assoluto disinteresse verso il suo prossimo e il lavoro.
 
Ma un barlume, neppure di intelligenza, ma proprio di scaltrezza, di spiccia malizia, tale da fargli preferire una falsa partecipazione ai casi umani altrui, e un blando apprezzamento del nostro lavoro, non c'è neppure quello....

Arrivato come una furia, in giornate ad alto tasso isterico, ci troviamo di fronte a un soggetto con evidenti squilibri mentali, palesemente psicotico, la cui cattiveria è stata esacerbata dall'evidenza della sua inutilità. Per mesi non c'è stato e il lavoro è proseguito senza scossoni e senza intoppi. Le riviste sono uscite, puntuali e ben fatte, i progetti sono proseguiti.
E' chiaro come il sole: lui non serve.

Ieri era in fibrillazione, come già vi dicevo, per la preparazione di una riunione a cui deve partecipare in questi giorni. Obiettivo, non raggiunto, progetto, questo sconosciuto, senza la sua coperta di Linus, Ivano, che tutto sa e tutto gestisce.

Come quelli che due ore prima dell'esame tentano di mettere insieme un po' di bigliettini.

Entra verso le dieci e ci sbologna la riunione, non prima di aver detto che il nostro lavoro non gli è piaciuto e che siamo molto regrediti in questo ultimo periodo.
 
Una balla colossale, ma tant'è, stiamo parlando di un uomo che ha fatto della bugia il suo stile di vita e che a furia di dirne non sa neppure più cos'è la verità.
 
Torna nel pomeriggio, dopo che ho spedito una mail con la proposta dei contenuti da trattare nel prossimo numero per cui non ho avuto alcun riscontro.
Probabilmente con l'intento di rovesciarci addosso la sua frustrazione prendendosela con qualche inerme sottoposto che non può difendersi come vorrebbe.
 
Entra in ufficio e lo accoglie un gelo mortale.
Un silenzio di cristallo, come fosse entrato un fantasma. Nessuno si gira, nessuno lo guarda, nessuno lo considera.
Io continuo a lavorare, per me non esiste, così pure gli altri.
 
L'indifferenza lo irrita parecchio, e torna dopo mezz'ora circa, affacciandosi astioso verso Michela, senza comunicare che vuole. La chiama fuori è la riempie di quello che sono, in bella sostanza, insulti. Le dice che non sta facendo il suo lavoro, che gli articoli mancano di spina dorsale (che detto a una persona da poco operata di ernia al disco è davvero una battuta di bassa lega). Insomma, un modo di votimare addosso del fango del tutto ingiustificato addosso a degli encomiabili lavoratori.
 
E proprio perché economiabili, sempre presenti, efficienti, bravi, lui ce l'ha con noi.
E ci rende la vita un inferno.
 
Ora, credo che non abbia avuto il coraggio di riversarci addosso il suo odio tutti insieme.
Per timore, timore che, quando la misura sarà davvero colma, ci alzeremo in piedi, chiuderemo la porta e inizieremo a pestare duro.

Ecco, mi sento svuotata.
Questo è il termine giusto.
E' da ieri che sono sostanzialmente svuotata.
Qualsiasi cosa faccia o non faccia non va bene, in modo del tutto arbitrario e senza senso.
Tutto l'impegno, la fatica, la dedizione profusa non valgono nulla, anzi.

E, quanto di peggio, non sto imparando nulla.

Sono in bilico tra la dedizione e l'etica lavorativa e un vero e proprio deserto emotivo, in cui, ormai, non c'è più rabbia, non c'è più astio, non c'è più nulla.
Dell'approvazione di uno stolto non mi importa nulla, ma almeno, dico io, vivere tranquilli.....






 

martedì 24 settembre 2013

Resistere alle tentazioni

Avete presente quando l'avvoltoio individua la preda?
Spietatamente gira intorno alla vittima, dopo averla individuata dall'alto, lentamente la scuta e con estrema freddezza e precisione si avvicina, certa di ghermirla.
 
Così la sottoscritta, annoiata e un po' frustrata, ha individuato il pollo.
O meglio, glielo hanno proposto in passato più volte.
Anzi, i polli in questione sono due o tre.
 
Brave persone, non esattamente il prototipo dell'uomo desiderabile, di carattere amabile e facilmente acchiappabili con un minimo (ma proprio minimo) impegno.
Minima spesa massima resa, per farla breve.
 
Basta un pochino di attenzione, qualche blando invito a cui certamente corrisponderà un assenso un po' sorpreso e il successo è a portata di mano.
 
Ma che vogliamo fare? Fino a oggi sono sempre stata, a seconda dei punti di vista, encomiabilmente corretta oppure ingenuamente disinteressata. A caccia di qualcosa di autentico e duraturo (se non per tutta la vita quasi) ho inseguito chimere di ogni sorta, presenti spesso solo nelle mia mente, fantasie che nulla avevano a che fare con la realtà e con il lato umano dei depositari dei miei alti interessi. 
Ma ora, non so, a furia di inseguire il nulla, non è che sono rimasta senza fiato, ma quasi senza illusioni.
 
E il diavoletto cinico che sta dentro di me intona il canto delle sirene.
Facile, veloce e certo.
 
Certa che i miei sogni non esistano più, mi chiedo cosa davvero voglio e cosa posso ragionevolemnte ottenere.
E la lusinga del facile veloce certo e tranquillo è tanta.
 
Non sono quasi mai scesa a compromessi convenienti, che ritengo un vendersi a poco prezzo.
Ma l'età si coniuga con il realismo e da tempo non mi sento più Don Quiyote.
Brutta, cattiva e difficile, questa è la realtà che circonda ognuno di noi.
E a furia di frequentare gente che è stata cattiva con me, un po' lo sono diventata anch'io.
 
Ma mi ripeto, in questi giorni, stai lontana dalle tentazioni, in particolare da quella di fare del male.
 
Perchè sai benissimo che la breve soddisfazione di essere riuscita, finalmente, a centrare un obiettivo, è poca cosa, e, nonostante tutto, non ti basterà a lungo.
Questo problema, di mettersi tranquilla e di mettere la testa a posto, scegliendo i candidati "giusti", cioè quelli d'accordo a prescindere dal mio incoraggiamento, non mi riesce di risolverlo.
E continuo, alla fine, a essere una "testa calda", così diversa da quello che sembra contemplando la superficie.
 
Il problema è che, malgrado tutto, continuo a sperare nell'amore e, per rispondere a tante domande, mi interessano gli squinternati, perchè io lo sono, e pretendo da un mio pari esagitato un comportamento da promesso sposo....
 
Devo lavorare per sintonizzare esigenze e desideri su quello che sono sul serio, perchè così c'è un po' di casino.
 
E si vede.
 
 
 
 
 

lunedì 23 settembre 2013

Sempre più Ciccio

Come un attore consumato si prepara a calcare la scena calandosi nella parte e finendo per comportarsi come il suo personaggio, come un bambino punta i piedi cercando così di distrarre in ogni modo la mamma che sta per beccarlo con le mani nella marmellata, così Ciccio il Grande si sta scaldando prima della sua ascesa alla casa madre.
 
