Mancano due giorni alla mia partenza. La confusione, di cose e pensieri, regna sovrana.
Non solo una valigia (una?due?) a metà, ma anche due guide appena comprate, mentre lo scorso anno ero ferratissima su tutto.
Ho passato una settimana terribile, con un mal di testa che mi ha accompagnata ininterrottamente da domenica. Un ritmo di lavoro da cardiopalma, tutto all'ultimo, incrociando le dita che sia andato tutto bene. Sono prostrata, davvero.
E sciupata. Ho un'aspetto stanco e stroppicciato, occhiaie infinite un milione di impurità e capelli isterici.
Mi sto chiedendo cosa dimenticherò a casa, perché qualcosa di sicuro dimenticherò.
Per me la vacanza è sempre stato un passaggio.
Sono sempre partita con lo spirito di dire: - Ok, vado, imparo, vedo, ci svaghiamo. E poi ci ritroviamo. E il prossimo anno, magari....-.
Quest'anno, però, non mi aspetto più niente.
Sono più presente a me stessa.
E forse è meglio così.
sabato 28 luglio 2012
lunedì 23 luglio 2012
Anni bui
Mi è difficile rendermi conto che non perdo nulla di concreto, nulla di reale.
C'è un che di diabolico nell'istigare la speranza di una persona quel poco poco che basta per impedire che il debole fuoco della speranza si spenga.
La realtà è così crudele: quello che mi uccide è la morte dell'illusione.
Non ci sono più specchi che riflettono una realtà deformata.
Non c'è compassione per tutta la mia vita persa, ma ancor di più, non c'è alcuna emozione per nessun altro, non impazienza, non attesa, non felicità.
Solo un dolore unico, molto personale, molto solo.
Si chiudono così, come in un cerchio, anni inutili, anni bui, anni, devo proprio dirlo, infelici.
Vorrei solo uscire, chiudere una porta e non riaprirla più.
Vorrei un po' di semplice, sbiadita, serenità.
C'è un che di diabolico nell'istigare la speranza di una persona quel poco poco che basta per impedire che il debole fuoco della speranza si spenga.
La realtà è così crudele: quello che mi uccide è la morte dell'illusione.
Non ci sono più specchi che riflettono una realtà deformata.
Non c'è compassione per tutta la mia vita persa, ma ancor di più, non c'è alcuna emozione per nessun altro, non impazienza, non attesa, non felicità.
Solo un dolore unico, molto personale, molto solo.
Si chiudono così, come in un cerchio, anni inutili, anni bui, anni, devo proprio dirlo, infelici.
Vorrei solo uscire, chiudere una porta e non riaprirla più.
Vorrei un po' di semplice, sbiadita, serenità.
Parole moleste
Sono lenta a svegliarmi, e ancor di più nel recuperare il pieno possesso delle mie facoltà mentali.
Le ore che vanno dalle 6 alle 9 circa, dal lunedì al venerdì, le passo a prendere contatto faticosamente con il mondo esterno. Non c'è cosa più odiosa che essere sottoposti a una raffica trillante di domande quando ancora ti stai chiedendo, con un occhio truccato e uno no, come tu possa essere precipitata dal letto e star seduta al tavolo della cucina.
A tal proposito, i mezzi pubblici rappresentano un supplizio non indifferente, aggravato dal caldo in questo periodo.
Stamattina, più lenta del solito, e dopo un'attesa estenuante per un treno della linea 2, mi trovo letteralmente accerchiata da due corpulente massaie prestate al lavoro di ufficio che salgono ad Abbiategrasso, e che spesso becco in metro, con mia grande infelicità.
Ciarliere fino all'inverosimile, caratterizzate da una straordinaria, ma uniforme malevolenza nei confronti del mondo intero, e soprattutto femminile, e da una potenza di fuoco delle ugole davvero impressionante, mi hanno cinta in un'abbraccio mortale per l'udito.
La più trillante di questa, mi ha deliziato per qualcosa come dieci fermate, con il racconto di una collega assolutamente stordita perché non conosce qualche recondito passaggio nel meccanismo di trasmissione di una prenotazione turistica (in fondo lavora lì solo da pochi giorni...).
I commenti sono piovuti verbosi più che mai, e quando finalmente mi sono liberata dal mortale abbraccio ciarliero velenifero, ero stordita.
