Sono le nove di martedì sera 28 maggio, a Novara, in Piazza Martiri. Il cielo è velato da nuvoloni minacciosi, un vento freddo più simile a quello di novembre alla brezza primaverile mi consiglia di rimanere in auto mentre aspetto Teresa e Anna.
Mi colpisce la vitalità e il viavai di questa Piazza, in cui vedo auto che vanno e vengono, giovani che parcheggiano e che si trovano. Gruppi di ragazze ben vestite, coppie che camminano mano nella mano, ragazzi che scherzano.
Il bar in cui ci fermiamo a lungo non è molto pieno, ma si riempie in poco tempo. Amici, famiglie, coppie, che chiacchierano, bevono qualcosa, mangiano un gelato. Mi chiedono pure una foto...
E rifletto, mentre torno lentamente verso casa nella notte, su quanto siano valsi tutti i sacrifici che ho fatto, da ragazza, da studentessa, da giovane lavoratrice. Le sveglie alle 6 del mattino, i we passati in casa sui libri, i bei voti, l'andare a dormire alle 9, il presenzialismo a scapito di tutto.
Tutto quello a cui ho rinunciato nella speranza di avere uan vita migliore poi.
Chiaro che ormai non si può tornare indietro, recuperare anche in modo ridicolo gli anni persi.
Ma che sia da monito per il futuro e da ago della bilancia per pesare cosa davvero vale.
mercoledì 29 maggio 2013
martedì 28 maggio 2013
Da Venezia con rancore
Un lunedì fintamente primaverile, con un sole pallido che non riesce a scaldare il palazzo.
Puntuale il nostro barbuto mi invita a bere il caffè (che offro io...).
E, dopo avermi chiesto com'è andato il we, e dopo aver semi-recepito del mio we tormentato, si lancia nel racconto della sua gita familiare domenicale a Venezia con i bambini e la madre dei bambini "perché a 9 anni non puoi non aver visto Venezia".
Si dipinge un'amena scenetta in cui il nostro (l'uomo più disorganizzato e disordinato del mondo) comanda a bacchetta i suddetti albanesi (la famiglia con responsabilità low cost che si è noleggiato) per portarli a vedere San Marco e compagnia in giornata da Bologna.
E mi immagino questo squinternato accompagnato da una compagine di bifolchi quali sono che corre veloce tra le calli, con il suo passo che è come al sua coscienza, passa sopra a tutti, un pranzo educativo da McDonald e l'acquisto (a spese sue come tutto il resto) di raffinati souvenirs.
E mi è chiaro il perché di tutto questo: è facile essere generosi di fronte a se stessi con questa gente che ha poco ed è poco. Ci vuole, appunto, poco. Poco impegno e poca partecipazione. Oltre che il potere decisionale assoluto che si nasconde nel terribile dominio del "io pago". Ecco perché non riesce ad avere rapporti paritari in cui si stabiliscono rapporti non di forza.
Tutti i deboli hanno bisogno di rapporti squilibrati, gli unici che sanno gestire.
Puntuale il nostro barbuto mi invita a bere il caffè (che offro io...).
E, dopo avermi chiesto com'è andato il we, e dopo aver semi-recepito del mio we tormentato, si lancia nel racconto della sua gita familiare domenicale a Venezia con i bambini e la madre dei bambini "perché a 9 anni non puoi non aver visto Venezia".
Si dipinge un'amena scenetta in cui il nostro (l'uomo più disorganizzato e disordinato del mondo) comanda a bacchetta i suddetti albanesi (la famiglia con responsabilità low cost che si è noleggiato) per portarli a vedere San Marco e compagnia in giornata da Bologna.
E mi immagino questo squinternato accompagnato da una compagine di bifolchi quali sono che corre veloce tra le calli, con il suo passo che è come al sua coscienza, passa sopra a tutti, un pranzo educativo da McDonald e l'acquisto (a spese sue come tutto il resto) di raffinati souvenirs.
E mi è chiaro il perché di tutto questo: è facile essere generosi di fronte a se stessi con questa gente che ha poco ed è poco. Ci vuole, appunto, poco. Poco impegno e poca partecipazione. Oltre che il potere decisionale assoluto che si nasconde nel terribile dominio del "io pago". Ecco perché non riesce ad avere rapporti paritari in cui si stabiliscono rapporti non di forza.
Tutti i deboli hanno bisogno di rapporti squilibrati, gli unici che sanno gestire.
lunedì 27 maggio 2013
Una bella mela con un "piccolo" baco
Perché un bell'uomo, con una buona posizione lavorativa, colto e di buona famiglia, non è ancora sposato?
Perché ha qualcosa che non va, fidatevi. I miracoli non sono di questo mondo, e, se anche fossero, non capiteranno a voi. Mettetevi il cuore in pace e piantatela di leggere romanzetti rosa.
E iniziate a cercare il baco, ovvero il "problema".
La mia vecchia battuta sugli orfani di madre è quantomai attuale.
Che succede se, per il nostro eroe, prima viene la mamma e poi tutto il resto, te compresa?
E che accade se la suddetta mamma è un' Erinni a piede libero camuffata da genitrice?
Succede che non avrai vita facile, nella migliore delle ipotesi, con una mamma gelosa che continuamente si immischia mettendo zizzania.
Siete pronte a una vita in trincea?
Con il suo "pupo" che sarà sempre e comunque pupo per mammà e che avrà il suo appoggio incondizionato qualsiasi scemata faccia o non faccia (tanto tocca a voi tenervelo in casa).
Ci sono tante versioni della terribile mamma. Forse quella peggiore è la subdola, ovvero quella che sembra tanto brava e tanto buona, ma che indirettamente mette su il figlio contro di voi.
Figlio che, clamorosamente, regredisce allo stadio infantile facendosi imbesuire dalla mamma, cui dà, e ci mancherebbe altro, sempre ragione, e di cui ripete a macchinetta la lezione appena ascoltata.
Quello che ai figli maschi spesso manca (tranne ai meno mammosi e ce ne sono) è la capacità di vedere la mamma come un essere umano. Al mondo ci sono donne buone, cattive, stupide e intelligenti (anche tutte e due le cose insieme), generose e avide, ignoranti e non. E che talvolta sbagliano, e lo fanno consapevolmente e magari contro di te.
E mentre le donne in genere se ne accorgono, e cercano di gestire la cosa, gli uomini no.
Mettetevi il cuore in pace...
Ma se la dipendenza supera ogni limite di ragionevole idiozia?
Beh, allora, considerate che una coppia per stare in piedi è costituita al massimo da due persone, più eventuali figli. Gli intrusi esercitano sempre un'azione centrifuga sulla coppia, che dopo un po'... scoppia.
Meglio quindi che succeda prima dell'irreparabile.
Perché ha qualcosa che non va, fidatevi. I miracoli non sono di questo mondo, e, se anche fossero, non capiteranno a voi. Mettetevi il cuore in pace e piantatela di leggere romanzetti rosa.
E iniziate a cercare il baco, ovvero il "problema".
La mia vecchia battuta sugli orfani di madre è quantomai attuale.
Che succede se, per il nostro eroe, prima viene la mamma e poi tutto il resto, te compresa?
E che accade se la suddetta mamma è un' Erinni a piede libero camuffata da genitrice?
Succede che non avrai vita facile, nella migliore delle ipotesi, con una mamma gelosa che continuamente si immischia mettendo zizzania.
Siete pronte a una vita in trincea?
Con il suo "pupo" che sarà sempre e comunque pupo per mammà e che avrà il suo appoggio incondizionato qualsiasi scemata faccia o non faccia (tanto tocca a voi tenervelo in casa).
Ci sono tante versioni della terribile mamma. Forse quella peggiore è la subdola, ovvero quella che sembra tanto brava e tanto buona, ma che indirettamente mette su il figlio contro di voi.
Figlio che, clamorosamente, regredisce allo stadio infantile facendosi imbesuire dalla mamma, cui dà, e ci mancherebbe altro, sempre ragione, e di cui ripete a macchinetta la lezione appena ascoltata.