Dove dovrà render conto del suo non operato. Sì, esattamente, non operato.
Perché da circa sei anni si sta occupando di un progetto che, per una serie di motivi, tra cui il primo è una fannullonaggine diffusa, non ha ancora visto la luce.
Pardon, non ha ancora visto un progetto vero.
 
Ma come, ha balbettato fingendo di meravigliarsi, ma come, ha ripetuto con una voce fintamente cavernosa, ma come, ha biascicato con sguardo perso, io sono stato male, sono stato via, dimenticando, o sperando che lo facessero gli altri, che in realtà è stato via due mesi, di cui uno di ferie, che su 6 anni, beh, sono davvero poco.
 
Eppure sì, è chiamato a render conto e, ancora una volta incarnerà il prototipo del italiano berlusconico, un po' piacione e un po' lamentoso, un po' vittima e un po' geniaccio (quest'ultima ambizione sua la vedo davvero davvero complicata a realizzarsi).
E ancora una volta dovrà barcamenarsi con una marea di bugie atte a coprire il suo... nulla.
 
Come un boxeur si scalda, lui fa appello a tutta la sua rognosità in questo lunedì di fine settembre.
 
E oggi fa faville, passando in rassegna ognuno di noi e attaccandosi, perfino, in mancanza d'altro a maiuscole e minuscole che "non capisce".
Ecco, io sono annientata da questa affermazione. Le maiuscole e le minuscole non si capiscono. Si scrivono e basta, ove prescritte dalla grammatica.
 
Dopo aver fatto cambiare pagine della rivista in corsa, fatto scrivere e riscrivere articoli di cui "non era convinto", giusto per rognare a vuoto, dopo aver fatto impazzire la gente a ritagliare gli articoli in modo acconcio a comporre le pagine, dopo essersi perso delle pagine, averle mandate a caso in produzione, mi telefona.
 
Vedo il numero e penso:- Ah ecco mi sembrava strano.-
Mi dice:- Io vedo qui delle obbligazioni che rendono meno del 2%. Non abbiamo delle obbligazioni che durano poco, rendono di più, che siano sicure e, beh, non emesse da banche? -
Io penso: sì ecco e magari abbiamo pure il biglietto vincente della lotteria, e te lo faccio portare subito dalla velina bionda...
 
Con fatica, cercando di non ruggire troppo forte di fronte a questa richiesta, diciamo, singolare, considerando il fatto che ho speso una pagina intera, appena sette giorni prima, a spiegare il perché della diminuzione dei tassi delle obbligazioni in euro nell'ultimo periodo, gli spiego che, in sintesi, la quadratura del cerchio ancora non è stata scoperta.
 
Che facendo salvi rating passabile, eliminando una serie di emittenti considerati "pericolosi" (salvo poi consigliare come affare del secolo la Grecia, no comment), una durata breve, ecco di obbligazioni redditizie come vuole lui non ce ne sono. In tal caso mi preoccuperei, perché l'esperienza insegna che quando un bond rende troppo rispetto alla media c'è un grosso guaio all'orizzonte, e non un grosso affare.
 
Ma questo lui non lo ha ancora capito, sempre vittima del miraggio dell'affare del secolo, che è appunto un mito, dato che gli affari del secolo li fanno le grandi banche d'affari e non l'uomo qualunque. Il suo sogno è quello di affermare: - Io ho fatto guadagnare un sacco la gente.-.
Eh, intanto non farla perdere, e poi parliamo del resto.
Ma pare che far cambiare le obbligazioni a cavolo sia l'ultimo divertimento, dato che è la seconda settimana che me le fa sostituire in corsa manco fosse il gioco delle tre carte, metti qui, togli là, e io odio dare consigli così su due piedi.
 
Tra mille scemenze, compreso il cercare di cavalcare la lotta all'untore, e l'insulto del Nemico (i soliti belgi colpevoli di avercela con lui), la grande congiura insomma, che punta a scalzarlo, tanto per sollevare polverone inutile, stancarti e distoglierti dalle cose serie (avrà mica parenti in Iran o Corea del Nord? Mah, devo chiederglielo), la giornata passa faticosamente.
 
Verso le 5 arriva allarmato Pietro che mi fa: - Scusa hai visto che modifiche ha fatto a pagina 10 (una delle mie pagine, verso cui ho attaccamento canino e che di norma è impeccabile, tanto che il massimo che mi può contestare è una maiuscola o una minuscola per questioni di gusto. Le maiuscole non sono questione di gusto accidenti). No perché mi parlava di un acquisto...-.
 
Oddio, ho pensato, il Portogallo! Oddio, il Portogallo che volevamo far vendere a tutti i costi prima che facesse di nuovo casino e di lui non ha voluto disfarsene. Repentinamente mi è passata dal volto l'espressione attonita alla Marat pugnalato nella vasca da bagno per sostituirla con quella di Danton che inveisce contro Luigi XVI.
 
La cosa peggiore che puoi fare per farmi incavolare all'istante sul lavoro è cambiarmi di sfrodo i consigli che appaiono nella mia parte di giornale con la mia faccia e il mio nome&cognome senza dirmelo. Giuro, perdo le staffe. E lo spettacolo non è bello.
 
Controllo e, sospirone, il consiglio è ancora quello di prima.
Meno male, per lui intendo.
Ero già pronta a chiamare in produzione per farlo ricambiare.
 
Ergo, domani prepariamoci a una lunga serie di idiozie roboanti.
Mentre, l'unica cosa da fare era.... fare i compiti, ecco, prima dell'inizio della scuola.
 
 

Il limite del sogno

Devo capitolare, infine.
Ti penso, non faccio altro che pensarti, mattina, pomeriggio, sera e notte.
E ti sogno pure, talvolta.
 
Contemplo la tua bella faccia in versione bidimensionale, interrompendomi di continuo, ridicolmente infatuata, persa in adolescenziali supposizioni.
 
Sarebbe questo l'amore, questo insieme di sdolcinati aneliti?
Sono innamorata di te?
 
Non credo proprio, perchè io non ti conosco.
Sei un bel contenitore per le mie esigenze, un giusto collocamento per i miei sogni, un'immagine confortante nei momenti di noia, un comodo passatempo, un bel fantoccio a cui attribuire tutte le virtù, un bambolotto virtuale da vestire di ogni attitudine, un personaggio da scrivere e riscrivere a ogni piè sospinto.
 
La malattia di Petrarca, insomma, mi ha colta nel suo più subdolo sintomo, quello che fa di me una sospirante sognatrice che si avvia alla mezza età.
 
Volere, non volere, cercare, sognare.
 
Ma c'è un limite al sogno, quello dell'esigenza vera.
Questo sogno, però, ha tutte le componenti della paura.
Paura, soprattutto, che il sogno assuma componenti tangibili e che dalla sublime leggerezza del fantasma che posso evocare ed esorcizzare a piacimento mi trovi a fare i conti con una responsabile presenza continua, paradisiaca e infernale insieme.
 
