Una mattinata invernale tersa, con un'aria trasparente, leggera come solo quella invernale può essere, in alcuni giorni che brillano come un gioiello in mezzo a una distesa di giorni nebbiosi e gelidi.
Una strada quasi deserta, rilucente sotto il sole, a un orario insolito.
La radio accesa e la fortuna di una serie di brani accettabili.
Vado e mi rendo conto di essere serena.
Di vivere esattamente in quel momento.
Che la mia mente e il mio cuore sono presenti insieme al mio corpo in quello spazio ristretto, in quell'istante, interamente.
Lontanissimo mi sembra quel vivere sdoppiato continuo di chi sempre più aspira a qualcosa che non è realistico attendersi.
Come un brutto sogno vedo davanti a me la stanchezza del non essere mai davvero presenti, con la mente ingabbiata dal grande mistificatore, il cuore sofferente e confuso.
Ma, soprattutto, quello che sto facendo non è la seconda scelta in attesa del Grande Evento.
Quello che sto facendo, pensando, vivendo non è contro qualcuno, per qualcun altro, ma solo per me.
Credo che questa sia la sintesi della fine di un legame: ritrovare la vista, la voce, l'udito e il rispetto di sé.
Addio, con grande gioia, come il sorriso soffuso che mi si dipinge dolce in volto, mentre vado per la mia strada.
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