Quello che ai figli maschi spesso manca (tranne ai meno mammosi e ce ne sono) è la capacità di vedere la mamma come un essere umano. Al mondo ci sono donne buone, cattive, stupide e intelligenti (anche tutte e due le cose insieme), generose e avide, ignoranti e non. E che talvolta sbagliano, e lo fanno consapevolmente e magari contro di te.
E mentre le donne in genere se ne accorgono, e cercano di gestire la cosa, gli uomini no.
Mettetevi il cuore in pace...
Ma se la dipendenza supera ogni limite di ragionevole idiozia?
Beh, allora, considerate che una coppia per stare in piedi è costituita al massimo da due persone, più eventuali figli. Gli intrusi esercitano sempre un'azione centrifuga sulla coppia, che dopo un po'... scoppia.
Meglio quindi che succeda prima dell'irreparabile.
domenica 26 maggio 2013
Metti una sera a cena....
... noi tutte o quasi, come da dieci anni (? sì credo che siano dieci) non ci si ritrovava allo stesso tavolo. Gli ingredienti ci sono tutti: la nostra città universitaria, una trattoria di tutto rispetto, un matrimonio prossimo da festeggiare e un dramma del tutto attuale da cercare di comporre e sviscerare.
Tutto perfetto, tavolo appartato, cibo all'altezza, e chiacchiera fluida. Le tavolate inopportune confinate all'altro capo del ristorante e un servizio presente ma non invadente.
Ah, le ingerenze dei genitori, che dramma. Quanto mai vero e attuale il mio pensiero, prima conosci la futura suocera e poi valuta se tenerti o meno l'uomo...
Ma su questo ritorneremo, se non altro perché le vicende della vita hanno spesso un tasso di surreale esponenzialmente superiore alla finzione.
E poi c'è chi manca, e tutto quanto successo necessitava della presenza della persona mancante.
Riflettevo quindi sull'importanza della presenza. La qualità del proprio tempo è importante, certo, ma certi momenti vanno proprio vissuti. Il non esserci aumenta la distanza, e, francamente, rende complicato trovare argomenti comuni.
Le cose devono trovare il tempo e l'occasione per essere dette, magari di persona.
La vicinanza e la presenza vanno coltivate con cura, perché il tempo non solo cura e consola, ma divide anche. La sensazione di estraneità è angosciante e, ma questa è un'opinione personale, non sono sicura di accontentarmi di un paio di appuntamenti l'anno di facciata in cui è impossibile sviscerare "le questioni".
Mentre medito sul da farsi, memore della recente lezione, mi ripropongo una maggior presenza futura dove conta.
sabato 25 maggio 2013
Mostra Leonardo Milano
Da quando al mia azienda ha deciso di fare gite aziendali culturali io ho cominciato ad andarci più volentieri.
Quella che viene pomposamente chiamata festa di primavera è composta da una o più visite culturali e da un bel pranzo in qualche luogo ameno dove forse la maggior parte dei dipendenti non potrebbe normalmente andarci.
Sono molto soddisfatta della mostra di Leonardo (tema le macchine progettate da Leonardo stesso, tra cui quelle per il volo) anche grazie alla guida, molto brava che ha saputo interessarci senza annoiarci.
Le cose che ho scoperto su Leonardo, in questa incredibile mostra interattiva (per farvi un esempio, ogni macchina può essere ricostruita mediante toutch screen in una gara che premia il più bravo di tutti), mi hanno molto divertita.
Tanto per cominciare di questi numerosissimi progetti quelli che ha concluso sono stati ben pochi.
Ma il suo interesse verso ogni forma di miglioria era bulimico e più da ingegnere che da artista e imperniato sulla volontà di ridurre la fatica umana. E non si applicava solo alle missioni più romantiche, come il volo, ma anche a quelle più terrene tipo il girarrosto (sì avete letto bene:-).
Molto vanitoso, aveva scelto Milano per poter fare quello che voleva, studiare e inventare a piacimento. Grande organizzatore di feste, molto socievole e vanitoso è riuscito a riempire migliaia di pagine di codici e progetti in un'epoca in cui la carta era rara e carissima.
Ho visto anche un antenato del cubo di Rubrick in legno per custodire segreti...
Mi ha molto impressionato la biblioteca ambrosiana.
Ho deciso dove vorrei stare a lavorare, in santa pace, e sono disposta pure a sopportare i cori gregoriani in sottofondo se serve (cosa c'entrano poi con l'epoca di Leonardo lo sanno solo loro).
Le pagine del codice esposte a rotazione mi hanno impressionato meno del curriculum che Leonardo si fa scrivere per averlo scritto per bene, da un altro letterato.
Quella che viene pomposamente chiamata festa di primavera è composta da una o più visite culturali e da un bel pranzo in qualche luogo ameno dove forse la maggior parte dei dipendenti non potrebbe normalmente andarci.
Sono molto soddisfatta della mostra di Leonardo (tema le macchine progettate da Leonardo stesso, tra cui quelle per il volo) anche grazie alla guida, molto brava che ha saputo interessarci senza annoiarci.
Le cose che ho scoperto su Leonardo, in questa incredibile mostra interattiva (per farvi un esempio, ogni macchina può essere ricostruita mediante toutch screen in una gara che premia il più bravo di tutti), mi hanno molto divertita.
Tanto per cominciare di questi numerosissimi progetti quelli che ha concluso sono stati ben pochi.
Ma il suo interesse verso ogni forma di miglioria era bulimico e più da ingegnere che da artista e imperniato sulla volontà di ridurre la fatica umana. E non si applicava solo alle missioni più romantiche, come il volo, ma anche a quelle più terrene tipo il girarrosto (sì avete letto bene:-).
Molto vanitoso, aveva scelto Milano per poter fare quello che voleva, studiare e inventare a piacimento. Grande organizzatore di feste, molto socievole e vanitoso è riuscito a riempire migliaia di pagine di codici e progetti in un'epoca in cui la carta era rara e carissima.
Ho visto anche un antenato del cubo di Rubrick in legno per custodire segreti...
Mi ha molto impressionato la biblioteca ambrosiana.
Ho deciso dove vorrei stare a lavorare, in santa pace, e sono disposta pure a sopportare i cori gregoriani in sottofondo se serve (cosa c'entrano poi con l'epoca di Leonardo lo sanno solo loro).
Le pagine del codice esposte a rotazione mi hanno impressionato meno del curriculum che Leonardo si fa scrivere per averlo scritto per bene, da un altro letterato.
mercoledì 22 maggio 2013
Contro il nozionismo
L'uomo che ha maturato in sé
una solida esperienza, attraverso
una costante e approfondita pratica,
è guardato da tutti con grande rispetto,
in modo naturale e spontaneo.
Colui, invece, che ha accumulato solo
un bagaglio di tante nozioni,
verrà presto superato da altri.
una solida esperienza, attraverso
una costante e approfondita pratica,
è guardato da tutti con grande rispetto,
in modo naturale e spontaneo.
Colui, invece, che ha accumulato solo
un bagaglio di tante nozioni,
verrà presto superato da altri.
Eihei Dogen (1200-1253)
Monaco e Maestro Zen giapponese
Mi importa di te (un ritorno di amicizia è possibile?)
Le amicizie naufragate. Legami lunghi, intensi e importanti che, per motivi più o meno gravi, più o meno chiari, si sono interrotte. Si può riportarle in vita? Come, a che prezzo e soprattutto perché?
Me lo chiedo con insistenza, costretta a ricondurre il mio pensiero necessariamente alla dimensione soggettiva, non avendone un'altra. Mi riferisco a Sara, in particolare, ripresentatasi sul binario 5 della stazione dei treni di Mortara e lì lasciata.
Per me è stata la sorella che non ho mai avuto (oltre che sul nome i miei hanno risparmiato sul numero dei figli e su infinite piccole e grandi cose). Abbiamo passato tanti anni a scuola insieme, condiviso moltissime cose piccole e grandi.