Saprà la nostra eroina smettere di fare comportarsi come cavallo pazzo e accettare le responsabilità della presenza guidata da un maturo coraggio?
 
 
 
 
 
 
 

L'esperienza

L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione.
                                                                                                                   Oscar Wilde

giovedì 19 settembre 2013

Il gusto salato delle lacrime

L'unico modo per tenere insieme i pezzi è cementarli con una colla molto potente.
L'unico modo per resistere alla forza centrifuga dell'esistenza è quello di compattare se stessi, emozioni, sentimenti, reazioni.
 
Sempre e comunque sotto controllo ferreo.
Sempre filtrate, sempre schermate, sempre schiacciate.
 
Non so, sarà il buio della notte, sarà la stanchezza, sarà l'insonnia, sarà questo autunno che incombe e che mi lascia addosso un gelo mortale, e le mie lacrime salate cominciano a sorgere dai miei occhi segnati.
Affiorano inesorabilmente, minacciano di tracimare.
 
Mi commuovo pensando al passato, mi commuovo ricordando il passato.
Rivedo la vecchia casa in ogni suo particolare, una casa modesta di campagna a due piani, con due stanze e una scala in mezzo.
Ogni particolare del giardino, il portoncino in legno, il salice piangente, il pino argentato, il varco per arrivare nell'orto e lo spiazzo davanti al giardino.
Dove prima c'erano le galline, e dove, sotto un grande pino, d'estate mettevamo le sedie in cerchio per parlare, nel pomeriggio.
A fianco del "luogo del pentolone" dove per ore e ore cuoceva la famigerata "salsa" di pomodoro, una versione nordica con la consistenza di un buco nero atta a fare... non si sa che.
 
Forse a mancarmi sono più le cose e le consuetudini che non le persone vere.
Quello che sento che mi è stato portato via è quella calma, quella tranquillità patinata di noia propria delle consuetudini, della conoscenza eterna, delle abitudini di famiglia. La famiglia, appunto.
Che a seguito di tutta questa brutta faccenda è giocoforza finita in mille, minuti e acutissimi pezzi.
 
Sono questi pezzi, probabilmente, ad agitarsi acuti nel mio cuore, ormai quello di un orfano, stanotte.
 
 

Come ti spaccio la famiglia

In un piovoso pomeriggio domenicale mi trovo al cinema a vedere questo film, che viene giudicato positivamente dalla critica cinematografica su internet.
 
Mi piacerebbe sapere il perchè.
 
In un'ora e mezza di spettacolo mi sono trovata a vedere una serie di attori bellocci e finti di chiaro stampo americano che recitavano sena infamia e senza lode una melensa e scioccherella commedia fatta di "tipi" e non di personaggi. La trama, deboluccia, un bel traffico internazionale di droga con tutti gli ingredenti del caso, e, tra narcotrafficanti pericolosissimi messicani e ovvie storie d'amore annunciate ancor prima del titolo, siamo arrivati alla fine.

Mi è dispiaciuto vedere Jennifer Aniston (che a me è simpatica) così gonfia per il botulino...
Le è un po' scappata la mano con i ritocchini, anche per il corpo....

Per dire, una delle scene madri vede il pericolosissimo narcotrafficante armato di pistolone messo ko dall'agente cicciottone, in bermuda e ciabatte... con una tazza da colazione!

Che gran film, nulla da dire.
 
 

martedì 17 settembre 2013

Gattomania







Una risposta illuminante

Ieri sera ho letto una risposta illuminante su un giornale apparentemente innocuo, Donna Moderna.
 
Chiara Gamberale ha risposto a una lettrice, in fase di divorzio da un marito assente e che ora ha un'altra relazione, che è vessata dal marito medesimo, che non la vuole lasciare andare e continua a opporre ogni sorta di scemenza per procrastinare la fine ufficiale del rapporto.
 
Ha risposto che detesta le persone che non sanno esserci, ma non sanno nemmeno non esserci e tengono in ostaggio la tua vita.
 
E noi, quante ne incontriamo?
 
Tante, e sono le peggiori.
 
E una di queste è proprio Pietro, che non sa assumersi le sue responsabilità, anche di fronte a se stesso, ma non sa neppure "mollare del tutto la presa".
 
Illuminante, mi ha ricordato quello che io davvero detesto di più, la vigliaccheria.

lunedì 16 settembre 2013

L'invadenza delle nullità

Finito il periodo di vacche grasse, di lavoro serio e produttivo.
Sissignora, da domani, anzi, da oggi impera il gran panzone, tornato ancora più tronfio e grasso dalla lunga vacatio.
L'obiettivo è chiaro, riportare le truppe, qualora ce ne fosse necessità, nei ranghi, smussando ogni tentativo di insubordinazione. Il piano è semplice, far perdere tempo e infinitamente energie stremandoli con inezie ed idiozie di ogni genere.

Novità di oggi, pare che il termine debito pubblico sia troppo difficile.
Non si capisce, insomma.
Così come altri termini tecnici, tipo patrimonio di vigilanza....

E io che perdo ore dietro i capricci di un deficiente il cui unico scopo è tiranneggiare i poveri sottoposti, scaricando loro addosso le sue frustrazioni.

Ore a cercare cose che non esistono.
Ore perse ad ascoltare un idiota che straparla.

Mi chiedo per cosa mi paghino, oltre che per scrivere su quello che lui vorrebbe essere una Novella 3000 della finanza, trattando i lettori come dei deficienti analfabeti.
Da tempo mi sono resa conto che niente e nessuno mi salveranno dal dolore che mi è stato destinato.
 
Dopo aver passato anni a cercare di proteggermi da tutto e da tutti, anche a costo di sabotarmi, ho capito che neppure smettendo di vivere potrò mettermi al riparo dal mio destino di dolori grandi e piccoli. Un paio di grandi dispiaceri e un paio almeno di lutti mi hanno resa timorosa di tutto, diffidente e prevenuta, ansiosa e tentennante, istericamente sensibile, inevitabilmente cieca.
 
E ora, dopo aver capito che chiudere gli occhi e nascondersi non serve a proteggersi dal dolore, mi sento sollevata, quanto mi ha fatto soffrire tutto questo timore...

Il dolore degli altri, il proprio dolore

Mezz'ora, non di più.
Stamattina nel giro di mezz'ora ho ricevuto due brutte notizie.
La disgrazia è astuta come non mai, viscida e sempre presente, ti attende al varco con estrema pazienza ed è capace di ogni malizia per distrarti.
 
In pochi minuti mi è arrivato un sms che mi informava della morte di una persona giovane, e dopo poco una mail, di cui riconosco la fatica dello scrivere, in cui la mia amica Antonella sentiva l'obbligo e il desiderio insieme, di informarmi della morte, improvvisa, stanotte, del marito di una delle nostre compagne di viaggio.
 
Ho dovuto leggere per due volte il contenuto della mail prima di realizzare il senso della cosa.
 
