giovedì 31 gennaio 2013

Bacheca - Mi piace non mi piace

Su Facebook si usa mettere in bacheca qualcosa per caratterizzarsi.
Questo non è e non vuole essere Facebook, però qualche segno di me non dispiace darlo, alla moda di Enzo&Carla

Mai senza:

  • Il diario di Anna Frank, il primo libro che mi ha fatto capire la differenza tra me e gli altri.
  • Un libro di Anne Tyler, uno qualsiasi. Sublime e inarrivabile nel descrivere vicende comuni.
  • Tutto quello che si riesca a trovare di Irene Nemirowsky (se fosse possibile anche la valigia con gli appunti di Suite francese). Parte di questo è iniziato con I doni della vita. Senza aver scoperto i suoi libri, io, adesso, non sarei così e non sarei qui a scrivere.
  • Marcolvaldo di Calvino. Tutti i giorni pranzo con il ricordo della sua pietanziera.
  • Le memorie di Adriano di Marguerite Youcenar, da adolescente, diventando grandi.
  • Jane Austen, in particolare Emma. La stessa lingua biforcuta, garantito.
  • Pavese, una certa acrimonia, ahimè mi appartiene, così come il mondo rurale che capisco bene.
  • Conversazioni in Sicilia di Vittorini.
  • Le poesie di Pessoa, sfido chiunque a non capirle e a non amarle.
  • Leopardi e guai a chi me lo tocca.
  • Le anime morte di Gogol.
  • Il grande Gatsby di Fitzgerald
  • L'antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.

  • Uno/x paia di jeans. Per me sono stati una conquista, ora una necessità
  • Una giacca nera
  • Una camicia bianca
  • Un bel tacco alto che dice: - Se mi fai girare le scatole, ti pesto un piede. E poi ridiamo.-
  • Un cappello da sinusite
  • Una scarpa sportiva
  • Qualche orpello originale
  • Occhiali da sole, neri
  • Un vestito, nero, ovviamente
  • Una dose di trucco e una spolverata di profumo




Pasta con la zucca

Un piatto invernale, economico e gustoso.

Ingredienti:

pasta corta (ho usato dei fusilli a cavatappo)
zucca pulita e tagliata a dadini
uno spicchio d'aglio
due cucchiai d'olio
mezzo bicchiere d'acqua
mezzo dado
sale
pepe

Ho fatto rosolare l'aglio con l'olio. Ho eliminato l'aglio e aggiunto la zucca pulita e tagliata a dadini. Ho preparato nel microonde mezzo bicchiere di brodo con l'acqua e il dado, e l'ho aggiunto alla zucca. Ho mescolato e lasciato stufare finché la zucca non si è ammorbidita. Lo scopo è quello di trasformarla in una crema con cui condire la pasta. Dopo averla schiacciata con il cucchiaio di legno ho aggiunta la pasta, aggiustato di sale e grattugiato una dose abbondante di pepe.

Forme di violenza lavorativa

Vivo queste mie ultime ore di felice anonimato con ansia, scoramento e timore.
Dalla prossima settimana diventerò, assolutamente controvoglia, un volto pubblico.
La mia immagine verrà pubblicata sulla rivista, corredata dal mio nome e cognome.
Nessuno, e sottolineo nessuno, mi ha chiesto né un parere né un consenso.

Il progetto prevede anche il fatto di farmi rispondere al telefono direttamente ai soci, al call center.
Il tutto in aggiunta ai miei compiti, che nel tempo si sono notevolmente dilatati.

Non so ancora esattamente dove verrà messo il mio volto, in corrispondenza di quale rubrica. In realtà, nell'ipotesi in cui venga messo a introduzione dell'intera sezione obbligazioni, si tratterebbe o di un falso, dato che io mi occupo solo di una parte, oppure di un'ulteriore espansione della mia attività, non discussa, né meditata né quantomeno, comunicata.

In tutto questo l'azienda tace. Nessuno, apparentemente, si preoccupa di definire i confini di utilizzo della mia immagine, le modalità, e i tempi.Credo sia evidente l'impatto che, potenzialmente, questa scelta possa avere sulla mia privacy.
Stiamo parlando di denaro, non di arachidi, e il risultato potrebbe essere potenzialmente devastante, divenendo capro espiatorio di una serie di decisioni di cui non ho responsabilità.
Emblematico il caso greco: mi sono opposta con tutta me stessa, ma potrebbe ripetersi e il mio faccione a completare il consiglio.
Naturalmente i motivi di conflitto subiranno un'impennata. Vale di più un volto a fianco di un consiglio, o una dicitura microscopica a fine giornale in cui si dichiara una responsabilità?

Sono amareggiata: con tutto questo avrò ancora il contratto da grafico pubblicitario, dopo 8 anni di lavoro giornalistico di straforo. Che altro ci vuole: ho la foto, scrivo pubblico, un giornalista cos'è altrimenti?

Lavoro precario

Della piaga del precariato si parla normalmente facendo riferimento a un insieme di lavoratori fortunati, quelli che hanno un contratto stabile, e a un insieme di sfortunati, il cui lavoro dipende da una serie di contratti precari.
 
Riflettevo sul fatto che, questi due insiemi, spesso visti antiteticamente, come se non vi fossero contaminazioni tra i due insiemi, e l'uno vivesse pacificamente e l'altro nelle difficoltà, hanno dei punti in comune.
 
L'introduzione di questo tipo di contratti precari ha, invece, condizionato pesantemente anche tutti coloro che hanno sulla carta un lavoro stabile. La legge della domanda (scarsa) e dell'offerta (grande) dirà qualcuno, ma non solo. Alla fine l'introduzione di questo tipo di contratti ha provocato un degrado della vita lavorativa dei più e della qualità della vita di tutti.
La filosofia dell'"o mangi questa minestra o salti dalla finestra" si applica a tutti. Determinato  o indeterminato che sia, la minaccia del nulla dopo e della disoccupazione si applica a tutti.
Così fioriscono le modifiche dei contratti: per esempio il contratto del commercio che include anche la domenica come giorno lavorativo retribuito esattamente come gli altri.
 