Anche la più agguerrita tra le simpaticone è scesa con me in Centrale, concludendo così il suo discorso a mitraglietta: - Guarda, non ho parole, non ho proprio parole.-.
Meno male... Io nel frattempo sono diventata sorda.
Ricominciare dalle piccole cose
Una pesante coltre di depressione ha soffocato la mia domenica.
Una tristezza forte, tenace e implacabile.
Altalenante, discontinua, ma impietosa.
Fedele al "vuoto" della domenica, si insinua tra i pensieri.
Un forte senso di abbandono, di smarrimento e di stanchezza.
Mi sento davvero impotente di fronte alla considerazione di aver sbagliato, e di essere impaurita per il non sapere come ricominciare.
Fare i conti con se stessi non è semplice. Per me il passo più complesso è quello di cedere alla tentazione di abbellire la realtà e le persone e di fissare con chiarezza la realtà.
In sostanza, non cambia nulla di tangibile nella realtà, perché non ho mai avuto nessuna possibilità concreta.
Solo un'infinita perdita di tempo e... di vita.
Una maggior correttezza mi avrebbe consentito di non gettare al vento anni che nessuno mi potrà più restituire.
Tutto quello che vorrei fare, è passare oltre, ricominciando dalle piccole cose, da quello che mi piace davvero, che mi interessa davvero, che mi definisce davvero.
Una tristezza forte, tenace e implacabile.
Altalenante, discontinua, ma impietosa.
Fedele al "vuoto" della domenica, si insinua tra i pensieri.
Un forte senso di abbandono, di smarrimento e di stanchezza.
Mi sento davvero impotente di fronte alla considerazione di aver sbagliato, e di essere impaurita per il non sapere come ricominciare.
Fare i conti con se stessi non è semplice. Per me il passo più complesso è quello di cedere alla tentazione di abbellire la realtà e le persone e di fissare con chiarezza la realtà.
In sostanza, non cambia nulla di tangibile nella realtà, perché non ho mai avuto nessuna possibilità concreta.
Solo un'infinita perdita di tempo e... di vita.
Una maggior correttezza mi avrebbe consentito di non gettare al vento anni che nessuno mi potrà più restituire.
Tutto quello che vorrei fare, è passare oltre, ricominciando dalle piccole cose, da quello che mi piace davvero, che mi interessa davvero, che mi definisce davvero.
mercoledì 18 luglio 2012
Profumo d'estate
Stamattina verso le 7 camminavo a passo spedito verso la stazione.
Intorno a me solo qualche auto, che sfreccia ansiosa e in perenne ritardo verso il posto di lavoro.
Nessun passante o quasi, solo il verso delle anatre dello stagno vicino a casa e qualche dipendente del piccolo supermercato in centro.
E' estate piena.
Lo sento ad ogni respiro, nell'aria tersa e frizzante, ansiosa di novità e di divertimenti anche a quest'ora. Lo sento nel suono inconfondibile delle campane, che suonano le sette con un rintocco rotondo e pieno, nel richiamo delle rondini, che volano alte sui tetti.
Il sole alto mi tiene compagnia, mentre rincorro i miei passi sulle vie deserte, fino ad arrivare vicina alla stazione. Alla spicciolata i pendolari arrivano a passettini svelti verso il treno. Uno sguardo all'orologio, c'è ancora tempo per fermarsi a comprare il giornale all'edicola.
Ancora uno sforzo, ancora una piccola corsa: eccola, la caffettiera che mi porterà a Milano è sul primo binario. Avanzo, scelgo le prime carrozze, stamattina voglio restare sola con il mio giornale, avere la sensazione che, così come il treno avanza, anch'io mi sto lasciando dietro le spalle passato e presente. Voglio solo leggere, farmi due risate al tono roboante e di dilettantesco sensazionalismo della Lomellina, con i suoi strafalcioni record.
Il treno (in ritardo, non sia mai) parte, affannato e sonnacchioso, verso una nuova giornata.
Lingua troppo lunga
Ansia di piacere, che gran problema.
Una fibrillazione, un nervosismo che porta ad aprire sconsideratamente la bocca, a non fare la cosa più sensata, ovvero sorridere e parlare di lavoro (aprite bene le orecchie, di la-vo-ro), violando tutte le regole basilari di conquista.