Mi sono venute le vertigini.
Per un momento molto lungo sono stata sopraffatta dall'emozione, mi si è mozzato il respiro e la testa ha preso a girarmi vorticosamente.  
A fatica mi sono trattenuta dal fuggire in bagno, essendo l'urto insostenibile.
Posso, a ragione, dirmi sconvolta.
Mi sono sentita incapace di tutto: di parlare, di ragionare, di pensare, di respirare, di alzarmi e di stare seduta. Mi sono sentita, esattamente, come un pezzo di cristallo, contro cui hanno scagliato una pietra con estrema violenza. In mille, minuti, acuti pezzi.
 
Non solo per la conoscenza della diretta interessata, posso dirmi partecipe, ma per esperienza diretta.
In poche righe ho ripercorso il mio dramma personale.
Posso mettermi nei panni di Raffaella, posso mettermi nei panni del figlio.
Posso davvero farlo.
 
Io potrei essere lei, mentre sono già stata suo figlio.
 
Posso ripercorrere ogni singolo istante di quella notte maledetta, ogni fotogramma che è rimasto impresso indelebilmente nella mia memoria.
 
Certo, sono sopravvissuta, sono cresciuta, sono andata avanti, in parte ma non del tutto.
 
In un attimo tutta la mia vita è andata in pezzi, in quei frammenti minutissimi che sento pungere dentro di me stamattina.
E, insieme alla mia vita e al mio presente, sono scomparsa anch'io, quella che ero, per sempre.
Non solo la mia vita è cambiata radicalmente, ma anch'io non sono più stata la stessa.
 
Quella me stessa non esiste più e non potrà mai più esistere
E questo è valso per tutti gli altri, per mia mamma, per mia nonna, per tutti intorno a noi.
 
E' stato terribile come tornare indietro, come tornare a contemplare la morte.
 
Mi sono sentita male come una che è andata a tutta velocità dritta contro un muro.
 
C'è un limite alle disgrazie che una persona è in grado di sopportare in un lasso di tempo molto breve.
 
Mi è sembrato di essere una biglia di metallo, che rotola senza fine su uno specchio, fredda e alienata, mentre cercano di trovare un equilibrio alla mia mente traballante e debole, imponendole di puntellarsi con il lavoro. Ci sono volute due ore di estremo turbamento per riuscire a raggiungere un equilibrio mentale minimo e placare le bolle di lava delle mie emozioni fuori controllo.
 
E, in questo contesto, mi sono sembrate davvero puerili tutte le minutaglie in cui si è persa la nostra giornata. Idiozie che il dramma fa impallidire sul serio.
 
 
 
 


domenica 15 settembre 2013

Riso Jasmine con tonno fresco pomodorini e zenzero

Come realizzare un pranzo al lavoro pratico e comodo da portare?
Ho provato con questo piatto.

Ingredienti:

riso Jasmine
tonno fresco in una fetta
pomodorini
olio
aglio
zenzero fresco
peperoncino
origano
sale
sesamo
 
Ho fatto bollire in acqua salata il riso per circa 12 minuti, mentre nel frattempo ho fatto soffriggere l'aglio nell'olio. Ho aggiunto i pomodorini maturi, tagliati a metà e privati dei semi. Ho anche aggiunto dello zenzero fresco, tagliato a cubetti e un peperoncino sbriciolato.
Infine, ho aggiunto il tonno fresco tagliato a cubetti, precedentemente sciacquato sotto il rubinetto per togliere un po' di gusto forte. Ho cotto bene il tutto aggiungendo il riso e completando con origano e sesamo (si trova nei negozi di cucina naturale).

L'autunno è arrivato

Zitto zitto è arrivato l'autunno, con questo freddo che coglie a tradimento.
Dopo settimane di sole e temperature deliziose, alle dolci giornate settembrine si è sostituita una domenica fredda, piovosa e dall'aria tagliente.
Accompagnato come sempre da un forte bruciore di gola, colpa mia, lo ammetto, dato che non ho saputo resistere alla tentazione di prendere freddo, snobbando canottiere e giubbotti fino all'ultimo e bardandomi sono con un golfino striminzito.
 
Eccomi quindi sepolta in una felpa, mentre sto rimandando mille impegni.
Non riesco davvero a starci più dietro, tra aperitivi, cene, pizze e chi più ne ha più ne metta ho una casa come un campo di battaglia e sono sempre stanca morta.
 
Il punto è che mi sento sempre in colpa a disattendere le aspettative altrui.
Quindi dico sempre di sì e poi fatico a far quadrare tutto, non ci riesco, naturalmente e sono sempre nervosa. Mi sono imposta questo limite, non più di due cose a settimana, non di più perché altrimenti esplodo, non mi godo il momento e faccio danni.
 
Sono sempre di fretta, sempre. E sempre in ritardo.
Perdo le cose, mi cadono....
Insomma, ho bisogno di darci un taglio.
 
Quello che ho bisogno di fare è semplicemente una cosa sola per volta e non di più.
Solo quella cosa, pensare a quella cosa, fare solo quella cosa e basta.
Mentre di solito ne faccio tre/quattro in contemporanea.
 
Multitasking=multistupid a mio parere...
 
Parola d'ordine autunnale: sfrondare.
 

sabato 14 settembre 2013

Acquisti autunnali

Per rimanere in tema di post "leggeri", questo è quanto vorrei comprarmi per l'autunno.
 
Ho visto nel negozio di Nara Camicie a Milano in via Torino una semplicissima camicia nera profilata di bianco. Lasciando perdere tutte le mie paranoie da lavaggio (e se stinge?), mi piacerebbe comprarla, abbinandola con i jeans e con degli stivaletti neri a tacco alto.
Voglio la zeppa, la desidero, perché non so stare in piedi con dei tacchi sottili.
Penso che setaccerò il Centro Stock in via Torino per questo, non volendo cineserie.
 
Infine, desidero un abito spezzato, ovvero uno di quelli con corpino a camicia e gonna nera. Ne ho visti di belli sul sito di Dorothy Perkins, ma sono troppo cari al momento per le mie finanze.
Attenderò qualche promozione....

Un divertimento che diventa un obbligo

L'aperitivo tra colleghi, per farla breve.
Un gruppetto simpatico, che però ha il vizio di uscire tardi dall'ufficio, dato che vive a Milano e dintorni, e arriva tardi al lavoro, facendomi rientrare tardissimo a casa.
 
Forse non è nemmeno il fatto di rientrare tardi, ma è il continuo guardare l'orologio a rovinarmi tutto il divertimento.
Il "disagio" se così possiamo chiamarlo, inizia qualche giorno prima, quando realizzo di dover mettere anche quell'impegno in agenda e quando mi rendo conto del fatto che, giovedì sera, rientrerò a casa alle 10 meno un quarto, dopo circa 15 ore dall'uscita.
 
Il mio entusiasmo scema di colpo.
Mi rendo conto che, nella mia scelta di partecipare a questi appuntamenti c'è da un lato la ragione, che parla a favore, e dall'altra la stanchezza, che rema contro.
Una valutazione logica mi induce ad accettare, non sempre, ma qualche volta di partecipare all'aperitivo aziendale. Mi rendo conto, per esempio, che rifiutare sempre non va bene, provocherebbe una cessazione degli inviti, cosa che davvero vorrei evitare. Non vorrei neppure che pensassero che li snobbo, perché non è affatto vero. E con l'assenza, per vari motivi, di diverse persone che frequentavo, mi sento un po'... scompagnata, ecco.
 