Finché forse non sono diventate troppo grandi. Quando la morte di mio papà ha attraversato il mio presente come un tsunami e ha ipotecato seriamente il mio futuro, mi sono trovata a 18 anni a far fronte a una madre depressa, una nonna impazzita, l'impossibilità di tirare a fine mese, una serie di avvoltoi desiderosi di mettere le mani su quel poco che era rimasto, e a frequentare INPS, commercialisti, notai, avvocati. Intanto preparare la maturità, così, nei ritagli di tempo.
E non c'era nessuno che potesse aiutarmi, sostenermi, anche perché in quel momento ne avrei avuto bisogno davvero e purtroppo mia mamma (sempre eternamente depressa) aveva sospeso i rapporti con Margherita.
E mentre cercavo dolorosamente e faticosamente di sbrogliare i nodi della mia esistenza, anche contro quello che voleva mia mamma, per esempio, che sognava per me un futuro da ingegnere (per me poi... mah) lei si è piano piano allontanata preferendo altre compagnie.
Sono consapevole della difficoltà di comprendere le grandi tragedie personali altrui, tra cui quella di non sapere che fare della propria vita. Ma ho anche colto una certa propensione, come dire, a far piazza pulita delle frequentazioni ogni qual volta c'era un cambio di scuola o di vita.
Ammetto di non essere stata il massimo dell'allegria, di essermi presentata così com'ero, senza soluzioni, piuttosto noiosa e, talvolta, in difficoltà di comunicazione di qualcosa che, pensate, ci ho messo anni a comunicare perfino a me stessa! Però mi sono sempre sforzata, di essere presente, di ascoltare, anche quando avevo problemi di concentrazione, di leggere, in qualche modo di esserci.
Ho vissuto male l'interruzione dei rapporti, come fosse un'abbandono in piena regola.
Ho commentato in passato che questa cosa mi è costata come un divorzio.
Ci ho messo anni a ricomporre la mia esistenza prevedendo una mancanza invece di un'importante presenza. La mia innata riservatezza si è trasformata in una tendenza alla distanza, una distanza sofferta e preoccupata, motivata dal costante timore del ripetersi dell'abbandono (una serie di abbandoni, no e fallimenti a catena non fa bene a nessuno). Se ha deciso di troncare i rapporti qualcuno che sa tutto di me - e viceversa - la probabilità che accada di nuovo è alta, anzi, più alta, dato che la mia convinzione ruota intorno al fatto che solo conoscendomi mi si può apprezzare.
Questo innato tenere le distanze emotive, che combatto ogni giorno faticosamente, nasce da lì.
E, fresca fresca, me la trovo sul binario 5 del treno per Milano, travestita da figlia dei fiori, mentre si stava recando a qualche opera di volontariato no profit (settore per cui alla fine lavoro anch'io, ma in tailleur), che mi squadra e attacca discorso sbirciando l'anulare della mia mano sinistra.
Io che sono diventata un essere sociale ma non socievole rispondo amabilmente. Subito decido però di non riprendere i rapporti.
Perchè?
Non si tratta di orgoglio miope, di insensata sostenutezza. Il nocciolo della questione è: mentre tutto questo succedeva e tutto il resto no, tu dov'eri? Non c'eri, per lo meno, dov'ero io, e non ci sei dove sono arrivata. Se in tutto questo tempo sono diventata solo un fenomeno da pettegolezzo, facciamo questo pettegolezzo e leviamoci il pensiero. Ma poi basta, è chiaro.
Un linguaggio comune si costruisce su basi comuni, che prevedono tempo e impegno, comunanza di cose piccole e grandi. E visione comune, che cresce nel tempo.
Ecco, ho cambiato gli occhiali, nel frattempo.
Mi affeziono alle mie cose ma dieci anni per un paio di occhiali bastano e avanzano.
Per cui, non sentendomi obbligata prima di tutto verso me stessa, rimetto la proposta.
Mi sgancio, in poche parole, e senza possibilità di ritorno.
E non c'era nessuno che potesse aiutarmi, sostenermi, anche perché in quel momento ne avrei avuto bisogno davvero e purtroppo mia mamma (sempre eternamente depressa) aveva sospeso i rapporti con Margherita.
E mentre cercavo dolorosamente e faticosamente di sbrogliare i nodi della mia esistenza, anche contro quello che voleva mia mamma, per esempio, che sognava per me un futuro da ingegnere (per me poi... mah) lei si è piano piano allontanata preferendo altre compagnie.
Sono consapevole della difficoltà di comprendere le grandi tragedie personali altrui, tra cui quella di non sapere che fare della propria vita. Ma ho anche colto una certa propensione, come dire, a far piazza pulita delle frequentazioni ogni qual volta c'era un cambio di scuola o di vita.
Ammetto di non essere stata il massimo dell'allegria, di essermi presentata così com'ero, senza soluzioni, piuttosto noiosa e, talvolta, in difficoltà di comunicazione di qualcosa che, pensate, ci ho messo anni a comunicare perfino a me stessa! Però mi sono sempre sforzata, di essere presente, di ascoltare, anche quando avevo problemi di concentrazione, di leggere, in qualche modo di esserci.
Ho vissuto male l'interruzione dei rapporti, come fosse un'abbandono in piena regola.
Ho commentato in passato che questa cosa mi è costata come un divorzio.
Ci ho messo anni a ricomporre la mia esistenza prevedendo una mancanza invece di un'importante presenza. La mia innata riservatezza si è trasformata in una tendenza alla distanza, una distanza sofferta e preoccupata, motivata dal costante timore del ripetersi dell'abbandono (una serie di abbandoni, no e fallimenti a catena non fa bene a nessuno). Se ha deciso di troncare i rapporti qualcuno che sa tutto di me - e viceversa - la probabilità che accada di nuovo è alta, anzi, più alta, dato che la mia convinzione ruota intorno al fatto che solo conoscendomi mi si può apprezzare.
Questo innato tenere le distanze emotive, che combatto ogni giorno faticosamente, nasce da lì.
E, fresca fresca, me la trovo sul binario 5 del treno per Milano, travestita da figlia dei fiori, mentre si stava recando a qualche opera di volontariato no profit (settore per cui alla fine lavoro anch'io, ma in tailleur), che mi squadra e attacca discorso sbirciando l'anulare della mia mano sinistra.
Io che sono diventata un essere sociale ma non socievole rispondo amabilmente. Subito decido però di non riprendere i rapporti.
Perchè?
Non si tratta di orgoglio miope, di insensata sostenutezza. Il nocciolo della questione è: mentre tutto questo succedeva e tutto il resto no, tu dov'eri? Non c'eri, per lo meno, dov'ero io, e non ci sei dove sono arrivata. Se in tutto questo tempo sono diventata solo un fenomeno da pettegolezzo, facciamo questo pettegolezzo e leviamoci il pensiero. Ma poi basta, è chiaro.
Un linguaggio comune si costruisce su basi comuni, che prevedono tempo e impegno, comunanza di cose piccole e grandi. E visione comune, che cresce nel tempo.
Ecco, ho cambiato gli occhiali, nel frattempo.
Mi affeziono alle mie cose ma dieci anni per un paio di occhiali bastano e avanzano.
Per cui, non sentendomi obbligata prima di tutto verso me stessa, rimetto la proposta.
Mi sgancio, in poche parole, e senza possibilità di ritorno.
martedì 21 maggio 2013
Restyling
Annuncio ufficialmente il via al mio restyling.
Nulla si salverà.
Il momento è giunto, l'ora è fuggita....
Il nuovo look è alle porte. :-)
Nulla si salverà.
Il momento è giunto, l'ora è fuggita....
Il nuovo look è alle porte. :-)
Per cortesia pura e semplice
Cosa rende un'amicizia un legame forte e insostituibile?
La condivisione, credo. E non parlo solo di banalità quotidiane, ma anche, e soprattutto, di cose serie.
Di quello che succede e che non succede e di come ci si sente.
Non significa nemmeno frequentarsi assiduamente.
Essere sulla stessa lunghezza d'onda è un fatto che emerge senza dubbio e senza fallo anche quando ci si rivede dopo tanto tempo.
