Al termine di una settimana molto faticosa, lavorativamente parlando, mi trovo sulla metropolitana milanese in un giorno di pioggia.
Umidità e un'accozzaglia di varia umanità mettono come di consueto alla prova la mia pazienza già sovrastimolata da una sequela di grane assolutamente ridicole, ma non meno seccanti.
Schiacciata da borse e gomiti, impossibilitata ad annullarmi nel mio romanzo per questioni di equilibrio, non so come fare passare tutti quei minuti che mi separano da Porta Genova.
Volgo lo sguardo, dopo averlo fatto rotolare in giro, dentro di me, alla ricerca di uno spazio di ricreazione dall'invadenza del mondo circostante.
Con il mio sguardo ermeticamente volto verso terra mi chiedo: -Cos'è la verità?-
Cos'è la mia verità, quando per sopravvivere o per comodità passo da una maschera all'altra, sfoderando all'occorrenza uno dei miei personaggi, come un capo dall'armadio.
C'è un confine sottile tra educazione, civile convivenza e finzione.
Per compiacere, per far scivolare via le cose, per non guardarle in faccia.
C'è sempre un motivo per sdoppiarsi (o triplicarsi, o quadruplicarsi) e talvolta più di uno.
Ammetto che, con il tempo, non riesco più a sopportare lo sforzo emotivo che mi costa questo continuo riaggiustamento dei fronti. E, in particolare, la nomea di essere di diplomatica, conciliante, di ottimo carattere. Sapessero quanti mal di stomaco... per cacciar giù il desiderio di strozzare il cretino di turno. Ma quello che più mi dà fastidio è chi cerca di approfittarsi della mia presunta bontà ritenendomi scema.
I momenti in cui riesco a metter via i panni di scena sono sempre meno.
E mi sento spesso come una pentola a pressione sul fuoco e con le valvole bloccate.
La verità è che avrei bisogno di accettare il rischio, ancora una volta, che le cose finiscano, le persone muoiano, i desideri cambino, le idee tramontino. Mi spaventa così tanto la solitudine, che me la infliggo preventivamente, non si sa mai. Una fuga sul più bello e via andare.
Eppure è solo rendendosi accessibili che si può sperare che qualcuno si avvicini, e non è montando trincee di specchi che ci si può difendere.
Dolori e delusioni arrivano implacabili, non per questo bisogna negarsi le gioie.