A remare contro ci sono diverse cose.
Intanto il fatto che io arrivo presto in ufficio, verso le 8 e 10, 8 e 20.
Restare senza interruzione fino alle 18 e 30 è pesante e non tanto produttivo.
Pur vivendo in un Paese che del presenzialismo ha fatto la sua bandiera, mi dispiace lo stesso.
Sono davvero stanca, davvero stanca, e più passano i giorni della settimana e più la stanchezza aumenta. Poi, il fatto di prendere il treno tardi, incrociando le dita nella speranza che ci sia, di fare quell'ultimo pezzo con il treno deserto e poi l'assoluta solitudine del pezzo a piedi prima di prendere l'auto mi inquietano. E non mi permettono di vivere serenamente l'occasione. Guardando in continuazione l'orologio, con il rischio di essere percepita come maleducata, mi rendo conto che quello che potrebbe essere un piacevole diversivo si trasforma in un vero e proprio impegno. Mi pesa meno, invece, tornare prima a casa e poi uscire qui dalle mie parti.
 
Cosa penso di fare? Se si riuscisse ad anticipare un po' l'uscita, ma pare difficile, dato che tutti sono dei ritardatari, sarebbe meglio. Diciamo che, con l'inverno incombente, il mio entusiasmo è ancora più basso. Per cui, Natale a parte, direi sospensione degli appuntamenti da novembre a febbraio compreso. Il viaggio in auto è pesante, le code infinite, e poi, anche costoso.
Con la benzina alle stelle 100 km tra andata e ritorno non sono proprio il massimo.
 
 

mercoledì 11 settembre 2013

11 settembre

Ognuno ha il suo 11 settembre nella memoria. C'è chi compie gli anni.
Chi ricorda il golpe in Cile, e chi l'attentato delle Torri gemelle.
 
Io l'11 settembre 2001, alle tre e mezza del pomeriggio, ero in camera mia, intenta a dare l'ultimo ripasso e a fare gli ultimi esercizi in vista dell'esame di statistica del giorno dopo.
 
Mia mamma in cucina a stirare, e a chiacchierare con la Claudia venuta a bere il caffè.
 
Ricordo di esser stata chiamata da lei e di aver acceso la tv in salotto.
Sono stata incollata al video incredula per lunghi interminabili minuti a vedere le torri che crollavano.
 
Il resto, la ridda di notizie, speciali, polemiche, guerra, sangue e infinite disgrazie, la conoscete anche voi. 

Shampoomania

Credo di avere un problema serio.
 
Ieri, stanca, svuotata da riunione e lavoro estenuante, non me la sentivo di tornare subito a casa.
Ho così deciso di fare un rapido giro in uno dei soliti centri cinesi vicino casa, quelli con ogni sorta di cineseria a buon mercato, casalinghi, ecc.
 
Tornata a casa con un bottino liberatorio mi sono accorta di avere almeno 6 o 7 bottigliette di shampoo aperte, tutte diverse tra loro. Nessuno va bene e io ho comunque i capelli più schifosi del mondo.
 
Allora, ricapitolando, ho tre flaconi aperti nella doccia al piano di sotto, quattro di sopra, o cinque magari me ne è sfuggito qualcuno... E poi ci sono quelli di scorta, che diamine.
 
Non parliamo di docciaschiuma o affini. Quando non so che fare, compro un sapone, un flacone di balsamo, di docciaschiuma, delle salviettine...
Tutto per pulirsi.
E mi sono chiesta il perché.
Perché questa mania che ho fin da piccola per cose di questo tipo, ma di basso costo.
 
Perché mi chiedo... se poi mi dimentico di comprare gli assorbenti?

Come prima, peggio di prima

Sono le dieci e mezza circa, del primo mattino nebbioso di quest'autunno incombente.
Saltellando arriva bardato nella giacca come un wurstel nella pancetta. Entra in ufficio come un giullare il grande Ciccio, tossicchiando nel solito moto innaturale.
 
Si rivolge a Danilo, che in quel momento sta pensando di essere trasparente e gli rivolge la stessa attenzione che avrebbe riservato al fantasma del Capitano Nemo.
 
- Ho la tosse, ho la tosse, sarà mica l'aviaria? Ho sentito che ci sono già stati tre casi, e noi, noi non abbiamo scritto niente?.-
 
Vorremmo dirgli che non siamo il bollettino del Ministero della Salute, ma tant'è, la minaccia della Peste Nera, che nel corso dei secoli si manifesta sotto diverse forme e nomi, ma sempre con la solita promessa, sterminare gli inermi contagiati e far schizzare alle stelle il valore delle azioni delle case farmaceutiche che vendono il prodotto miracoloso in grado di guarire la malattia è uno dei suoi cavalli di battaglia.
 
Dopo aver cercato di imporci il vaccino contro l'influenza, aver cercato di vietarci il consumo di carne avicola, arriva con la solita scoperta.
 
- Cosa devo prendere? Eh, cosa devo prendere?-.
E inizia a gongolare roteando sulla sua ciccezza.
 
Danilo, già gelido e ora proprio ibernato, gli risponde ancor più freddo di un iceberg: - Ah, guarda non so proprio.-.
 
Io lo guardo serio e gli dico: - Io, fossi in te, verificherei di non avere la febbre. In caso contrario... Non c'è scelta, centro malattie infettive, e alla svelta.-.
 
Alessandra corre in bagno a lavarsi la mano che le ha appena stretto, inorridita. Oddio, l'aviaria! Urla in corridoio.
 
Un po' sconcertato dalle nostre reazioni (avesse sentito come abbiamo commentato il suo look di ieri, ho ipotizzato che oggi avrebbe tentato un look da domatore, rosso fiammante e bottone di latta dorato fine e poco impegnativo), dice: - Ma no, intendevo dire che dobbiamo fare un pezzo sul tamiflu.-.
Si è messo in testa, in passato, che questa cosa, indicata come rimedio per la Sars senza particolare evidenza scientifica, vada bene anche per l'aviaria, che "tanto è più o meno la stessa cosa".
 
E che la casa farmaceutica che lo produce possa essere l'Affare del Secolo in Borsa, insomma, una specie di Mody Dick per ciccio, che fine nel mito dell'affare miracoloso che lo proietterà, nonostante tutti gli errori e le scemenze fatte in passato, nonché le liti del tutto inutili nell'empireo nei best dei best dell'azienda.
 
E mentre lui fa sogni di gloria con corone di alloro che piovono sulla sua testa, il nostro pover'uomo deve scrivere l'ennesimo pezzo delirante su un'azienda che... aviaria e mica aviaria, non è cresciuta per niente, sbuffando come una caffettiera, mentre i soliti sfaccendati cercano notizie sui tre decessi per aviaria (manco uno...).
 