E poi, beh, poi ci sono le amicizie "svaporate". Tipicamente quando uno è andato "per dritta via" in un posto che ritiene essere l'unica soluzione possibile, e l'altro ha incrociato qualche senso unico, delle curve cieche, magari si è fatto un po' male e ha avuto bisogno di ritrovarsi, del tutto o in parte (quella che ancora rimaneva integra). Quello della strada dritta è convinto di avere tutte le soluzioni del mondo. Non sa che è stato il caso o la fortuna o la sorte a condurlo senza intoppi tra le braccia della cieca normalità. E l'altro ha una serie di cose da insegnargli su quanto è varia e grande e ampia l'umanità e l'esistenza. Tutte cose che il primo non ha interesse a sentire nella sua piccola boccia d'acqua.
Ma come, dice il secondo, non senti il resto del mondo fuori dalle tue tapparelle sempre abbassate? Non senti l'alba, il tramonto, il vento, il mare, perfino in lontananza?
Questo mugghiare in fondo al cuore...
No, a Radio Coop mentre faccio la spesa (veloce, eh, che non ho tempo) non lo danno mai il mugghiare del mare.
Nemmeno il profumo, c'è solo il Glad Magic Water alla Coop (che annuso di fretta anche lui...).
Che dire, per generosità, per gloria alla vita ritrovata, per tutto il tempo in cui si è creduto a un'amicizia profonda e non solo di puntate da Benetton si finge interesse e partecipazione alle mirabolanti vicende di signora perbene assai impegnata e integrata in società.
Ma poi, tra lo stormire delle fronde e il vento salmastro, guardando bene in profondità, che rimane da fare? In coscienza, cosa ti posso ancora insegnare, trasmettere, dato che tu non mi vuoi ascoltare nel tuo mondo di lego ove tutto ha una forma e un posto e una dimensione predeterminata?
Io nel tuo piccolo salotto un pochino soffoco. Ti guardo al peggio della tua forma, nel caos e nella sciatteria più totale, come fossi sintonizzata solo sul tuo canale, in una boccia d'acqua e confusione. Mi vuoi insegnare, mostrare, far capire.
Apprezzo, ma rimetto la gentilezza. Vedo bene questo tuo caos rispettabile. E non fa per me.
lunedì 20 maggio 2013
Davvero un inizio no
Così stamattina, la peggiore che non ricordassi da secoli e secoli amen.
Mai, nemmeno nei momenti più bui della mia poco esaltante carriera lavorativa sono stata così svogliata. Consunta, direi.
Mi sveglio con la certezza che la mia carissima crema contorno occhi della Rilastil, che ho pagato un occhio della testa mi fa allergia. Io che ho sempre comprato roba scontata a poco e pochissimo prezzo mi trovo a fare i conti con una terribile congiuntivite. Occhi gonfi e cisposi, tutti appiccicati, sclera di fuoco... Un orrore, per giunta bruciante.
Sono stordita, stanca e completamente priva di concentrazione.
Leggo, come sempre, con l'obiettivo di terminare un libro agli sgoccioli.
Ma devo tornarci su più e più volte... Ed è un romanzo.
Complice un ritardo il treno è pieno oltre misura. E io capisco che una delle cose di cui sono satura è proprio tutta questa oppressione di gente che mi soffoca, e spinge, e disturba e urla e sgomita ogni santa mattina presto. Umanità varia e non desiderata, per giunta.
In ufficio cerco tutte le scuse per non cominciare, fotocopie (che pure devo fare) caffè, due chiacchiere con l'ufficio salute (gloria a Paola e Ierta che mi danno asilo politico e materno affetto ogni giorno). E infine mi rassegno. Più distratta che mai mi immergo in una riunione fiume che Pietro rende mortifera con i suoi consueti dubbi, costringendomi a una guerra di trincea per resistere alle sue idee di vapore acqueo.
Terminiamo tardi, molto tardi.
Io nel frattempo tocco con mano la mia distrazione. Vago su internet, non riesco a concentrarmi per mezz'ora di fila. Sono ripiena di idiozie fino a scoppiare, il mio cervello chiede venia.
Nel pomeriggio mi metto sotto a lavorare. L'unico modo che conosco per cercare di far passare il maltempo e il malumore. Concentrarmi su altro.
E così mi rendo conto di quanto non sopporti più l'usignolo dei noatri, Danilo. Che canta in continuazione. Dici una parola e lui zac, tira fuori una canzone...
Un'altra e zac, un'altra canzone. Sennò se la inventa. E va avanti tutto il pomeriggio. E rompe, santo cielo se rompe.
Irrompe anche il mio capo, sulla scia di una delirante risposta di Pietro, il quale prospetta a un nonno che vuole investire 10.000 euro per la nipotina che sta per nascere di comprare un BTp della durata di 18 anni e poi fare testamento!!!!! In netto contrasto con la mia risposta, tra l'altro. Invece del buono postale per minori. Il tutto per risparmiare lo 0,34% di rendimento l'anno. Un testamento! E poi le cedole da reinvestire....
Ma si può? L'abbiamo perso, questa è la verità.
E così mentre il ciccio supremo si mette a parlare della cosa lui, dopo aver creato il caso, si distrae e ostentatamente non ci considera più. E chi deve scrivere subito l'articolo? Io, ovvio, e mollare lì tutto quanto stavo facendo.
Solo la lettura mi riconcilia con il mondo, consapevole che è come mettere la testa sott'acqua.
Inizio un nuovo libro in metro, "Le bugie nel carrello: Per una spesa più consapevole. Le leggende e i trucchi del marketing sul cibo che compriamo" di Dario Bressanini e tiro un sospiro di sollievo.
Lunedì è quasi andato....
Passion Némirovsky
«Ma perché arrivi (intendo un amore autentico, onesto e sano) la cosa migliore è non pensarci troppo, non invocarlo. Altrimenti ci si inganna. Si mette la maschera dell’amore sul primo e più rozzo dei volti»
Irène Némirovsky,”Il colore del sangue”, Adelphi, Milano
Irène Némirovsky,”Il colore del sangue”, Adelphi, Milano
domenica 19 maggio 2013
Sugar (tratto dal film a qualcuno piace caldo)
In vena di cose leggerissime, ho acchiappato al volo un biglietto scontato per il musical al Teatro Nuovo. Con buona pace di un palco che non è adatto a queste rappresentazioni, mi sono trovata incastrata in un posto indecente tanto indietro e di lato.
Due parole sul musical, insomma... Pensavo peggio. Lei è proprio bella, bravina, si impegna e si applica. Ma Marilyn è sempre irraggiungibile.
Il resto non è malvagio, penalizzato da un palco piccolo e una platea poco brillante.
Troppo malizioso, perde la freschezza del film. Azzeccata l'idea della finta proiezione come introduzione alle vicende dello spettacolo.
Spettacolo o avanspettacolo?
Mah, non saprei dirlo.
In ogni caso, discreto. Non merita né infamia né lode.
E non credo ce lo ricorderemo.
Problema lavoro
Ovvero, troppo lavoro.
La mia nottata tra sabato e domenica è stata popolata da agitati sogni, tutti incentrati sul lavoro, ovvero sul troppo lavoro. Succede spesso, così come una costante pessima nottata mi traghetta dalla domenica al lunedì.
Il pensiero che sia già lunedì mi angoscia nel pomeriggio del sabato.
E, in genere, i miei venerdì pomeriggio sono assai inconcludenti. Sono così stanca che non riesco a mettere insieme due pensieri di fila, e nemmeno un mezzo lavoro.
La parola giusta per descrivere quello che sento è satura.
Sono inquieta, la solita routine mi intrappola rendendomi smaniosa lo stare in ufficio.
Fatico a concentrarmi, nonostante mi sforzi. Non mi basta il riposo per ricaricarmi, neppure nel we. Sono stanca e nervosa, sempre o quasi, disattenta. irritata, penso a tutto quello che non riesco a fare e ogni minima incombenza mi fa sentire molto appesantita.
Avrei bisogno di staccare, e questo obbligo non scritto di essere al lavoro sempre e di non poter mai prendere un giorno mi sta esasperando.
Faccio salti mortali per cercare di incastrare tutto il resto, con risultati non eccezionali.
