martedì 27 agosto 2013

The scream - Munch

Tutti voi lo conoscete, vero? Intendo l'urlo di Munch... o meglio, questo quadro,


il cui messaggio e potenza espressiva sono indiscusse e chiare, credo, a chiunque.
Realizzato in quattro versioni, oggetto di furti (due), battuto in una delle sue realizzazioni per una cifra esorbitante, l'Urlo, visto dal vivo, è un quadro piccolo, dalle pennellate ampie, dense di colore, dai colori forti e dall'approccio ipnotico.
 
Posizionato straordinariamente in basso nel Museo Munch di Oslo, forse per permettere la visione anche ai pigmei, è il quadro che più mi incuriosiva.
 
A lungo si è dibattuto sul senso e sull'ispirazione della celeberrima tela.
Vale la pena riportare quanto scrisse lo stesso Munch a proposito:
 
« Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura. »
 
Dopo aver visto a Oslo tutto ciò che di Munch è possibile vedere, riunito per celebrare il 150° anniversario della nascita del grande pittore, posso dire, da profana, che l'angoscia e il travaglio esistenziale che le sue opere comunicano sono tangibili.
 
Le sezioni che suddividono l'opera di Munch per grandi tempi pittorici parlano chiaro: l'amore, la morte, l'incomunicabilità. nel corso del tempo le sue figure perdono particolari senza perdere espressività: hanno occhi ma non pupille, oppure perdono la bocca, le mani diventano un tratto curvo, le figure sono spesso di spalle e ripetono ossessivamente loro stesse, senza gesti, statiche, quasi in apnea. I volti sembrano maschere bianche che esprimo presagi di morte e dissoluzione.
Speranza, gioia e affetto non sono neppure palpabili.
 
La stessa distanza, mi hanno comunicato, lo stesso gelido e sterile senso di lontananza che mi hanno trasmesso anni fa Ibsen (lode comunque a Casa di bambola) e Strindberg. Un senso di metallica alienazione.
 
In ogni caso, per una volta, il senso profondo delle opere dell'artista, che è relativamente moderno, è chiaro a chiunque. Girando per le sale di due musei belli, curati, essenziali come solo nel Nord Europa possono esistere, sembra di averlo accanto Much, di scorrere la sua esistenza attraverso le tele, cogliendo le vicende essenziali, le paure, la follia, i timori.
 
Un'esperienza che vale la pena di fare, perché in fondo, le sue emozioni sono anche le nostre, quelle che ognuno di noi prova, prima o poi nella vita.
 
Terrei un Munch in casa?
Non uno a caso, certo.
Perché alcuni sono davvero inquietanti e non riuscire a dormire sotto il loro vuoto sguardo di morte.
 
Sceglierei, tra quelli che ho visto, questo:
 


Amore e Psiche... Incomunicabilità, confronto, tenerezza, e poca angoscia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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