Prendiamo per esempio l'azienda dove lavoro io. Un'associazione di consumatori nientemeno.
Gli straordinari non vengono pagati, mai.
C'è la possibilità di portare al mese successivo un massimo di 8 ore.
Tutto ciò che eccede le 8 viene tagliato, cancellato come se non fosse mai stato fatto.
C'è una flessibilità che ti consente di recuperare uscendo prima il pomeriggio, dilatando la pausa pranzo oppure arrivando dopo la mattina. Le rigidità imposte, però, sono tali da rendere impossibile, tranne che per una visita medica in zona, sfruttare questa elasticità. Con un'ora e mezza di viaggio all'andata e altrettanmto al ritorno non me ne faccio niente di uscire alle 15:30. Mi servirebbe un pomeriggio, ma qui sta la furbizia: dalle 14 alle 15:30 devi stare in ufficio. E quindi, ogni mese sono uno/due giorni di lavoro regalati all'azienda.
 
Ma parliamo della vera chicca: anni fa decidono di ridurre l'orario di lavoro togliendo 18 minuti al giorno. E come lo fanno? Eliminando tutti i permessi, inseriti obbligatoriamente ogni giorno.
Io non ho permessi, se non ex festività (di cui l'azienda condiziona l'uso scegliendo in quali giorni chiudere) e ferie. Ma ci rendiamo conto?
 
Devo usare 18 minuti di permesso al giorno quando ti regalo due giorni al mese?
Il tutto per uno stipendio davvero modesto.
In una situazione normale si cambia. Ma ora non si trova e quindi si fanno tante ore di straordinario gratis e si vive davvero male.
In conclusione, lo sfruttamento non è solo di chi non ha il posto fisso, ma permea a tutti i livelli della società, anche tra i cosiddetti "fortunati".

mercoledì 30 gennaio 2013

Dove vai se l'Argan non ce l'hai?

E non parlo dello storico dell'arte Giulio Carlo, di cui un enorme libro giace a prendere polvere in salotto. Parlo di quell'olio prodotto dalle popolazioni dell'Atlante oggi all'ultimo grido in materia di cosmesi.

Girando per casa mi sono accorta di avere in uso: due saponette all'argan, un balsamo spray all'argan, un bagnoschiuma all'argan, uno shampoo all'argan, una crema per le mani all'argan.
Sono tutti (saponi a parte) prodotti da grande distribuzione, quindi immagino che anche nelle vostre case ci sia un'enclave di argan quasi a vostra insaputa.

Dopo la Rosa Mosqueta (dal Cile, per me l'hanno estinta) ecco qui le bacche di un arbusto spinoso che vive in Marocco, da cui si estrae il prezioso olio, alla base di molti trattamenti, la panacea per tutti i mali e i problemi della pelle, dagli eczemi alle rughe, l'ultima moda in fatto di cosmesi.

Un vero miracolo che, però, mi crea dei dubbi. Anche ammettendo che di olio di argan ce ne sia poco in queste preparazioni, questo ingrediente così prezioso cresce in una zona così piccola da farmi sospettare che di argan, in molti prodotti, ci sia solo l'essenza sintetica con buona pace della cosmesi naturale.

Bb cream

In tema di argomenti leggeri e per tutte quelle che amano "colorarsi" fin da piccole vi esprimo il mio parere sulla novità che ormai ogni casa produttrice di cosmetici ha messo in lista, ovvero le bb cream.
Promettono di idratare, coprire efficacemente le piccole imperfezioni, durare tutto il giorno e non fare effetto maschera.

L'unico punto che mi pare abbia funzionato per me è appunto l'ultimo.
Coprire non coprono niente, anche perché io ho la pelle molto chiara (sotto il trucco ;-) e quindi devo usare una versione pallida che non dà alcuna copertura.
Idratare non so: ho comprato una cosa molto economica di Garnier, per cui, alla fine, mi trovo unta come se mi fossi strofinata con il lardo. E questo non vuole dire necessariamente essere idratati.

Non credo che comprerò ancora una cosa del genere.

Sempre sul teatro

Tutto il mondo è un palcoscenico e tutti gli uomini e le donne semplicemente attori.
Hanno le loro uscite ed entrate di scena in un arco di tempo che dura tutta una vita.

                                                                                              W. Shakespeare

martedì 29 gennaio 2013

Basterà Balotelli...

... a convincere l'intero popolo milanista, sfiancato da una stagione poco brillante e da una serie di discutibili cessioni, a votare per Silvio?
L'impresa è ardua, anche anche se, a dire il vero, due mine vaganti, una vecchia e una giovane hanno  una loro affinità (si scambieranno i numeri delle escort?), ma talvolta segnare non basta per ipnotizzare il pubblico sportivo.
Il potenziale distruttivo di un ex enfant prodige come il Mario non è da sottovalutare e l'equilibrio, sia pure precario di una squadra, potrebbe andare a farsi benedire.

Eccolo qui "l'acquisto" dunque che doveva ritemprare l'animo del tifoso milanista medio, da tanto invocato.

Per tamponare l'effetto disperazione generato dalla gaffe su Mussolini e sulla conseguente ronfata in pubblico il nostro Grande Illusionista si affida al Mario, nome popolarissimo in questo periodo.

Mi auguro che il nostro milanista medio, magari cassintegrato, ricordi, anche al momento del gol, di ringraziare vent'anni di governo Berlusconi per il disfacimento dell'economia italiana, iniziata ben prima di lui, ma a cui lui ha dato il colpo di grazia. E al momento del voto, magari, ricordarsi che le tasse che ora stiamo pagando sono effetto di un lungo e dissennato governo: il suo.

lunedì 28 gennaio 2013

La rosa bianca

Eppure, una luce in fondo al tunnel ci deve essere.
Ho strisciato a carponi in mezzo a mucchi di spazzatura emotiva, schivato il lancio di una montagna di ciarpame intellettuale, scansato il risucchio della pochezza cosmica fatta di oggetti e trasmissioni vuote. E prima di trovarmi cieca e sorda alla mia mente e al mio cuore a testa in giù, immersa senza speranza nel nulla più bieco, che ha il sapore e l'odore della solitudine e dell'abbandono, nelle mie mani ho trovato un filo d'oro.
Ho sollevato la testa e davanti a me c'era un palcoscenico allestito in modo essenziale.
Sulla scena sia stava svolgendo una storia estremamente drammatica, ambientata della Germania nazista, dove degli studenti cercano di opporsi alla follia del regime in modo non violento.
Lo spiraglio di luce si apre sulla mia mente infeltrita e impolverata, abituata a rispondere a un ping pong di microcontenuti basilari, a produrre notiziole, invece che ad elaborare riflessioni.
In circa due ore si svolge il dramma dei ragazzi e in circa due ore si svolge la mia liberazione.
La mia mente si espande e comprende solo e soltanto l'opera, vive con lei, cresce con lei. Il mio cuore partecipa solo alla vicenda, si commuove, si immedesima, si scoglie.
Per un lungo periodo nessun altro pensiero killer subdolamente avvince la mia mente.
Sono tutta partecipe della vicenda.
Sono libera dai miei fantasmi.
Sono libera dal presente.