Senza puntare il dito contro nessuno, sono stanca di vedere le stesse persone tutti i giorni, di sentire tante sciocchezze, di subirmi i capriccetti di Alberto o le lamentele e le serenate di Danilo, e anche solo la vocetta trillante di Pietro (che per come mi sto comportando bene con lui dovrebbe baciare la terra su cui cammino....). Per non parlare dell'Alessandra, che è di una pesantezza cosmica, lei sempre al centro del suo lamentoso mondo.
Disintossicarsi, questo il mio bisogno.
Mentalmente e fisicamente. Stare lontano da questo ambiente.
Mi concentro sulle tecniche di sopravvivenza: leggere, studiare, cambiare colore di capelli, prendere della valeriana... Mi dà fastidio tutto, il vento la pioggia, il mal di schiena, il vicino insopportabile che non taglia la siepe, e non parliamo di quando guido... Mangerei tutti.
La mia nottata tra sabato e domenica è stata popolata da agitati sogni, tutti incentrati sul lavoro, ovvero sul troppo lavoro. Succede spesso, così come una costante pessima nottata mi traghetta dalla domenica al lunedì.
Il pensiero che sia già lunedì mi angoscia nel pomeriggio del sabato.
E, in genere, i miei venerdì pomeriggio sono assai inconcludenti. Sono così stanca che non riesco a mettere insieme due pensieri di fila, e nemmeno un mezzo lavoro.
La parola giusta per descrivere quello che sento è satura.
Sono inquieta, la solita routine mi intrappola rendendomi smaniosa lo stare in ufficio.
Fatico a concentrarmi, nonostante mi sforzi. Non mi basta il riposo per ricaricarmi, neppure nel we. Sono stanca e nervosa, sempre o quasi, disattenta. irritata, penso a tutto quello che non riesco a fare e ogni minima incombenza mi fa sentire molto appesantita.
Avrei bisogno di staccare, e questo obbligo non scritto di essere al lavoro sempre e di non poter mai prendere un giorno mi sta esasperando.
Faccio salti mortali per cercare di incastrare tutto il resto, con risultati non eccezionali.
Senza puntare il dito contro nessuno, sono stanca di vedere le stesse persone tutti i giorni, di sentire tante sciocchezze, di subirmi i capriccetti di Alberto o le lamentele e le serenate di Danilo, e anche solo la vocetta trillante di Pietro (che per come mi sto comportando bene con lui dovrebbe baciare la terra su cui cammino....). Per non parlare dell'Alessandra, che è di una pesantezza cosmica, lei sempre al centro del suo lamentoso mondo.
Disintossicarsi, questo il mio bisogno.
Mentalmente e fisicamente. Stare lontano da questo ambiente.
Mi concentro sulle tecniche di sopravvivenza: leggere, studiare, cambiare colore di capelli, prendere della valeriana... Mi dà fastidio tutto, il vento la pioggia, il mal di schiena, il vicino insopportabile che non taglia la siepe, e non parliamo di quando guido... Mangerei tutti.
sabato 18 maggio 2013
Vamos a buscar el piso
Cioé, andiamo a cercare un appartamento. Dove? In Spagna o in Portogallo, dove le case, pare, te le tirano dietro. Così deve aver letto superciccio su qualche dubbio sito, tipo Dagospia.
Crollano i prezzi, o i bambini muoiono di fame e quindi noi ci vendiamo la casa per nulla....Un vero affarone.
E quando si parla di mattone, lui, il ciccio nazionale, non capisce più nulla. Vedo un simile, assoluto trasporto, in lui, solo per un'altra "cosa", bionda, per giunta.
Si siede rumorosamente su una delle nostre seggiole Ikea low cost. Cade come un sacco senza vita, di peso, sulla plastica deboluccia della suddetta seggiola, che sussulta, salta ed emette sinistri cigolii.
Poi inizia a brancolare per la stanza remando nell'aria con le bracciotte e per terra con le gambette, seguendo una traiettoria erratica e sopravanzando il cigolio sempre più forte con una voce tonante.
- Dov'è? Dov'è (riferito a Pietro) e comincia a roteare con la seggiola, lasciando sul pavimento di puro linoleum azzurro segnacci neri profondi.
Quando il malcapitato, come sempre fuori per una telefonata albanese, rientra il nostro lo investe. Com'è possibile che questo investimento del secolo lui non lo consigli?
Un bell'appartamento a Porto in un palazzo storico del 600, vuoi mettere?
O a Barcellona, sul mare, in quella fantastica località che è Lloret o Tossa, candidate spagnole al turismo raffinato e d'élite...
A nulla valgono le nostre osservazioni, che ci si deve arrivare lì, che si devono pagare molte tasse, sia in Italia che in loco, che ci devi andare, poi, in Spagna, e che passi il volo low cost, ma arrivi comunque in un aeroporto magari a un'ora o due dalla casa... Nel we è impossibile, e ti vincola per periodi più lunghi...
Niente da fare, Spagna o Portogallo deve essere e così sia!
Si apre un tira e molla infinito, con tanto di parentesi ludica: superciccio e Danilo che vanno in estasi per ore guardando gli appartamenti a Barcellona, mentre il guru illustra le zone e l'altro finge di conoscerle, come sempre, recitando se stesso. Alla fine abbiamo dato, come sempre, un mezzo consiglio che è un consiglio e al contempo non è (pilatesco....).
Ecco, signori, la buona novella, tutti a comprare mattoni nel Penisola Iberica!
Crollano i prezzi, o i bambini muoiono di fame e quindi noi ci vendiamo la casa per nulla....Un vero affarone.
E quando si parla di mattone, lui, il ciccio nazionale, non capisce più nulla. Vedo un simile, assoluto trasporto, in lui, solo per un'altra "cosa", bionda, per giunta.
Si siede rumorosamente su una delle nostre seggiole Ikea low cost. Cade come un sacco senza vita, di peso, sulla plastica deboluccia della suddetta seggiola, che sussulta, salta ed emette sinistri cigolii.
Poi inizia a brancolare per la stanza remando nell'aria con le bracciotte e per terra con le gambette, seguendo una traiettoria erratica e sopravanzando il cigolio sempre più forte con una voce tonante.
- Dov'è? Dov'è (riferito a Pietro) e comincia a roteare con la seggiola, lasciando sul pavimento di puro linoleum azzurro segnacci neri profondi.
Quando il malcapitato, come sempre fuori per una telefonata albanese, rientra il nostro lo investe. Com'è possibile che questo investimento del secolo lui non lo consigli?
Un bell'appartamento a Porto in un palazzo storico del 600, vuoi mettere?
O a Barcellona, sul mare, in quella fantastica località che è Lloret o Tossa, candidate spagnole al turismo raffinato e d'élite...
A nulla valgono le nostre osservazioni, che ci si deve arrivare lì, che si devono pagare molte tasse, sia in Italia che in loco, che ci devi andare, poi, in Spagna, e che passi il volo low cost, ma arrivi comunque in un aeroporto magari a un'ora o due dalla casa... Nel we è impossibile, e ti vincola per periodi più lunghi...
Niente da fare, Spagna o Portogallo deve essere e così sia!
Si apre un tira e molla infinito, con tanto di parentesi ludica: superciccio e Danilo che vanno in estasi per ore guardando gli appartamenti a Barcellona, mentre il guru illustra le zone e l'altro finge di conoscerle, come sempre, recitando se stesso. Alla fine abbiamo dato, come sempre, un mezzo consiglio che è un consiglio e al contempo non è (pilatesco....).
Ecco, signori, la buona novella, tutti a comprare mattoni nel Penisola Iberica!
mercoledì 15 maggio 2013
Troppa generosità lavorativa fa male
E anche troppa coscienza. Imparato sulla mia pelle tempo fa e ribadito dal teatrino di oggi. Protagonisti Danilo, ciccio e il nostro disastratissimo sito, gestito da una dubbia accozzaglia di pseudo informatici.