E noi proponiamo un busto marmorizzato dell'essere da piazzare subito nell'anticamera della sede generale. Con lui dentro.

martedì 10 settembre 2013

Fatti chiamare dalla mamma

Prima riunione, dopo due mesi.
Quella che sembrava una mise estemporanea, camicia in sofferenza e giacchetta metà misura, pare essere diventata una divisa. Oggi blu scuro con profili bianchi, mentre ieri era blu elettrico (effetto dello smog milanese, s'è scurita?). Arriva giusto per il caffè di metà mattina con Blondie.
Lo becchiamo in pieno alla macchinetta con la femme fatal de noatri, in finissimo poliestere di terza categoria e tacco cinese senza fine e senza gusto.
 
Una riunione infinita, in cui si piazza alla mia scrivania, così comodo da stravaccarsi con il braccio sulla spalliera della mia poltrona, stiracchiandosi per arrivarci. Una vera rottura, ore in cui contemplo l'idea di ridurla come quella del barbuto, piena di cumuli anti-invasione fatti di pigne di cartaccia. In alternativa, posso cospargermi di aglio dissuasorio.
 
Non mi molla un attimo, salvo rare, salvifiche pause, interloquendo con me a parole, spintarelle alla scrivania e pizzicotti al braccio (non sono un antistress!).
 
Cavalca tutti i suoi cavalli di battaglia, perdendosi tra un'idiozia e l'altra, perdendo il filo del discorso, il senso, e il motivo.
 
Infine, nell'ufficio stremato si leva la cavalcata della Valchirie.
Un nuovo amore per la musica lirica?
 
Ma no, è la suoneria del suo iPhone. Compare la scritta, gigante "Mamma".
 
Mammà che lo chiama all'ordine: non si è ricordato di chiamarla per dirle di prendere 5 gocce di un medicinale contro la labirintite, ohibò malandrino!
 
Verso l'una scompare, riapparendo verso le quattro.
Ipotesi: è andato a dare le gocce alla madre di persona e si è abbioccato sul divano dopo il brasato.
Oppure, si è iscritto a un corso di latinoamericano e ha beccato qualcuna. Così è ripreso il giro dei pranzi (da offrire) al McDonald. Oppure, beh, ha l'obbligo di firma in caserma, oppure va a trovare uno dei figli in riformatorio.
 
Si sa, "buon" sangue non mente.....
 
 
 
 

lunedì 9 settembre 2013

Amore, questo alieno

"La suprema felicità della vita è essere amati per quello che si è o, meglio, essere amati a dispetto di quello che si è."

V. Hugo

Il ritorno del Grande Ciccio

E' un lunedì di settembre soleggiato, ma dall'aria fresca quello del ritorno del Grande Ciccio.
Verso le 11, non prima, dato che gli eroi non si alzano prima, il Grande Ciccio striscia in azienda, dopo mesi di assenza. Voci di corridoio lo danno alla macchinetta al piano terra, entrato di soppiatto e già precipitato nell'ufficio di Blondie, sprezzante gli sguardi interlocutori e i mormorii altri.
Altre voci lo segnalano intento a prendere il caffè con la bionda donna fatale, indugiando a lungo alla macchinetta. Questo fantasma che aleggia nei corridoi come una presenza minacciosa, tarda a manifestarsi.
 
A tenerlo debitamente lontano il lavoro di chiusura della rivista, che dovrebbe fare lui. E, forse, anche un po' di sana vergogna.
 
Viene udito negli uffici a fianco, dove già aveva rotto il ghiaccio nella settimana di Ferragosto, quando si era presentato giusto per non far nulla a spese dell'azienda quando proprio nulla c'è da fare.
 
Infine, lo immagino fare un sospiro e rassegnarsi a entrare nel nostro stanzone, in cui regna un silenzio gelido sovrastato da una luce metallica.
Una calma diabolica, creata, dopo mille sofferenze, quasi apposta per aumentare il disagio.
 
Ecco che arriva, varca la soglia con fare baldanzoso. La sua mole sferica rotola avvolta nella consueta camicia bianca sofferente, con i jeans lunghezza prima comunione e un paio di ridicoli nuovi zoccoli marroni. A completare questa parvenza da Tony Manero dei poveri, una giacchetta blu cina profilata di bianco, deliziosa addosso a un modello di D&G, problematica addosso a un comune mortale ed esilarante indosso al Ciccio supremo, a questo pulcinella specchio di tempi altrettanto bugiardi.
Alla giacchetta mancano almeno due palmi buoni per parte, per anche soltanto ambire ad avvicinare i lembi, per chiudersi ci vorrebbe un lenzuolo.
 
Entra con un'abbronzatura che puzza come il peccato, rotondo a solare più che mai.
E si lamenta pure, si è preso solo una settimana di ferie - vergognati, giuda, sono due mesi che non ti fai vedere. Come se niente fosse si esibisce in un pirotecnico inizio di racconto di vacanza, cercando di infilare un inizio delle sue disgrazie: - non so se sapete cosa mi è successo.-.
 
A questo punto è però costretto a interrompersi. Il gelo con cui è stata accolta questa notizia ha raggiunto temperature insostenibili perfino per la sua svergognata impudicizia nel mentire.
 
Individuandomi erroneamente come la meno ostile e problematica mi si incolla come una cozza. Il sospetto che il mio profumo, la mia scrivania sgombra su cui ci si può piazzare facilmente, e la mia apparenza innocua renda più semplice interloquire con me, intavola con i due più sempliciotti a suo modo  di vedere, Dani e io, lunghe discussioni sulle vacanze, prima di arrivare al suo cavallo di battaglia, il cibo.
 
Pietro si lascia scappare che è stato alla sagra della lumaca è partito in quarta, manco fosse Benedetta Parodi, a snocciolare ricette su ricette di lumache (salvo poi dire che compra quelle surgelate alla bourguignonne).
 
Ha scelto di spendere la carta berlusconiana insomma. Sfacciato e scintillante come un comignolo di tolla, certo che la miglior difesa sia l'attacco, o meglio il vaudeville in questo caso, volgare come sempre.
 
Cambiare tutto per non cambiare nulla, signori, solo un po' ingrassato. Mica male per un forte depresso, così come mica male una bella vacanza in Salento, tanto ci vado con l'auto aziendale.
 
L'estate, anche quest'anno, è finita. 
 
 

domenica 8 settembre 2013

Polipo con le patate

E' buono sia caldo, sia freddo, ed è, tutto sommato, un piatto semplice da realizzare.

Ingredienti:

un polipo di circa un Kg
patate in proporzione decorosa (è polipo con patate e non patate con parvenza di polipo)
olio extravergine
sale
pepe
limone
prezzemolo

Comprate un polipo pulito, lavatelo bene e assicuratevi che abbiano tolto l'occhio.
Mettetelo in una pentola con acqua fredda, portatelo a ebollizione e fatelo cuocere, da quel momento, 40 minuti per ogni Kg di peso. Passato questo tempo, fatelo raffreddare nella sua acqua finché non è freddo.
Nel frattempo cuocete al vapore le patate, che poi taglierete a pezzetti.
Preparate il condimento facendo sciogliere prima il sale nel succo di limone e aggiungete poi l'olio. Se volete aggiungete anche pepe e aglio (io proprio non ce lo metto). Tagliate il polipo a pezzetti e unitelo alle patate, condite il tutto e terminate con il prezzemolo.