Esco leggera come una libellula.
Allora, placata finalmente, penso: è rimasto qualcosa. Dopo tutto questo stillicidio demolitivo, durato anni, è rimasto qualcosa.

Una frase diventa mia subito: - Le mie parole sono tutto quello che ho.-.

Uomini balenghi

Dicesi uomo balengo quello che cambia umore come una canna al vento: e, vi assicuro, ce ne sono.
Le donne hanno sbalzi ormonali? Fidatevi, anche gli uomini.

Sfidi la neve con il tuo stivale migliore a tacco alto, ti imbusti in un nuovo abito nero di maglia con elegante fusciacca nascondi-segno-delle-calze, ti addobbi con bigiotteria ad hoc, scivoli in bagno a ritoccare trucco e parrucco, per vederti sfilare, tutto sostenuto come un colletto inamidato, in senso opposto al tuo.

Ma che bella trovata il nostro omino che altero se ne va.
Ad aspettarmi un bouquet di colleghi pronti a canzonarmi sul bellone e sulle vocine suadenti che, a detta loro, farei al telefono.
Eh già: mi sa che questo è tanto gentile per farmi lavorare per lui, mentre sfugge all'onesto richiamo della seduzione di provincia ;-)

La neve cade sul Duomo

Una mattina plumbea avvolge Milano, con una pioggia che cade fitta dalla tarda serata di domenica.
Improvvisamente le gocce si trasformano in fiocchi di neve spessi ed enormi.
La neve turbina nel cielo a larghe falde, seguendo il corso di un vento assolutamente invernale.
Scendo dal treno, tra le folate di aria gelida, la neve che cade a falde e la consueta calca di umanità terrorizzata dalla neve come dalla pioggia.
Basta una goccia per scatenare la stessa repulsione che prova un gatto schizzato dall'acqua in decine e decine di persone.

Dai finestrini del tram, pieno di un'umida atmosfera gelida, osservo i rari passanti che affrontano i grossi fiocchi e l'aria frizzante.
Scendo in centro, sono le otto e mezza e un folla disordinata sciama davanti all'ingresso della metro.
Svolto l'angolo e lui è là, imponente e rassicurante, che spande una soffusa luce rosa nella luce lattiginosa di un mattino di neve inaspettata.
I fiocchi si disegnano sul suo profilo, lo incorniciano abbellendolo e quasi carezzandolo.
Un piccolo gioiello che giustifica la sue eterna incompletezza con una grazia maliarda. Mi fermo un momento a contemplarne l'ultreterrena bellezza, prima di infilarmi in metro e iniziare una nuova settimana.

sabato 26 gennaio 2013

Furto di carrello

Metti un sabato mattina dell'ultimo week end in cui Esselunga accetta lo sconto di 8 euro, metti una  donna che voleva essere altrove, preferibilmente a letto, che ha appena incontrato un suo ex compagno di università con i suoi bambini e che non ha esattamente badato a come si era combinata tanto devo solo andare a fare la spesa.
Metti un supermercato preso d'assalto, in cui è stato difficile trovare parcheggio, in cui si è in coda con il carrello come in autostrada, ma senza segnaletica, direzioni e regole.

Dopo un'ora di spintoni, slalom ad elevata pericolosità tra carrelli che sfrecciano a zig zag tra le corsie, lascio il mio carrello a fianco del misero espositore dei libri, che ha la sua giusta collocazione di fronte alle carni bianche, come è ovvio che sia.
Mi addentro tra gli scaffali, come un esploratore che si addentra nella giungla, o uno senza patente a piedi in mezzo all'autopista, scegliete voi. Cerco di sgusciare tra le corsie, mentre mi carico delle cose più pesanti. Con le braccia che reggono una bottiglia di aceto, un pacco di camomilla, due confezioni di yogurt e un sacchetto di fagiolini surgelati torno lesta verso il carrello.
Sono stanca stufa e frastornata da un chiasso abominevole che manco in metro.

Arrivo dove ho lasciato il mio carrello e... non c'è più.
Con aria perplessa giro intorno all'espositore. Sono sicura di averlo lasciato lì. Sono distratta perché stanca, ma sono certa che fosse lì. Speranzosa, immagino che l'abbiano solo spostato: al suo posto ci sono altri due carrelli con tanto di bambini al seguito.
Cerco di individuarlo grazie alla borsa arancio che mi porto sempre per la spesa. Inizio a girare tra le corsie, prima preoccupata, poi seccata e poi congelata con i fagiolini che mi ustionano le mani, e il peso delle altre cose, in bilico tra le mie braccia. Lo vedo, lo vedo è lui, il mio carrellino con la borsa arancione, trascinato da uno stordito di prima categoria. Lo individuo a due corsie di distanza , tra i vini. Cerco di convergere verso di lui, ma questo cammina e io scarto, tenendo in bilico una torre di Pisa di roba fragile e gelata, carrelli e bambini allo stato brado, mentre questo avanza e avanza lontano e io non posso correre e mi sento tanto Paperino che fa il sonnambulo camminando sui tronchi. Cerco di correre ma non riesco nemmeno calpestando i suddetti bambini.
Alla fine il malefico abbandona il carrello davanti allo scaffale dei casalinghi, lo raggiungo e, sollievo, ci metto dentro i miei acquisti. Le borse ci sono ancora ma c'è anche della roba che io non ho preso, lasciata lì probabilmente per evitare un incontro faccia a faccia con una che arrancava urlando: -Scusi, il mio carrello, mi restituisca il mio carrello.-.

Così passo in rassegna il contenuto, e mi rassegno ad affrontare la giungla di ipnotizzati dalla spesa per rimettere al loro posto tutta la roba che non è mia.

Questo scherzetto mi costa mezz'ora e qualche diavolo per capello.