L'origine della grana è una campagna che ha dato poche adesioni, quella sull'efficienza della mobilità bancaria (quanto tempo e quanti problemi nel cambio di conto corrente). Per incentivare le testimonianze da parte dei nostri lettori il nostro eroe si è fatto preparare un pop up da inserire sul nostro sito internet per pubblicizzare l'iniziativa. E già questo, oltre all'aver imparato a caricarlo sul sito da solo, merita una certa considerazione.
La tempesta inizia sollevata da un piccolo granello di sabbia. Un post innocente, sul nostro Facebook, ieri. Non riesco ad accedere al sito anche se sono registrato. Questo è il primo di una lunga serie che oggi ha seppellito, letteralmente, la pagina Facebook, intasato la nostra mail e le linee telefoniche.
Il nostro coscienziosissimo Danilo si è speso con rigore e tenacia, impavido di fronte al solito fiume di mail che tenta di rimbalzarti la responsabilità del... tutto! informatica compresa.
Ha impiegato tempo, pazienza, cura per capire cosa non andava e cercare di porvi rimedio, pur essendo un problema informatico ed essendo lui, come me, un analista finanziario e non un informatico.
Una lettera accentata l'origine del problema. Una à ha mandato in tilt tutto il sistema.
Ma questo grande e lodevole interessamento ha innescato un fenomeno tutto particolare: tu lo hai segnalato, tu te ne sei curato, tu te lo prendi in carico, anche se il problema è ascrivibile a tutt'altra tipologia di inefficienza.
E così entra la nostra informatica "punta di diamante" che lo guarda con aria da nasello in carpione mentre lui le mostra l'inaccessibilità del sito. E così qualche informatico gli chiude il telefono in faccia mentre cerca di ottenere lumi da chi di dovere. E così gli ricade addosso anche la colpa del malfunzionamento del sito internet.
Esattamente così.
Dopo una mattinata infernale, spesa a telefonare a destra e a manca (e a farsi appendere il telefono in faccia) a cercare di tamponare le richieste su Facebook e a sollecitare prove dai colleghi che fanno gli gnorri, il nostro eroe si trova a tu per tu con il capo.
Siamo nel primo pomeriggio, per cui è già semisprofondato nella sedia, i capelli elettrici sul capo a far da corona a una dispettosa calvizie a chiazze, un agglomerato di vestiti sportivi addosso, ormai stazzonati. Entra a passo di carica il nostro ciccio nazionale, visibilmente su di giri. Si muove a scatti, shekera la pancia fasciata in una camicia bianca triste e slacciata decisamente troppo. Si esprime concitato, agitato e rotea gli occhi. Evidentemente ha qualche rogna addosso che tenta di esorcizzare così come sa, rognando addosso al prossimo.
Il nostro zelantissimo uomo imposta la voce e si appresta al suo zelantissimo servizio:- Vincenzo, se domani ti chiederanno al telefono del sito, sappi che l'unico modo per poter accedere è quello di cancellare tutti i cookies. Ma dall'ufficio informatico hanno detto che è meglio non farlo per non causare i problemi della volta scorsa.-. (cioè perdita di tutte le impostazioni registrate e conseguente caos peggiore di prima).
Il nostro, con la suprema illogicità che lo caratterizza, inizia a dargli addosso, come se fosse sua la colpa del disguido: - Sul sito di google o di yahoo finanza mica ci sono questi problemi, loro hanno informatici all'altezza.-. E ce n'è per tutti: - E anche analisti all'altezza.-. Sottinteso che noi siamo ignoranti e dimenticando che, fino a prova contraria, il capo degli analisti è lui....
Alla fine lo spettacolo è questo: abbiamo la grande pancia protesa in avanti che vibra come un otre che risuona e la piccola testa che accusa, la grande testa tutta impegnata a giustificarsi, quasi avesse costruito lui un sito che non funziona (diciamocelo) e che avesse sabotato volontariamente l'ambiente con il ben noto pop up.
Insomma, cornuto e mazziato.
Avvilitissimo dopo... povero Dani (il ritornello più diffuso per lui).
Da qui (e da altre esperienze) la grande massima: non anticipare i problemi. Avvistali, fissali e poi, solo quando vengono sollevati, proponi una soluzione, non importa se cretina. Non accollarti problemi non tuoi, e sorveglia rigidamente i confini della tua attività evitando intrusioni.
Dopo una mattinata infernale, spesa a telefonare a destra e a manca (e a farsi appendere il telefono in faccia) a cercare di tamponare le richieste su Facebook e a sollecitare prove dai colleghi che fanno gli gnorri, il nostro eroe si trova a tu per tu con il capo.
Siamo nel primo pomeriggio, per cui è già semisprofondato nella sedia, i capelli elettrici sul capo a far da corona a una dispettosa calvizie a chiazze, un agglomerato di vestiti sportivi addosso, ormai stazzonati. Entra a passo di carica il nostro ciccio nazionale, visibilmente su di giri. Si muove a scatti, shekera la pancia fasciata in una camicia bianca triste e slacciata decisamente troppo. Si esprime concitato, agitato e rotea gli occhi. Evidentemente ha qualche rogna addosso che tenta di esorcizzare così come sa, rognando addosso al prossimo.
Il nostro zelantissimo uomo imposta la voce e si appresta al suo zelantissimo servizio:- Vincenzo, se domani ti chiederanno al telefono del sito, sappi che l'unico modo per poter accedere è quello di cancellare tutti i cookies. Ma dall'ufficio informatico hanno detto che è meglio non farlo per non causare i problemi della volta scorsa.-. (cioè perdita di tutte le impostazioni registrate e conseguente caos peggiore di prima).
Il nostro, con la suprema illogicità che lo caratterizza, inizia a dargli addosso, come se fosse sua la colpa del disguido: - Sul sito di google o di yahoo finanza mica ci sono questi problemi, loro hanno informatici all'altezza.-. E ce n'è per tutti: - E anche analisti all'altezza.-. Sottinteso che noi siamo ignoranti e dimenticando che, fino a prova contraria, il capo degli analisti è lui....
Alla fine lo spettacolo è questo: abbiamo la grande pancia protesa in avanti che vibra come un otre che risuona e la piccola testa che accusa, la grande testa tutta impegnata a giustificarsi, quasi avesse costruito lui un sito che non funziona (diciamocelo) e che avesse sabotato volontariamente l'ambiente con il ben noto pop up.
Insomma, cornuto e mazziato.
Avvilitissimo dopo... povero Dani (il ritornello più diffuso per lui).
Da qui (e da altre esperienze) la grande massima: non anticipare i problemi. Avvistali, fissali e poi, solo quando vengono sollevati, proponi una soluzione, non importa se cretina. Non accollarti problemi non tuoi, e sorveglia rigidamente i confini della tua attività evitando intrusioni.
martedì 14 maggio 2013
Crisi - succede anche questo parte seconda
Qualche settimana fa una mia amica ha ricevuto la seguente indecente proposta: trasferirsi a Verona, pagandosi tutte le spese, oppure vedersi ridotto l'orario di lavoro (e lo stipendio) a part time.
Lei organizza corsi di formazione e convengni per le aziende farmaceutiche. Dipendente di una piccola azienda si sobbarca anche la gestione dei suddetti convegni, gestendo da sola anche 180 partecipanti. Il tutto per una cifra decisamente bassa.
Un paio di anni fa, con l'estromissione di uno dei soci (quello, in base ai suoi racconti, che ci capiva) con lo spostamento della sede da Milano a Saronno e poi con la chiusura delle stesse, l'attività ha iniziato a declinare. Persa la vecchia guardia di impiegate in gamba e professionalmente all'altezza, l'attività ha iniziato a subire pesantemente gli effetti della crisi.
Infine, l'ultima tegola, con lo scopo di mandarla via.
Garantito il lavoro fino a settembre, e poi il nulla.
La correttezza di queste persone (che, a mio parere devono avere un'altra fonte di reddito) è sempre stata scarsa. Aveva appena comprato casa e loro lo sapevano e le hanno annunciato la chiusura della sede. hanno costretto al part time già un'altra amica, e senza motivo.
La scelta, in realtà, non c'è. Perché lei non può permettersi di accollarsi un mutuo e un affitto insieme.