Il giorno dopo è più buono. Si tratta di una preparazione semplice, in genere molto gradita, ma che richiede tempi lunghi e va anticipata al giorno prima.


Il tempo che passa

La consapevolezza del tempo che passa è un subdolo messaggio che ti coglie all'improvviso.
Forse è la stanchezza che non risparmia gli adulti pieni di impegni, forse è quel momento di stasi che ti rende certo di aver cominciato a desiderare, quasi inconsciamente, una vita diversa, eppure succede che una mattina ti guardi nello specchietto retrovisore dell'auto e ti trovi, apparentemente, decisamente giovane.
 
Hai un volto piano, senza segni, uno sguardo limpido e senza occhiaie o segni. Non hai un filo bianco tra i capelli.
Chi ti vede, e lo sai, ti attribuisce un'età non veritiera.
Hai la percezione di chi ti osserva, e sai che basterebbe un po' di impegno per separarsi da quei chili di troppo che appesantiscono la figura e regalarsi un'apparenza ancora più giovane di quella che so di avere.
 
Ma è appunto un'apparenza, frutto di una genetica per certi versi felice.
Il punto è che io, da un po' di tempo, non mi sento più giovane. E non mi sento più motivata a sembrarlo. Non desidero, in parole povere, bearmi in continuazione di questa falsa giovinezza che non posseggo più.
 
E, quello che mi dimostra continuamente di non essere più giovane, è il disagio.
 
Non mi diverto più stando in un posto popolato da persone che hanno tanti anni meno di me.
Il fatto che non si noti, paradossalmente, non mi aiuta affatto, anzi, acuisce il mio disagio. Mentre loro vedono di me l'apparenza, io conosco la sostanza. E sento il bisogno di cose diverse.
 
Io mi chiedo, vedendo certe mie amiche che vogliono coinvolgermi in cene in posti  "giusti" e uscite in discoteca per "cuccare", come facciano a divertirsi. Un tempo mi faceva molto piacere frequentare questi posti, ma, ora, non provo più interesse a farmi "vedere".
 
Sarà il tempo che ora mi manca, insieme alla serenità, sarà che sono cambiata tanto negli ultimi anni (anche se, a me piace pensare di essere tornata più vicina alla mia natura primaria), ma io non sento più il fascino di nottate del genere. Il motivo è che vorrei vivere le giornate, invece.
 
Quello che vorrei evitare con tutte le mie forze è il voler continuare a vivere come una ventenne quando non lo sono più e diventare, un bel giorno, ridicola a me stessa e agli altri senza possibilità di assoluzione. Come tante delle persone che vedo, che si stroncano di vita mondana senza desiderarla, solo perché si sentono in dovere di non "lasciarsi andare".
E' quello che invece io vorrei fare.
 
Semplicemente lasciarmi trasportare da quello che desidero fare e da quello che mi suggerisce la mia età adulta.
 
 

giovedì 5 settembre 2013

Momento di suprema tenerezza

http://www.corriere.it/animali/foto/09-2013/Panda/cucciolo/atlanta-coccole-panda-appena-nato_1e268bf6-161b-11e3-a860-3c3f9d080ef6.shtml#1

Anch'io sono una rana mezza bollita


Olivier Clerc, scrittore e filosofo, ha inviato una storiella di grande ricchezza d'insegnamento.


Si tratta del principio della rana lessata. Immaginate un pentolone pieno d'acqua fredda nella quale nuota tranquillamente una rana.

Il fuoco è acceso sotto la pentola, l'acqua riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana trova questo piuttosto gradevole e
continua a nuotare.

La temperatura continua a salire. Adesso l'acqua è calda. Un po' più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po' ma tuttavia non si
spaventa.

L'acqua stavolta è veramente calda. La rana comincia a trovare sgradevole ciò ma essa si è indebolita, allora sopporta e non fa nulla.

La temperatura continua a salire fino al momento in cui la rana finisce semplicemente per cuocere e morire.


Se la stessa rana fosse stata direttamente immersa nell'acqua a 50°, immediatamente avrebbe dato il giusto colpo di zampa che l'avrebbe
presto proiettata fuori dal pentolone.

Questa esperienza mostra che, quando un cambiamento si effettua in maniera sufficientemente lenta, sfugge alla coscienza e non suscita,
per la maggior parte del tempo, nessuna reazione, nessuna opposizione, nessuna rivolta.

Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da alcuni decenni, noi subiamo una lenta deriva alla quale ci abituiamo. Un sacco di
cose che ci avrebbero fatto orrore 20 anni fa, 30 o 40 anni fa, a poco a poco sono diventate banali, edulcorate, e ci disturbano
leggermente, oggi, o lasciano decisamente indifferenti la gran parte delle persone.

In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all'integrità della
natura, alla bellezza ed alla felicità di vivere, si effettuano lentamente ed insorabilmente con la complicità costante delle vittime,
ignoranti o sprovvedute. I foschi prresagi annunciati per il futuro, anziché suscitare delle reazioni e delle misure preventive, non fanno
che preparare psicologicamente il popolo ad accettare le condizioni di vita decadenti, perfino drammatiche.

Il permanente ingozzamento di informazioni da parte dei media satura i cervelli che non riescono più a discernere.

Quando ho annunciato queste cose per la prima volta era per domani.

Adesso, è per oggi.

Allora se non siete come la rana, già mezzo cotti, date il colpo di zampa salutare prima che sia troppo tardi.

Federico Fellini

mercoledì 4 settembre 2013

Donna=vittima

Oggi non mi sento tanto bene.
Dopo una mattinata di lavoro intensissima, dopo il pranzo, rientro in ufficio e, per la prima volta durante la giornata apro il sito del Corriere (non è che cazzeggio, mi occupo di informazione).

Nell'ordine leggo:
Psichiatra uccisa da paziente con n coltellate
Povera ragazza brasiliana incinta uccisa da datore di lavoro con cui aveva una relazione
Suicida il mostro di Cleveland
Il giallo dell'americana morta a Firenze
Varie ed eventuali sanguinose con donne vittime e uomini carnefici

Sono giorni, settimane, che sfoglio  giornali e vedo notizie di cronaca nera che hanno come vittime solo donne e uomini come carnefici.

E, oggi, mi sento profondamente a disagio, anzi, a dire il vero, angosciata.
Mi chiedo se solo qualche tempo fa la sensibilità popolare non "apprezzava" questo tipo di notizie.
E quindi non venivano pubblicate, ma accadevano lo stesso.

Tra immigrate uccise dai familiari, italiane picchiate, giovani, vecchie, bambine, nessuna si salva.
Ho letto delle critiche alla legge approvata a Ferragosto sul femminicidio.
Non sono in grado di esprimere un parere tecnico.