E... lo ammetto, sono andata a cambiare la confezione di fagiolini surgelati :-)

Shopping afternoon

Nuvole e pensieri, stanchezza e disdetta.
Un venerdì perfido, insomma.
Che fare?
Da settimane vivo come in una boccia d'acqua. Casa, treno, lavoro, lavoro, lavoro e casa. Poco sonno e il mondo visto solo dai finestrini del tram. Mi sento molto compressa.
Così scappo letteralmente dall'ufficio, indecisa se fiondarmi a casa oppure mettermi a girellare per il mio luogo preferito, tra via Torino e corso Genova, attratta come una calamita irresistibilmente da tutto ciò che porta un cartellino scontato.
Eppure, non ho voglia di comprare quanto di camminare.
Il buon senso suggerisce di scegliere un altro giorno. Ho con me le scarpe con il tacco alto che ho portato tutto il giorno in ufficio, la solita imbarazzante borsetta rossa con i gatti per il pranzo, e la mia borsa della Borbonese stracolma.
Come al solito ho l'aspetto di una barbona che trasloca a metà giornata, un po' stropicciata e un po' disordinata. Percorro a piedi dal Duomo fino a Porta Genova.
Ci metto un'ora e mezza con le tappe. Entro ed esco dai negozi Kiko e Accessorize. Non sopporto le ragazzine urlanti e la calca.
Entro ed esco da Tezenis, da Marco, da Carpisa.
Il primo acquisto lo faccio alla Triumph, seguito da un paio di ballerine da borsetta da Segue, comode per una che viaggia con due paia di scarpe come me, che non riesco a rinunciare al tacco, ma che non voglio nemmeno distruggermi la schiena.

Proseguo a piedi verso Corso Genova, mentre le borsette si accumulano.
Grande attesa per il mio gruppo di negozi preferiti, verso cui letteralmente volo, con passo leggero e gelidino in un paio di ballerine pronte per la prova scarpe lampo (in cui sono altamente specializzata).

E grande delusione: il cappello che da settimane rimiro da Tivoli è troppo grande.
Alla fine esco comunque con un cappello impermeabile a quadretti con un grosso fiore.
Da Micol mi faccio vendere una collana a un prezzo decisamente discutibile, ma è bella e farà la sua figura. Scivolo veloce verso la stazione, tra il freddo, la gente che si dirada e cambia aspetto, diventando meno patinata mentre mi allontano dal centro.

Salgo volando su un treno che pensavo di perdere, verso la provincia profonda, felice di aver vissuto il mio pomeriggio di gloria, di evasione.

giovedì 24 gennaio 2013

Paure

Inizia come un lieve dolore allo stomaco, impercettibile e vago. Il dolore, chissà come, parla con la mia mente, oppure è lei che chiama in aiuto il dolorino.
Un senso di stringimento allo stomaco mi invade non appena varco la soglia dell'azienda dopo pranzo. Fuori un sole delizioso mi sfiora le spalle mentre torno, e mi riporta alla mente il mio meraviglioso giorno di pace.
Ma io non sono in pace. Affatto. Sono combattuta tra il desiderio di andare a vedere e quello di seguire il corso della giornata, diversa, e di salirmene in ufficio, come sarebbe naturale che sia avendo pranzato fuori.
E però non lo faccio, entro, e immediatamente il dolore allo stomaco si rivela per quello che è.
Paura. Mi sento, improvvisamente, inopportuna. Come avessi scritto in faccia chiaramente per chi sono lì. Questo senso di inadeguatezza, mentre rimango lì impalata con il mio piumino nero, tutta vestita a lutto con 50 gradi.
Un po' mi vergogno, un po' mi intimorisco.
Per tutto il pomeriggio, mentre cerco disperatamente di dedicare l'intera mia mente al lavoro, che copioso mi assilla, schegge di dubbi come farfalle impazzite assalgono trasversalmente la mia mente. Studio gli atteggiamenti di questa persona e proprio non capisco perché non riesca a bucare quella specie di pellicola che c'è tra noi.
Questo disagio ha due spiegazioni.
Questa settimana mi sono impegnata. Mi sono anche sbottonata: ieri mi sono fermata a parlare più a lungo, lasciando che gli altri andassero via e cercando di dimostrare un interesse sincero per le sue vicende. Mi sono messa a parlare di me, chiedendomi, a posteriori, se non avessi parlato troppo, a qualcuno a cui magari non importa. Oggi, dopo essermi a lungo dibattuta, ho approfittato di una mail per avvisare che non ero a pranzo, specificando con chi sarei uscita e che magari sarei passata per un tè dopo.
Studio il comportamento di quest'uomo con altre persone. E, lo devo ammettere, è diverso. Più spigliato, più a suo agio, più tranquillo. Chiaramente non ha problemi a relazionarsi con le altre donne, anzi, sa di piacere e di non doversi sforzare molto per ottenere consensi.
Però con me è rigido, e mentre lo osservo con altre persone, mi intristisco.
Mi sento addosso tutti i difetti del mondo, in una volta sola.
Non so cosa fare, e soprattutto se ha senso fare qualcosa.

Mentre tiro a fine giornata, mentre cerco di anestetizzarmi in un libro il terrore mi coglie.
Ho paura, mi sento addosso un interesse che non è giustificato avere. Un pasticciato dolore presagisce quello che potrebbe accadere di fronte a un evento che considero quasi ovvio, come lo scoprire che sia altrimenti interessato.

Tutto questo dolore è assurdo: vista dal di fuori mi sento come un goffo elefante che cerca di accompagnarsi a un aggraziato felino. E la mia ironia si scioglie come neve al sole.

sabato 19 gennaio 2013

Le cose normali

Scivolo dentro l'acqua calda. Dalla finestra aperta, vedo cadere paffuti fiocchi di neve. Si fissano nella notte, e volano lievemente a terra.
Mi rintano nella vasca, ascoltando il silenzio.
Ho molto su cui riflettere, in questo tardo pomeriggio invernale.

Vedo le bolle che sciamano in cerchio a pelo d'acqua, si formano, e poi scoppiano leggere.
Un po' come i miei sogni, scivolati via.
Mentre cammino li posso vedere a terra.
Mentre dormo li posso sognare, inquieti pensieri.

Sono una persona diversa. Per forza, per fatalità.
Sono solo non posso, ma soprattutto non voglio tornare indietro.
La normalità, questa grande chimera, questo sogno a cui mi volgo, che mi sfugge come pulviscolo, a cui tendo una mano che rimane vuota, la normalità, io credo non esista, alla fine, almeno per me.
O forse, basta solo rinunciare allo spavento, alla paura, per incontrarla e farla propria.

Camera café

Ieri pomeriggio io e le mie occhiaie ci siamo trascinate al piano ammezzato, sostenute da quel briciolo residuo di spirito di sacrificio e attaccamento al lavoro dettato dal semplice fatto che tra due settimane dovremmo vivere una piccola rivoluzione nel nostro piccolo universo lavorativo: cambiare nome, logo, lay out, colori... anche ruolo, nella buona sostanza.
Michela, che stava seguendo il progetto, da tempo è malata. E ovviamente non si è minimamente preoccupata di condividere nulla, all'insegna del più grande menefreghismo. Noi viviamo nel limbo più completo, o meglio, vivevamo fino a ieri, quando Ale e io ci siamo premurate di iniziare il giro delle sette chiese per fare il punto della situazione.