Ma neppure gliela vogliono dare. Per me, comunque, si tratta di un'attività mal gestita, incredibilmente mal gestita, in cui il potere decisionale è affidato a un ragazzino viziato che ha appena finito l'università e che adesso sta facendo un master a spese della ditta.
Ecco la mia amica a oltre 45 anni che peregrina tra vari uffici a caccia di un lavoro qualsiasi, e con il terrore, di come mangiare, di come pagare il mutuo, una volta perso il lavoro...
Cosa dire a queste persone?
Cosa fare per loro?
La sala d'aspetto
Facevo prima media e, per imposizione materna, frequentavo l'unica scuola nei dintorni in cui non c'erano né amici né conoscenti. Quasi ogni pomeriggio ero impegnata in attività extra scolastiche per cui mi fermavo a scuola in attesa delle lezioni pomeridiane.
Era un pomeriggio di martedì, in cui avevo lezione di solfeggio nel primo pomeriggio.
L'insegnante aveva però comunicato che non ci sarebbe stato, ma solo verso le due. Da sola, perché tutti erano già a casa, mi ero diretta in stazione per prendere il primo treno utile per casa.
Una volta arrivata in sala d'aspetto avevo scoperto che, in seguito a uno sciopero, per altro già conosciuto, nessun treno sarebbe partito.
Avevo 11 anni, e non avevo un soldo in tasca, eccetto poche lire.
Ho provato a chiamare casa, ma non rispondeva nessuno.
Ho provato una seconda e una terza, niente.
Ho telefonato a mia nonna, ma neppure lei riusciva a contattare mia mamma, che era, come sempre, chissà dove.
Sono stata seduta su una delle vecchie panchine di legno della sala d'aspetto, a fissare l'orologio e i pochissimi passeggeri in transito fino alle 17 e 30 passate, immobile nello stesso posto e posizione. Ricordo ogni particolare come fosse stato ieri di quelle lunghe, interminabili e avvilenti ore.
Per fortuna il posto era un po' meglio frequentato rispetto a oggi. Infine, mia nonna è riuscita a chiamare mia mamma, che è venuta a recuperarmi, seccatissima e con estrema calma, a Mortara.
Io aspettavo da quasi 4 ore, senza mangiare, senza bere, senza andare in bagno e senza sapere che fare.
Quando sono uscita dalla sala d'aspetto, nonostante lo sciopero fosse noto anche a lei, si è stupita: - Insomma, io ero andata a fare la spesa, sei tu che devi preoccuparti di queste cose.-.
E così per tre anni, ogni volta che c'era sciopero era un terno al lotto. Andavo e incrociavo le dita per tornare, perché non avevo nessuno che veniva a scuola con me a cui poter chiedere un passaggio.
E nessuno, soprattutto, che mi venisse a prendere, che avesse voglia o si desse la pena di venirmi a prendere, nessuno che si preoccupasse di me.
Per questo, per questo fortissimo senso di abbandono, che permane, tranne rarissime eccezioni, sono sempre così distante. Perché non c'è niente di più umiliante, di più crudele, di più destabilizzante che aspettare con tutte le proprie forze qualcuno a cui ti sei affidato e che non verrà.
E quindi oo preferisco non aspettare proprio nessuno.
La prima pessima brioche della giornata
Una fame terribile mi ha colta stamattina, dopo una lunga camminata verso la stazione e dopo due pasti, pranzo e cena di ieri, particolarmente leggeri (ieri sera solo verdure).
Come arrivare all'ora del triste pranzo, un insipido nasello surgelato?
Almeno 5 ore tra l'arrivo in ufficio e il deprimente pasto, da far passare insieme ai crampi della fame.
Invece di svaligiare i cracker della macchinetta ho pensato: - Trattiamoci bene.-.
E così mi sono diretta verso la panetteria dell'angolo, prezzi da gioielliere, ma di solito roba buona.
Non ci vado mai, con la fisima del grasso che mi si deposita sui fianchi senza pietà. E poi non amo le brioche tranne la treccia con l'uvetta e il croissant alla marmellata.
Entro nella panetteria e mi trovo a tu per tu con il nuovo assetto anticrisi: tavolini e seggioline per pause pranzo veloci e unticce. Poche brioche occhieggiano dal bancone, e tutte estremamente piccole.
Niente treccia e un croissant che sembra un biscotto del Mulino Bianco.
Mi decido e compro un saccottino al cioccolato, tanto a me il cioccolato piace.
A fatica attendo di entrare in ufficio per sbranare il saccottino.
Appena apro il sacchetto, però, vengo colta da delusione: un pacchettino unto, friabile e grasso, da cui fuoriesce del cioccolato bruciacchiato, presumo in gocce.
Si sfoglia terribilmente, sporcando dappertutto, me, la mia camicia, le mani, per terra...
Ho fame e lo mangio, ma credo che mi guarderò bene dal ripetere l'esperienza.
Il tutto alla cifra di 1,2 euro, quando al bar trovi brioche che costano decisamente meno.
Capisco la crisi, ma...restituitemi una brioche decente!
Come arrivare all'ora del triste pranzo, un insipido nasello surgelato?
Almeno 5 ore tra l'arrivo in ufficio e il deprimente pasto, da far passare insieme ai crampi della fame.
Invece di svaligiare i cracker della macchinetta ho pensato: - Trattiamoci bene.-.
E così mi sono diretta verso la panetteria dell'angolo, prezzi da gioielliere, ma di solito roba buona.
Non ci vado mai, con la fisima del grasso che mi si deposita sui fianchi senza pietà. E poi non amo le brioche tranne la treccia con l'uvetta e il croissant alla marmellata.
Entro nella panetteria e mi trovo a tu per tu con il nuovo assetto anticrisi: tavolini e seggioline per pause pranzo veloci e unticce. Poche brioche occhieggiano dal bancone, e tutte estremamente piccole.
Niente treccia e un croissant che sembra un biscotto del Mulino Bianco.
Mi decido e compro un saccottino al cioccolato, tanto a me il cioccolato piace.
A fatica attendo di entrare in ufficio per sbranare il saccottino.
Appena apro il sacchetto, però, vengo colta da delusione: un pacchettino unto, friabile e grasso, da cui fuoriesce del cioccolato bruciacchiato, presumo in gocce.
Si sfoglia terribilmente, sporcando dappertutto, me, la mia camicia, le mani, per terra...
Ho fame e lo mangio, ma credo che mi guarderò bene dal ripetere l'esperienza.
Il tutto alla cifra di 1,2 euro, quando al bar trovi brioche che costano decisamente meno.
Capisco la crisi, ma...restituitemi una brioche decente!
lunedì 13 maggio 2013
La sindrome di Men's Health
Il mio maschilissimo ufficio sta dibattendo da mezz'ora su come farsi venire gli addominali scolpiti.
Alberto sta impartendo consigli sulla dieta e sugli esercizi per ottenere un fisico scolpito, lanciandoli come bombe a mano.
E loro dietro... pare che l'acqua gasata gonfi e faccia venire la pancia.
Ecco, c'è una spiegazione a tutto.
La mia pancia sarà d'acqua gasata.
Alberto sta impartendo consigli sulla dieta e sugli esercizi per ottenere un fisico scolpito, lanciandoli come bombe a mano.
E loro dietro... pare che l'acqua gasata gonfi e faccia venire la pancia.
Ecco, c'è una spiegazione a tutto.
La mia pancia sarà d'acqua gasata.
Crisi - succede anche questo
Durante il mio corso ho conosciuto diverse persone (sono l'unica ad avere un'occupazione). Tra queste Giada, una ragazza giovane e molto carina. All'inizio non ci si conosce e quindi non si parla, poi, piano piano, qualcosa filtra.
Ecco che non succede solo nella disastratissima Grecia, ma anche da noi. Da 5 mesi lei non percepisce lo stipendio, lavorando in un negozio di abbigliamento e calzature. Dopo una gita all'INPS ha scoperto che da 2 anni non le vengono pagati i contributi. E così pure ai suoi colleghi.
Eppure, ogni giorno, lei va a lavorare e così gli altri.