Forse è il battito cardiaco accelerato che trattiene un po' troppo sangue che non arriva al cervello al momento giusto... questo è il risultato: sono una travestita da studentessa con maglietta con stampa felina, all star e jeans che cerca di mostrarsi interessante.
Insomma, una tragedia, per una che, a questa età dovrebbe aver capito di essere interessante.
Una fibrillazione, un nervosismo che porta ad aprire sconsideratamente la bocca, a non fare la cosa più sensata, ovvero sorridere e parlare di lavoro (aprite bene le orecchie, di la-vo-ro), violando tutte le regole basilari di conquista.
Forse è il battito cardiaco accelerato che trattiene un po' troppo sangue che non arriva al cervello al momento giusto... questo è il risultato: sono una travestita da studentessa con maglietta con stampa felina, all star e jeans che cerca di mostrarsi interessante.
Insomma, una tragedia, per una che, a questa età dovrebbe aver capito di essere interessante.
martedì 17 luglio 2012
Non solo carina
Essere carina. E' l'ambizione di tutte le non belle, tutte quelle donne, cioè, che la natura non ha dotato di quelle caratteristiche che, secondo il gusto corrente, fanno di una donna una bellezza. In altri termini, la loro altezza, la proporzione tra le membra, il disegno del naso oppure qualche mix non troppo riuscito tra occhi, bocca e capelli le rende, irrimediabilmente, bruttine.
Così si ricorre a man bassa ai consigli di programmi di stile e giornali cosiddetti femminili, che sui complessi estetici delle donne hanno fatto la loro fortuna.
Ci si infila in una girandola di cambiamenti vertiginosi, si rincorre la tendenza, ma cercando di addomesticarla al proprio sentire, si cerca di dimostrare personalità (ma quando mai) nella scelta dello stile. Si compra un sacco di roba, con esiti incerti.
Sto cominciando a chiedermi se, fermo restando che una figura curata e ordinata è indispensabile, l'essere carina può sopperire alla mancanza di qualità fondamentali, come il senso dell'umorismo, in una persona. Mi piacerebbe poter rispondere di no, ma... chi ha voglia di scoprire se io sono simpatica, intelligente, generosa se il mio involucro non è attraente?
E poi, quanto incide avere uan bella figura sulla sicurezza del mio comportamento? Per me che sono timida potrebbe essere un bell'aiuto, una bella iniezione di fiducia.
Un investimento, nel vero e proprio senso del termine, in termini economici e di tempo.
E forse, non mi basterebbe lo stesso a guadagnare la fiducia nelle mie presunte qualità.
Così si ricorre a man bassa ai consigli di programmi di stile e giornali cosiddetti femminili, che sui complessi estetici delle donne hanno fatto la loro fortuna.
Ci si infila in una girandola di cambiamenti vertiginosi, si rincorre la tendenza, ma cercando di addomesticarla al proprio sentire, si cerca di dimostrare personalità (ma quando mai) nella scelta dello stile. Si compra un sacco di roba, con esiti incerti.
Sto cominciando a chiedermi se, fermo restando che una figura curata e ordinata è indispensabile, l'essere carina può sopperire alla mancanza di qualità fondamentali, come il senso dell'umorismo, in una persona. Mi piacerebbe poter rispondere di no, ma... chi ha voglia di scoprire se io sono simpatica, intelligente, generosa se il mio involucro non è attraente?
E poi, quanto incide avere uan bella figura sulla sicurezza del mio comportamento? Per me che sono timida potrebbe essere un bell'aiuto, una bella iniezione di fiducia.
Un investimento, nel vero e proprio senso del termine, in termini economici e di tempo.
E forse, non mi basterebbe lo stesso a guadagnare la fiducia nelle mie presunte qualità.
lunedì 16 luglio 2012
Di nuovo lunedì
Sotto un cielo che sembra soleggiato solo in superficie, eccoci di nuovo al lunedì.
Come sempre mattinata di fuoco, oserei dire incrociato, fino alle 13:30.
Mi aspetta un pranzo, chiamiamolo così, veloce e un pomeriggio impegnato in un'attività inutile, noiosa, e pesante.