Il che significa mettere le mani nel favo delle api, di norma, e portarsi a casa un sacco di grane.
Nel mentre i nostri colleghi macinavano le parti mancanti al completamento della nostra suprema rivista, niente meno che la responsabile del personale in persona calava sulle sue gambe fino ai nostri piani bassi, dall'empireo dell'ultimo piano.
Meta, il nostro ufficio. Un posto dove, in genere, non viene mai nessuno.

Entra, e saluta il nostro caro Danilo, tutto intento a cercare di concludere la giornata lavorativa. In un angolo della sua mente alberga un pensiero accattivante. Una serata di divertimento che lo aspetta, gente, novità. Un sottile senso di soddisfazione e rilassamento che precede l'inizio di un we promettente.

Lei entra e lo sventurato alza la testa. Lo chiama per parlargli un momento.
In pochi istanti, nella mente del nostro gran lavoratore inizia un carosello di speranze, un intero film che si svolge nella sua mente. Brillano stelle alte in cielo, il mio impegno è stato riconosciuto, le sirene dell'apprezzamento cantano alte portando carezzevoli novità future dritte dritte tra le braccia stanche del nostro eroe.
Danilo come Ulisse approdato dopo mille e mille ore in ufficio a sgobbare nell'empireo dei promossi.
Il mio impegno finalmente, dopo mille insulti, soprusi e cattiverie gratuite è riuscito nel miracolo: avrò un'etichetta tutta per me! Un aumento, un qualcosa...

Sfodera il suo miglior sorriso e le dice: - Angela andiamo pure nel tuo ufficio.-
E poi, capisce che qualcosa non va, di fronte a un secco e asciutto: - Va bene qui.-

E così, un venerdì di gennaio il nostro lavoratore n°1 si sente dire che fa troppi straordinari, dopo un prologhino striminzito di circostanza in cui gli si dice :- So che lavori molto -. con le stessa convinzione con cui in Italia si combatte la corruzione. Ma fai troppi straordinari, non si può, se viene un controllo dell'Inps io cosa gli dico, e quindi, da gennaio, da subito, devi tagliare.

Intanto arriva il panzone imperiale, preceduto dal suo ventre sfacciato e seguito dalle sue gambette volgari. E rincara la dose, mentre si becca con la suddetta. Morale, il nostro Stakanov deve organizzarsi meglio. E' ancora colpa sua, chissà che in ufficio non stia a riscaldarsi a lungo per risparmiare sulle spese di casa...
Ammaccato, umiliano, bastonato, ma indomito, invece di cedere ai più bassi istinti, il nostro torna in ufficio per terminare il lavoro, invece di sbattere la porta, iniziare ad accidentare e inveire ad alta voce, dare un calcio alla sedia, staccare il pc di botto e mandare a... chi di dovere prima di uscire e mollare tutto.

Morale: non è normale che la responsabile di un'azienda con 200 dipendenti ti abbordi in corridoio per dirti una cosa, così come sarebbe stato normale chiedersi e chiedere perché in un ufficio tante persone fanno tante ore così. E non è normale che il tuo capo, chiunque sia, ti sbeffeggi davanti alla suddetta. Non solo non è normale, ma è anche male.
Viene il dubbio che ci sia un po' di approssimazione nel ricoprire il proprio ruolo, quanto meno.

giovedì 17 gennaio 2013

Tutto congiura per farmi arrabbiare

per essere diplomatici...

Abbiamo già iniziato la mattina presto, verso le 6 e mezza, quando ho scopertro, arrivando in stazione, tutto il parcheggio vuoto e corredato da cartelli di divieto di sosta. Risultato: una caccia impossibile al parcheggio in un posto dove quelli liberi sono ridotti al lumicino. Ho parcheggiato a una distanza siderale dalla stazione, ovviamente quando ho i tacchi perché mi hanno programmato un incontro con una banca.
Spiegazione? Hanno sbagliato giorno per i lavori, gli stolti, creando un sacco di problemi ai poveri pendolari. Cosa vuoi che sia qualche centinaio di persone...

Sul treno non trovo i miei compagni di viaggio e quindi mi si accomodano vicino, a Vigevano, due puzzoni che rendono oltremodo spiacevole il mio viaggio e la mia lettura, intenti a sbirciare nella mia scollatura tutto il tempo.

Che fortuna, sulla metro trovo un posto a sedere! Ma dura poco la fortuna perché accanto si piazza un ciccione che mi costringe ad alzarmi prima di finire spiaccicata contro il sedile.

Arrivo in ufficio, consapevole della riunione delle 10 e dell'intervista delle 11 e 45.
Di lavorare manco se ne parla.

Mentre sto procedendo a fare il più possibile, il meglio possibile nel più breve tempo possibile piomba il mio capo che, per nulla intimidito dal silenzio tombale, dalle mie occhiaie abissali e dall'ora mattutina, mi fa: - Perché non vai giù alla consulenza a provare?- Gli ho spiegato la riunione, blablabla, l'intervista, blablabla, i lavori urgenti da finire blablabla...
Niente, pensa che la rivista si faccia da sola?

Alberto si sacrifica e migra giù al call center, mentre ciccio critica Danilo che c'è rimasto troppo tempo.

Alle 10 arrivano i nostri della Banca. Mi chiamano e vado diretta in sala riunioni, non prima di aver arginato un tentativo di sbolognamento infido di video conferenza nel pomeriggio. Ale si è scordata e lei non lavora nel pomeriggio (perché la mattina...).
E io le dico che no, non posso. E che cavolo, dovrò pur lavorare no?

Mi reco al terzo piano, nella sala riunioni programmata.
E vuota. Non c'è nessuno.
Così mi metto a visitare tutte le sale riunioni dei vari piani, e non trovo nessuno.
Sconsolata arrivo al centralino e mi metto in coda per chiedere alla receptionist dove sono finiti. Mi sento Fantozzi.

Li trovo e mentre mi avvicino già sento la tizia in questione che parla.
Questa è un soggetto interessante, già a un precedente incontro, in pieno inverno, era in maniche corte, stavolta con un abito scollatissimo e senza maniche, che parla a fiume.
Ci vorrebbe un ombrello per proteggersi dal diluvio.
E comunque, quando è uscita ho verificato: abito estivo, e sopra un montoncino simil vero.

