giovedì 12 luglio 2012

La mia banda suona il rock

e lo fa anche molto bene. Ieri sera, sfidando temporale e zanzare, ho partecipato al concerto dei Garbage a Vigevano.
Non si partiva con i migliori auspici: un temporale con pioggia che non accennava a concludersi ha funestato il periodo prima del concerto.
A pioggia finita, la suggestiva cornice del Castello in attesa della notte, si è riempita, come nelle migliori tradizioni lomelline, di un esercito di zanzare molto aggressive.

Il concerto, stando al biglietto avrebbe dovuto cominciare alle 20:30.
Alle 22 ancora si attendeva l'arrivo sul palco dei nostri eroi, anticipati dalla presentazione di un fantastico libro che racconta di social network e adolescenti. I due protagonisti in questione hanno nomi molto graziosi, Ivan e, santocielo, Astrid. Lo ha scritto un tizio in maglietta panciuto che sta sul palco con una tizia che credo che abbia letto solo la quarta di copertina e lo consiglia caldamente.
Io che non sono mai stata adolescente manco a 15 anni (un lusso che non mi sono potuta permettere, tra i tanti) rabbrividisco al pensiero del linguaggio gergale attribuito ai suddetti bocia.

Ma potete immaginarvi l'entusiasmo di una sacco di gente venuta lì per un concerto rock che si sente propinare questa presentazione.

E immaginatevi l'entusiasmo nel momento in cui ci hanno annunciato che la band di supporto avrebbe cominciato alle 21 e il concerto vero e proprio alle 22.
Il tutto in piedi, su un prato bagnato, e dopo essersi mangiati una pizza bollente in tutta velocità.

Quando è iniziato il concerto ero già stufa e stanca.
Ne è valsa però la pena: una performance ottima, veloce, incalzante e senza sbavature. Oltretutto con una bellissima voce e presenza scenica.

Al ritorno, ben oltre la mezzanotte, mi sono soffermata a vedere la piazza ducale e le vie adiacenti animate e illuminate. Tavolini pieni, accarezzati da un venticello fresco e piacevole, tanti giovani ben vestiti che tirano tardi.

Mi sono chiesta a cosa è valsa la vita claustrale e sacrificata che ho fatto per tanti anni, prima per non farmi distrarre negli studi e poi per essere al massimo delle forze sul lavoro. Non a molto, direi, se non a farmi ottenere una vita altrettanto sacrificata, tra lunghi viaggi, compiti frustranti e uno stipendio altrettanto frustrante.

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