Da un po' di tempo a questa parte ho del malumore represso che mi accompagna costantemente.
Fino a ora l'ho gestito nel modo consueto, ovvero tacendo e mandando giù, un po' isolandomi dal mondo per isolarmi dal "problema".
Ma ora lo dico chiaramente: sono stufa e arcistufa di chi si spaccia per amico e poi c'è soltanto nel momento della disgrazia. La sua, ovvio.
In quei momenti la sua assiduità è paragonabile a quella di una zecca, salvo poi vaporizzarsi quando l'emergenza è terminata e, magari, s'è trovata un ometto con cui uscire.
Dal mio punto di vista questa non è amicizia, è opportunismo.
Perfino la formula del matrimonio recita: "nella buona e nella cattiva sorte".
Ricordiamoci, quindi, della buona ed evitiamo di ricavare del tempo solo e soltanto quando c'è qualche problema o lamentela o assenza.
C'è chi si sente realizzato a fare il salvatore del mondo.
Non io, però.
Se la giusta riconoscenza per aver sacrificato tempo, energie e possibilità sta nell'evanescenza e nell'omertà del non dire e non raccontare, ecco, facciamone a meno.
Facciamone a meno di starmi addosso, facciamone a meno di far finta di dire le cose nascondendo dietro un velo di Pulcinella quelle vere e importanti.
Diamo spazio a un altro prossimo magari meno egoista e più interessante.
Non obbligo sta dietro e dentro l'amicizia, ma un po' di decenza sì.
E di tempo "buono".
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