Ma penso che sia fondamentale il supporto psicologico ed economico alla persona vittima.
La cui vita viene distrutta per un eccesso di garantismo nei confronti di un mondo maschile malato, che avrebbe urgente bisogno di una revisione.

Si parla di crisi di identità maschile, spodestato nella sua supremazia dalle donne.
Semplicemente non è vero.

Si tratta di criminali, di persone cattive, crudeli, senza valori che rappresentano una minaccia per la società. E come tali la nostra società li deve trattare.
Perché la violenza sulle donne non ha mai una giustificazione. E neppure attenuanti.




lunedì 2 settembre 2013

L'assistente sociale

Avete presente quelle persone, note di aspetto, ma non conosciute direttamente, che si incontrano ogni giorno, a cui si affibbia un nomignolo più o meno significativo?
 
Noi, in treno, abbiamo "l'assistente sociale".
Ogni mattina, alle 7 meno un quarto, questo soggetto è già al telefono cellulare.
Ignoto il destinatario della chiamata.
Ogni mattina parla ininterrottamente fino a Milano, città in cui arriviamo, se va tutto bene, 50 minuti dopo. Altrimenti è in grado di starci molto di più.
 
Stamattina la sfortuna vuole che si sia seduta davanti a me.
Lei è una tuttologa. Ovvero, dà consigli, indicazioni e istruzioni su tutto e tutti.
Lei ti dice cosa devi dire, come lo devi dire e cosa devi pensare.
 
Oggi, però, con la sua vocetta gracchiante e il suo aspetto sciatto ha fatto di meglio.
 
Oggi, telefono incollato all'orecchio, si è seduta davanti a me, che cercavo di leggere.
Niente da fare. Come un fiume in piena ha travolto l'interlocutore (muto) per un'ora con lamentele sentimentali atroci, che spaziavano dall'autocommiserazione all'autoincensamento.
 
Un estratto:
- A me devo pensare, perché io non ho mai pensato a me stessa, non l'ho mai fatto. E' venuto il momento di essere egoisti, perché io sono stata troppo brava, sempre, e invece devo essere più cattiva. Ma la colpa è sua, in tutto. E io devo pensare a me stessa, altro che.-.
 
Sono perfettamente d'accordo (e lo sarei comunque se servisse a tacitarla), così come lo è il muto interlocutore.
 
Devi pensare a te stessa. Brava, ottima idea.
Pensaci, davvero, ma in silenzio.
Pensare è un'attività complessa che richiede concentrazione, per cui, l'unico neurone ancora in vita richiede la massima attenzione e cura. Silenziosa.


Un mondo in una frase (adoro la Rodotà)

misery domenica, 01 settembre 2013

Ero soprappensiero

Ascoltavo il comizio del Renzi.
A un certo punto son rimasta confusa e interdetta.
Non capivo perché mai non comparisse Sophia, che gridava:
Robertoooo!

RispostaRodotà domenica, 01 settembre 2013
Non so. Ero fuori col cane.

Il nullafacente pieno di dubbi

Ovvero il tuo collega che il lunedì mattina non ha nulla da fare e deve occultarlo.
Per farlo inizia a mitragliarti con i suoi dubbi.
 
L'immagine è questa: tu, che sei arrivata due ore almeno prima di lui, ha più o meno mezza rivista da aggiornare. Questo quando non succede nulla.
Ma oggi, proprio oggi, all'alba, hai scoperto che sabato 31 agosto una banca di cui avete consigliato in passato un prodotto è stata commissariata. Stai quindi febbrilmente pestando sui tasti, intenta a cambiare mezza rivista, lottando con le lunghezze delle pagine, il tutto dopo una convulsa ricerca sugli effetti del commissariamento sull'attività della banca.
 
Il nostro, insensibile al fatto che tu stia duramente lavorando, inizia a metter fretta a tutti per la consueta rilettura. - Posso stampare? Posso vedere? Posso leggere?-.
E tu, silenzio.
Legge, ma senza preoccuparsi che tu abbia finito o meno.
 
Tu sei sempre a testa china sul tuo lavoro, in silenzio, rigida come un soprammobile di pasta di sale.
La tua speranza è che la smetta, in fretta.
 
Ma le parole fluiscono copiose per quarti d'ora, coinvolgendo anche la compagine di scioperati che hanno finito di fare le due cose che devono fare il lunedì, alla faccia delle tue 300.
 
Non riuscendo a ottenere la tua attenzione, fa quello che tutte le persone che stanno lavorando odiano di più. E non è alzarsi e venire da te, è chiamarti alla sua scrivania.
Cioè, non solo non fai un tubo e rompi, ma manco riesci ad alzarti.
 
Ti interrompe per... farti vedere una cosa su internet.
Invece di folgorarlo abbozzi, inizi a indietreggiare piano piano verso la tua sedia.
Raggiunta la quale ti trasformi in un gatto di marmo, pregando per tempi migliori.
 
Implacabile, il nostro seccatore ti tampina fino al tavolo.
Si avvicina brandendo fogli in cui ti riempie le pagine di osservazioni idiote.
Tu vorresti dirgli, in questo ordine, l'igiene non è un optional, anche se dormi fuori (sei stato in una stalla forse ieri notte?) e quindi stammi alla larga, e, poi, la smetti di segnare questioni che sono una pura espressione di gusto e non un vero problema? Sono un tecnico, non una stilista, e, da quello che vedo, quello che proprio non sa cosa sia il gusto sei tu.
 
Invece abbozzi, e, con calma olimpica, ascolti tutte le castronerie citate con abbondanza di trilli e balbettii. Quindi, dopo esserti interrotta venti volte, aver accolto tutte le idiozie che ti sono state propinate, viene fuori che il nostro eroe si è, caspita, dimenticato di fare i suoi aggiornamenti.
 
Con soltanto un'ora di ritardo mette mano alle sue cose, lastricando i pezzi di baggianate.
Le tue virgole mancanti, che lui dissemina come il prezzemolo nei testi, impallidiscono di fronte alle sue perle. Una per tutte, per lui l'estratto conto contiene l'elenco dei titoli azionari che possiedi... Lavora qui da 12 anni, vedete voi... cosa ne sa.
 
Sbaglia i riferimenti alle pagine, manca i punti e ignora pezzi di frasi monche.
 
Ma questo non gli impedisce di continuare a interrompersi per rispondere al cellulare.
 
L'Albania chiama e, prima di tutto, lavoro compreso, lui risponde.
Per dire... niente di che, solo per tenere in caldo la pentola.
 
E intanto parla e parla e parla.
E ha il coraggio di dirti, mi accompagni all'uscita, no, perché oggi ti vedo proprio scazzata, cosa c'è che non va. E tu, in lizza ufficialmente per il Nobel alla diplomazia rispondi: - Vedi, il lunedì ognuno di noi ha esigenze diverse, e un carico diverso di lavoro. Io devo in pratica rifare il lavoro di venerdì. Tutto questo rumore mi distrae e ci metto il triplo del tempo a fare quello che devo...-.
 
Io credo purtroppo che il messaggio non sia arrivato....