La nostra consulente l'ha invitata a presentare le dimissioni per giusta causa (possibile quando non si percepisce lo stipendio da tre mesi). Che differenza fa? Quando non viene pagato lo stipendio ai dipendenti la situazione è decisamente grave e, per la sue esperienza, è difficile che ci siano inversioni di tendenza positive. Insomma, si è alla frutta, per farla breve.
E allora cosa spinge una ragazza a tirarsi su tutte le mattine per andare al lavoro per... nulla?
E lei dice, vorrete mica che stia a casa?
Perché questo è il timore di tanti lavoratori gratis o quasi: manifestare chiaramente lo stato di disoccupazione attraverso la nullafacenza. Non avere quell'insieme di impegni quotidiani che costringono ad avere una vita ordinata, ad alzarsi, prepararsi, e mostrare a se stessi e alla gente la propria occupazione.
Insomma, il lavoro perde della sua funzione unica, ovvero sostentarsi e assume solo la dimensione sociale del fenomeno, cioè l'esibizione della routine lavorativa.
La grande paura non è solo trovarsi senza lavoro in un periodo in cui chi non lavora non riesce a trovare un'altra occupazione, ma quella di vedere se stessi, inequivocabilmente, a spasso.
Come se fosse franare tra le tenebre della disoccupazione e perdere se stessi senza possibilità di ritorno.
Una netta linea di demarcazione separa chi sta a galla e chi sta sott'acqua, chi lavora e chi no.
E passarla, anche psicologicamente, è dura. Al punto di preferire lavorare gratis....
Serietà
Cos'è la serietà?
Come si può definire e, ancor più, mettere in pratica un atteggiamento serio nella propria esistenza?
Nulla a che vedere con un atteggiamento bacchettone e rigido: ma in quest'ultimo periodo mi è capitato di riflettere seriamente (scusate l'imbroglio di termini) sulla serietà.
Definire come poco serio un certo comportamento, e quindi la persona in questione, mi ha portato a pernsare a cosa intendessi per serietà.
Pensa e ripensa, credo che serio possa essere definito un comportamento in linea con le premesse, l'atteggiamento generale, le promesse chiare o fatte intuire. Una certa linearità di comportamento, senza negare revisioni di idee, è comuque apprezzata. Ma è nei confronti degli altri che la serietà ha la sua applicazione: promettere o far intuire di esserci e poi non rispettare la promessa non è indice di grande serietà.
Va da sé che talvolta tutti noi non siamo seri, e non si può esserlo sempre e comunque.
E ogni mancanza di serietà ha un suo peso e un suo valore che dipende anche dai casi della vita.
Per esempio, rinunciare a una sesssione di shopping non è la stessa cosa del mancare a un importante evento della vita. Oppure, usare e abusare di malattie di familiari e altre scappatoie per evitare il lavoro. In linea di massima, se si vuole conservare la propria dignità lavorativa, sarebbe meglio non esagerare con lo scaricare sui colleghi inermi.
E poi il delicatissimo tema dei rapporti interpersonali, nei quali è difficile, se non impossibile, non commettere qualche scivolone. Credo che la questione del rispetto debba guidare il comportamento nei confronti degli altri. Rispetto per il tempo altrui, per la sensibilità dell'altro, per la forma, che non è sempre esattamente un accessorio.
La questione educazione, ovvero l'arte della convivenza pacifica e il fermare la propria individualità all'inizio di quella dell'altro senza pestare troppo i piedi non è affatto estranea al tema: davvero importante quanto rara da trovare.
Infine, ci sono mancanze di serietà che si possono perdonare. Alcune si possono capire, quelle dettate dalla contingenza, per esempio, o dalla salute. Altre no.
Quali mancanze di serietà sono disposta a tollerare a quali no?
In genere, quando urtano troppo la mia sensibilità, deludendomi, o ferendomi, preferisco troncare o sospendere i rapporti. Non escludo una revisione del provvedimento, ma non certo nel breve termine.
sabato 11 maggio 2013
Orgogliosa di me
E del mio nuovo attestato in addetto buste paga, ottenuto a discapito di lavoro, stanchezza e malattia :-) giovedì. Sono così riuscita a soddisfare una delle curiosità che avavo da tempo (il cedolino, questo oggetto misterioso) e iniziare a costruire il "cuscinetto" di conoscenze che dovrebbe aiutarmi ad avere un miglior profilo professionale.
Giovedì sono arrivata proprio stremata alla meta. A metà lezione ho avuto un momento di black out mentale in cui non riuscivo più a connettere e a mettere in fila un semplice ragionamento di calcolo.
Ieri mattina ero uno zombie, faticavo anche a stare in piedi. La cronica mancanza di sonno mi ha prostrata. Ho studiato in treno, fatto i compiti ovunque fosse possibile (tranne in ufficio) destreggiandomi in abili giochi di prestigio tra matite, fogli e evidenziatori.
Quello che più mi è mancato, in questa baraonda, è stato il tempo di scrivere.
Un'esperienza in cui mettersi alla prova e in cui ingurgitare molte conoscenze alla volta.
La cosa più interessante è stato conoscere una serie di persone significative della realtà locale e una professionista locale, del genere delle professioniste locali. Devo dire che mi sentivo un po' una mosca bianca in mezzo a persone praticamente tutte disoccupate, giovani e meno giovani alle prese con la grande crisi che tentano di riqualificarsi in qualche modo.
Ci sono persone che hanno lavorato trent'anni nello stesso posto per poi essere lasciate a casa, e dappertutto, un ricorso alla cassa integrazione esagerato.
Sembra che tutta Vigevano lo sia. Forse chi spende la propria vita sui treni non se ne accorge, ma pare che la gente a spasso sia molta più di quella al lavoro, qui.
Servirà il corso?
Non lo so... Certo servirà a chi lo ha organizzato e tenuto, ma è un po' concentrato per farne un percorso professionalizzante.
lunedì 6 maggio 2013
Mi manca mio papà
Oggi è uno dei tre milioni di giorni da quando è morto in cui mi manca mio papà.
Non tutti, e non tutti allo stesso modo, certo, a volte mi manca molto e a volte meno.
Non tutti, e non tutti allo stesso modo, certo, a volte mi manca molto e a volte meno.
Ma oggi, un sei maggio freddo, piovoso grigio lunedì di una primavera inesistente, mi manca particolarmente. Una mancanza che si è insinuata a tradimento sotto forma di un disagio inspiegabile.
Sarà che fa freddo, sarà che sono stanca e malaticcia, sarà, insomma.
Mi manca il fatto di non poter stare nella stessa stanza, mentre lui dipingeva e io scrivevo o disegnavo, senza dire una parola, un silenzio che però non era distanza, ma era comunque pieno e caldo.
Mi manca oggi questa corrispondenza personale, la certezza che, senza tante parole, ci si capisse.
Mi manca in particolare oggi, in cui, volendo condividere un avvenimento spiacevole dell'ufficio mi sono trovata a parlare con una persona che assolutamente impermeabile. Una sensazione lunare quasi, come di star parlando con un marziano, nell'indecisione di chi fosse il marziano dei due.
Un vuoto terribile come quello pieno di parole effimere lascia dietro di sé una sensazione di mortale solitudine.
Mi manca quindi l'unica persona a cui somiglio, e, più passa il tempo e meglio capisco.
E oggi, circondata da questo vuoto di aria rarefatta, come se le parole, gli sguardi e i gesti si fossero sbriciolati, capisco meglio tutti quegli anni in cui, ogni sera, ho meccanicamente tolto la chiave dalla toppa di casa, un riflesso condizionato, per permettergli di rientrare.
Pensavo che Andreotti fosse immortale....
E invece no. Alla fine è morto anche lui.
«I pazzi si distinguono in due tipi: quelli che credono di essere Napoleone e quelli che credono di risanare le Ferrovie dello Stato»
«Essendo noi uomini medi, le vie di mezzo sono, per noi, le più congeniali»
«I pazzi si distinguono in due tipi: quelli che credono di essere Napoleone e quelli che credono di risanare le Ferrovie dello Stato»
«Essendo noi uomini medi, le vie di mezzo sono, per noi, le più congeniali»
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