Nel mentre... il nulla. Ma perché quell'uomo che è pur tanto bello mi ha invitata alla riunione?
Io che di sistemi informatici non capisco nulla.

Scendo e, cerco di raccogliere le idee, prima dell'intervista.
Il mio intervento, in diretta, è sul nulla condito dal poco. Come risparmiare con il conto corrente, sulla radio della Cgil. Entro e trovo un consesso di geni che sta sparando scemenze, con Ale che sta vendendo come fosse oro la VC a cui ha partecipato ieri (ha capito una parola su quattro, e questo è un problema, dato che la deduzione non è il massimo per definire dei lavori).

Il mio capo cerca di mandarmi, ma si spaventa in seguito al mio sguardo, accusandomi di volerlo far fuori con un'occhiata. Il tempo passa e l'ora dell'intervista si avvicina: il ciccione continua a sblaterare, mentre la gallina che ho in ufficio a starnazzare idiozie ad alta voce (è molto impegnata a guardare il forum della Bossi Fedrigotti sul Corriere).
Suona il telefono e li avviso: - Scusate, ho un'intervista.-.
I due continuano a parlare con un tono che vorrebbe essere sottovoce, quando ad essi si unisce il Principe della brillante idea ovvia e infida che, naturalmente, dovrà dire la sua, metter inutilmente becco su tutto quello che non sa.

Io sono in linea, aspetto di intervenire tra i fertilizzanti per piante e qualche altra cosa simile.
Schiocco le dita, perché la diretta è implacabile, e finalmente i tre deficienti maleducati escono dall'ufficio. C'è anche il rischio che l'idiota si sia offeso perché si è dovuto alzare.

Domani svito le rotelline e poi vorrei godermi lo spettacolo del crollo della baliverna.

lunedì 14 gennaio 2013

Crisi - aggiornamento

Sabato pomeriggio mi sono dedicata allo shopping con un'amica.
L'obiettivo è il solito, la cintura nera e il pigiama.
Siamo state e Vigevano, in centro.
Quale miglior modo per incentivare gli acquisti nei negozi languenti di una gragnuola di multe agli automobilisti?
Dove i parcheggi scarseggiano mettiamo tutto a pagamento e poi mettiamo dei limiti di un'ora per il parcheggio libero su un lato della strada, divieto poco pubblicizzato.
E passiamoci il sabato quando magari la gente va a comprarsi qualcosa.

Poi ci si lamenta che gli affari vanno male.
Vero, ma come spiegare che io non spendo 1 o 2 euro per bere un caffè, comprare del pane e  un paio di calze?

Vado al centro commerciale, dove il parcheggio c'è ed è gratis e si trovano anche più negozi ormai.

Orrore.
Mi chiedo dove abbiano trovato delle cose del genere.
Gonne in un bouclé scozzese che si usavano quando facevo le medie, per non parlare di certi scamiciati che hanno la metà dei miei anni.
Finto prezzo in euro, finto sconto...
Ma pensano che uno viva sulla luna?
Che non sappia cosa c'è nei negozi?
Facendo così uno si svaluta da sé e la gente non compra comunque, ma non viene prorpio più.
Tutti così, sconticino del 20% e capo "vintage" per così dire.

Non è prendendo per scema le gente che la si convince a comprare, crisi o non crisi.

Lezioni di misoginia

Venerdì scorso il mio raffinato capo ha intavolato con i miei colleghi una discussione pseudopolitica, che, come sempre capita. è scivolata nel consueto qualunquismo.
Di fronte all'incognita elezioni più Capo dello Stato, siamo arrivati alla solita sequenza di affermazioni misogine ammantate di qualunquismo.

Perché si tollera che, per esempio, della Bindi o di altri si parli deprimendone oppure lodando l'aspetto fisico?
Perché una donna, in Italia, deve essere bella oltre che molto più brava degli altri pari uomini?

Insomma, qual è il problema degli uomini?
Leggi i giornali e vedi, tra le notizie di cronaca nera, per lo più donne.
Sono tutte donne morte ammazzate.
Ripeto, qual è il problema delle donne?

Perché questo modo di deprimere il sesso femminile in base all'aspetto fisico non è stigmatizzato come dovrebbe?
Sui tratta di un percorso preferenziale per condannare il sesso femminile alla sudditanza, alla subalternità e alla coercizione.

Il velinismo è l'altra, ma identica faccia dello chador.
E non è che stare in mutande e supertruccate sia più emancipato che girare con 40° e uno strofinaccio in testa.

Qual è il problema degli uomini?
Beh, anche altre donne, le madri che puntano a una brava donna di casa per quell'impedito del figlio che non sa nemmeno allacciarsi le scarpe.
Se invece di eterni bambocci allevassero degli adulti, esattamente come fanno con le donne, invece che scaricare tutte le loro insicurezze tenendosi attaccati i figli alle gonne.
E loro le considererebbero nel giusto modo.

giovedì 10 gennaio 2013

I tempi della sanità

Dopo i 3 mesi di attesa per la visita dall'otorino, ne abbiamo due abbondanti per l'endoscopia.
Telefono e, dopo un'attesa con musichetta snervante (inno alla gioia ripetuto mille volte) e dopo mille difficoltà ho finalmente concordato la visita per il... 15 marzo!

Una visita privatamente costa intorno a 150 euro o più, per non parlare degli esami.
E' chiaro che con uno stipendio normale non è fattibile, considerando che le visite sono sempre più d'una.

Ma due o tre mesi....

mercoledì 9 gennaio 2013

Stop

Dopo aver prodotto il mio gentile messaggio, ieri sera, mi sono trovata a chiedermi cosa sarebbe successo e come avrei reagito se, al mio arrivo oggi, non avessi trovato risposta.
In altre parole, il mio gesto era fine a se stesso, oppure era finalizzato a cosa?

Che non potessi comportarmi meglio era un dato di fatto.
Gesto, testo e visualizzazione erano di un sobrio autentico.

Ma cosa mi aspettavo?
Mi aspettavo una maggiore apertura, gratitudine e un avvicinamento, una maggiore intimità.
Come dire, ti tendo una mano.

La risposta, piuttosto asettica, è arrivata nel mezzogiorno.
Non è confidenziale e non capisco proprio come fare, come trattare uno strano soggetto.

Il problema è che non voglio trattare uno strano soggetto.
Voglio uscire dal loop dello struggimento-inseguimento.
Io questo tizio non so chi sia, non so cosa gli piace né cosa gli interessa.
E cosa mi piace, ora, è a dire il vero, solo l'allettante confezione.

Non voglio più stancanti attese, faticose deduzioni, snervanti gelosie e appostamenti sfibranti.
Voglio qualcosa di piano, lineare e semplice, che mi dia energia e zero pensieri.
Stop alla complicazione istituzionalizzata nei rapporti.
Basta!!!!

Shampoo Macadamia Capello Point


Ho comprato lo shampoo alla macadamia (esotica specie di noce) su consiglio di una plasticosissima commessa del negozio Capello Point di Novara. Cercavo uno shampoo delicato per lavare i miei capelli grassi, stressati da uno shampoo troppo aggressivo.

Con grande degnazione, dall'alto del suo metro e 80, la signora in questione mi ha spiegato che questo delicatissimo shampoo, prodotto con raffinate e preziose materie prime tropicali era l'indeale per i miei capelli, li avrebbe lavati, ma mai e poi mai appesantiti.

E poi con uno sconto del 20% vuoi mettere? Un affarone!

Peccato che lo shampoo alla macadamia i miei capelli non li lavi affatto, ma, al contrario, nemmeno dopo due shampoo, li trovo ancor più pesanti di quando li ho lavati.
Dopo 24 ore hanno raggiunto un livello di depressione cosmica che li appiattisce alla mia testa oltre ogni limite, obbligandomi a rilavarli.

Insomma, non li appesantisce un accidente! Devo procurarmi un altro prodotto meno "rivitalizzante" e più lavante!

Inizio anno con scortesia

Aria fosca e stropicciata, aspetto pessimo e silenzio tombale.
Mi trovo a pranzare di fronte a codesto piacevole soggetto di fronte, ieri a mezzogiorno.
Difficile capire come comportarsi.
Fare qualcosa, oppure no?

Non ha profferto parola, e io, reduce dall'ennesima pessima nottata a causa della sinusite che non mi fa respirare, ho un aspetto bruttino, che mi piacerebbe occultare, invece di esibire.

Parlo, ad altri, ovviamente.
Ma siccome la gentilezza non è mai troppa, e in questo caso non è disinteressata, mi prendo la briga di scrivere tre righe davvero molto gentili prima di uscire nel pomeriggio.

E stamattina... nessuna risposta.
Né grazie, né prego né nulla.
E non è la prima volta.

Ora, a me girano anche un po' le scatole, a essere sincera.
Capisco il lavoro il tempo la congiunzione astrale, ma fino a un certo punto.
Qui si tratta di educazione, che non è un optional.

In preda ai fumi del nervosismo, ho pensato: - Scendo prima, lo ignoro...- ma poi mi sono detta che è meglio far finta di nulla e continuare con le proprie abitudini.

Odio la gente che non risponde, comunque.

martedì 8 gennaio 2013

Inizio anno con assenza

della mia collega che non è rientrata...
indovinate a chi tocca?

Oggi mi sono definita il gruppo sanguigno zero positivo...
va bene per tutto....

Inizio anno con disgusto

Anno nuovo, capo vecchio.
Che ha cominciato spumeggiante come una serie di fuochi d'artificio made in china la giornata di ieri.
Già alle 10 sbraitava al telefono, in viva voce, con un povero malcapitato, che non dipende da lui, sottolineiamo questo fatto, alternando tre parolacce a una parola normale.

- E adesso tu vai su, muovi ...., e supplichi, e implori, e preghi perché venga messo fatto scritto (intanto 20 parolacce) - e ribadiamo che questa persona non dipende da lui.

Cosa c'è di meglio di una bella piazzata stravaccato su una sedia, da cui si erge un pancione enorme?
Una seconda piazzata, sempre allo stesso, che, ai suoi occhi è colpevole di non fare quello che lui vuole su una cosa che non dipende da lui, che è stata concordata e disattesa da altri, che la mattina del 7 gennaio non sono ancora al lavoro.

- Non sono affatto contento eh?.-.

Mi sembrava di sentir parlare Berlusconi, o la brutta copia dei soliti 2 idioti.
Quasi quasi Silvio è più simpatico.
Detto da me...
Si permette di far così perché stima poco le persone che ha di fronte, che sono giovani e quindi lui si sente in diritto di comportarsi così.
Impeccabili i due, anche se, a un certo punto una certa  tensione è trapelata.

Io sono arrivata a una conclusione: mandiamolo in vacanza premio a Los Roques...
Chissà mai che arrivi la grazia.

sabato 5 gennaio 2013

All'outlet in assetto da guerra

A leggere i giornali, sembreremmo tutti asserragliati in casa a mangiare pane vecchio a lume di candela.
E invece basta recarsi all'outlet di Vicolungo il secondo giorno di saldi in Piemonte per cambiare idea.
Credo che il flagello delle cavallette in Egitto somigliasse, visto dall'alto, a tutti quei pazzi che si sono riversati nel tempio dello shopping a poco prezzo e soprattutto nel suo esteso parcheggio.

Mobilitati vigili e polizia urbana per arginare quel flagello di Dio che, ognuno rigorosamente macchinato, ha messo a ferro e fuoco l'area.

Mi sono chiesta: - E' peggio abitare vicino a Malpensa oppure vicino a Vicolungo in tempo di saldi?-
Non è semplice rispondere. Se vivi a Vicolungo, e devi andare a lavorare in auto a Novara, in certi giorni devi raccomandarti a Dio per arrivare vivo....

Lotta per il parcheggio già alle 10 e qualcosa. A muso duro, blindate in auto, ci opponiamo a male parole a una tizia che indica il posto vuoto all'auto dietro noi.

Già le simpatiche stradine fintissime sono invase da varia gente che sciama e assalta quasi ogni negozio, per lo più adulti, con la stessa espressione degli adolescenti che vanno a Milano in treno a spendere la paghetta di Natale. Eh, sì, loro si stanno gustando la polverizzazione della paghetta di Natale sotto forma tredicesima.

Le difficoltà appaiono evidenti subito. Impossibile sostare in un negozio qualsiasi dopo aver pagato.
E già arrivare alla cassa, con la roba, tutta, quella che hai scelto tu, non è certo scontato.
Anche in un posto come, diciamo, la Ragno, che non vende articoli firmati, né modelli propriamente di grido ma solo le mutande più comode dell'universo terracqueo, ci sono frotte di persone.

Quali persone?

Beh, c'è sempre l'Uomo con il Cane. Fuori dal negozio, o meglio, sul limitare dello stesso, non dentro perché non può ma non fuori perché non si prenderebbe il caldo.
Lei è dentro che fa shopping e ogni tanto, brandendo un paio di boxer o un pigiama gli urla :- Ti piace? Te lo compro?.- Dopo un po' è talmente stufo che direbbe di sì anche al costume di Yoghi.
Giusto per spostarsi davanti al prossimo negozio.

Poi c'è la Coppia Firmata. Lui e lei di età indefinibile, che in mezzo alla bolgia passeggiano, esibendo le migliori firme del loro guardaroba che include necessariamente la cuffia Fendi, Moncler, cintura D&G o Gucci, e scarpe Hogan o similari (modellino ortopedico e strass anche per lui). Mentre prima facevano le vasche in centro ora vengono qui a farsi vedere (da chi?).

Ci sono quelli che li guardi e pensi: - Ma tutta sta roba che comprano dove la mettono ?-.
Oversize, trascurati, e pure, un po' sporchicci e vedersi.

Ci sono gli Amici della montagna. Hanno il camper nel parcheggio (2 posti occupati) e stanno facendo shopping con ancora gli scarponcini addosso. Li puoi vedere perché hanno pile che, non ho mai capito perché, hanno sono colori impossibili, come arancio fluo e camminano come avessero appena tolto gli sci.

C'è l'Amante del bar, il cui unico obiettivo è girarli tutti e provare caffè e brioche a ogni angolo.

E oggi c'era anche... una pazza che, nel negozio le Full, con 40 gradi, mille persone e 4 camerini, ha passato più di 40 minuti con indosso un tailleur del negozio a girellare come un'invasata provandosi mille cose e tornando a uscire sempre con quel tailleur indosso, una cuffia rossa di finta lana, occhialetto dorato, sguardo acquoso, capello stopposo e mica tutti i venerdì per me.

Morale, all'una già tornavamo a casa....





giovedì 3 gennaio 2013

Salvatemi da Kiko Cosmetics (vi prego)

Mi sono sempre truccata.
Non tanto, ma credo che nella culla mi abbiano messo un biberon, un gatto vero, un libro e un mascara.

Da quando hanno aperto i negozi di Kiko la mia trousse è grande come Kiko...
Mi sono dovuta segnare i numeri degli smalti perchè ne ho comprati di identici...

E con le loro promozioni, accidenti, mi vendono di tutto.
Mai che riesca a uscire senza niente...
Mai.

Bilancio di oggi, un solvente per unghie, una penna per correggere le sbavature e un ombretto color tortora (direbbe Clio), opaco.

Salvatemi, dai pastelli sono passata ai pennelli e poi ancora ai pastelli.
Anche se...
La soddisfazione che dà un nuovo rossetto, chi te la può dare?
E a 4 euro e 99.....

In pace

Una mattinata invernale tersa, con un'aria trasparente, leggera come solo quella invernale può essere, in alcuni giorni che brillano come un gioiello in mezzo a una distesa di giorni nebbiosi e gelidi.
Una strada quasi deserta, rilucente sotto il sole, a un orario insolito.
La radio accesa e la fortuna di una serie di brani accettabili.

Vado e mi rendo conto di essere serena.
Di vivere esattamente in quel momento.
Che la mia mente e il mio cuore sono presenti insieme al  mio corpo in quello spazio ristretto, in quell'istante, interamente.
Lontanissimo mi sembra quel vivere sdoppiato continuo di chi sempre più aspira a qualcosa che non è realistico attendersi.
Come un brutto sogno vedo davanti a me la stanchezza del non essere mai davvero presenti, con la mente ingabbiata dal grande mistificatore, il cuore sofferente e confuso.

Ma, soprattutto, quello che sto facendo non è la seconda scelta in attesa del Grande Evento.
Quello che sto facendo, pensando, vivendo non è contro qualcuno, per qualcun altro, ma solo per me.

Credo che questa sia la sintesi della fine di un legame: ritrovare la vista, la voce, l'udito e il rispetto di sé.

Addio, con grande gioia, come il sorriso soffuso che mi si dipinge dolce in volto, mentre vado per la mia strada.

mercoledì 2 gennaio 2013

Neve cosmetics

Ho comprato un paio di volte sul sito di Neve cosmetics (biocosmesi minerale, vegan e via dicendo).
La prima volta sono stata entusiasta: i cosmetici sono cari, ma i colori e la resa (anche se, essendo in polvere sporcano molto) ottima.

La seconda un po' meno. Il motivo è semplice: il prezzo è rimasto quello di prima, ma quando mi sono arrivate le confezioni, ho dovuto constatare che il quantitativo degli ombretti della confezione mini era molto meno di quello che mi hanno spedito qualche mese fa.

Conclusione: devo farmeli spedire e quindi o approfitto delle spese di spedizione gratuite qualche volta oppure mi costa, la quantità è scarsa, il cosato elevato...
Anche se non metto in dubbio la qualità (fondotinta a parte) ho deciso di non comprare più questi prodotti, ma di prendere di volta in volta quello che mi serve.

Genitori da baliare

Stavo proprio assestando le ultime, decisive mescolate al mio risotto al radicchio, quando è suonato il campanello. Nessuno risponde al citofono e quindi esco così come sono, con il grembiule a fiorellini, le ciabatte di panno grigio con sopra i fiorellini (regalo di mamma), la pinza in testa nemmeno un filo di trucco.

Il postino mi aspetta alla fine del sentiero. Ahia, se suona vuol dire raccomandata e di solito sono dispiaceri.
La raccomandata non è per me, ma per mia mamma. Gliela spedisce l'INPS, che, per farla breve, chiede una verifica della presentazione del modello RED.

Panico. Se l'INPS non è riuscita a farmi scuocere il risotto, è però riuscita a far passare l'appetito alla mia commensale, e non c'è niente di peggio che perdere più di un'ora per preparare un risotto che rimane lì.

In mezzo a kg e kg di scartoffie cerco di farmi largo con il mio piattino.
Del tutto inutile ricordare alla nostra ansiosa che, ai fini della soluzione del problema, è del tutto  inutile affrettarsi a scavare, tanto se c'è ci sarà anche dopo il pranzo.
Ore a rivoltare documenti su documenti, in preda a un ciclone che lascia dietro di sé un caos, se possibile, anche peggiore del precedente.

Morale, non abbiamo la documentazione, ma abbiamo imbastito un casino che al confronto Desert storm era da dilettanti.

E quindi, panico. C'è da andare a Caf.
Per un attimo temevo di doverci andare io, e immaginavo la mia solita aria svagata di quella che non sa di cosa parlare... dato che il problema non è suo.

Invece, per ora, ho solo cercato numero, indirizzo e orari... e telefonare, dimenticavo.