Il costante gelo del mio ufficio è stato mitigato da un colpo di genio: abbiamo aperto le finestre, sì, con i condizionatori accesi. Ci sono tutti gli uomini vestiti come d'inverno, camicia con maniche lunghe, pantaloni di fustagno e scarpe invernali. Ma anche loro hanno freddo. Il mio cerchio alla testa, che fedelissimo si presenta ogni giorno verso le 12, massimo 12 e 30, oggi è assente.
In compenso abbiamo musi lunghi in fondo alla stanza. E dire che fuori c'è un bel venticello, sembra primavera.
Come sempre mattinata di fuoco, oserei dire incrociato, fino alle 13:30.
Mi aspetta un pranzo, chiamiamolo così, veloce e un pomeriggio impegnato in un'attività inutile, noiosa, e pesante.
Il costante gelo del mio ufficio è stato mitigato da un colpo di genio: abbiamo aperto le finestre, sì, con i condizionatori accesi. Ci sono tutti gli uomini vestiti come d'inverno, camicia con maniche lunghe, pantaloni di fustagno e scarpe invernali. Ma anche loro hanno freddo. Il mio cerchio alla testa, che fedelissimo si presenta ogni giorno verso le 12, massimo 12 e 30, oggi è assente.
In compenso abbiamo musi lunghi in fondo alla stanza. E dire che fuori c'è un bel venticello, sembra primavera.
venerdì 13 luglio 2012
Vita da ufficio
La fine dell'ultimo, concitato, faticoso giorno di una pesante settimana lavorativa di metà luglio coincide con l'uscita anticipatissima del capo (entrato alle 11, uscito 12:40).
Le tensioni si allentano, e i colleghi si scatenano, cimentandosi negli sport da ufficio, tra cui spicca il basket da ufficio e il baseball da ufficio, con artistici tiri di palline di carta (quelle stesse stampe che ci rimproverano di fare), tentativi di canestro nel cartone del Sole24Ore, elaborate strategie di risposta con righello, brandito con una clava.
Intanto si contano i minuti, prima di uscire....
Le tensioni si allentano, e i colleghi si scatenano, cimentandosi negli sport da ufficio, tra cui spicca il basket da ufficio e il baseball da ufficio, con artistici tiri di palline di carta (quelle stesse stampe che ci rimproverano di fare), tentativi di canestro nel cartone del Sole24Ore, elaborate strategie di risposta con righello, brandito con una clava.
Intanto si contano i minuti, prima di uscire....
Delirio da venerdì estivo
Come da peggiore tradizione, il ciccio si annuncia con una telefonata per lui mattutina (ore 9 e 20), lunghissima e costellata dalla linea che cade in continuazione, con deliri di ogni sorta.
Minaccia un ritardo (sarebbe interessante capire cosa sia per lui ritardo, dato che ogni giorno arriva ampiamente dopo le 11) e intanto noi siamo quasi bloccati sulla produzione, in attesa dello show quotidiano.
Minaccia di arrivare tempestoso come il tempo fuori dalla finestra, desideroso di litigare per sfogare la sua abissale pochezza intellettuale. Sarebbe bello fare uno scarto a sorpresa e far cadere il bastone prima di iniziare la contesa.
Possibilmente lasciarglielo precipitare sui piedi...
Minaccia un ritardo (sarebbe interessante capire cosa sia per lui ritardo, dato che ogni giorno arriva ampiamente dopo le 11) e intanto noi siamo quasi bloccati sulla produzione, in attesa dello show quotidiano.
Minaccia di arrivare tempestoso come il tempo fuori dalla finestra, desideroso di litigare per sfogare la sua abissale pochezza intellettuale. Sarebbe bello fare uno scarto a sorpresa e far cadere il bastone prima di iniziare la contesa.
Possibilmente lasciarglielo precipitare sui piedi...
giovedì 12 luglio 2012
La mia banda suona il rock
e lo fa anche molto bene. Ieri sera, sfidando temporale e zanzare, ho partecipato al concerto dei Garbage a Vigevano.
Non si partiva con i migliori auspici: un temporale con pioggia che non accennava a concludersi ha funestato il periodo prima del concerto.
A pioggia finita, la suggestiva cornice del Castello in attesa della notte, si è riempita, come nelle migliori tradizioni lomelline, di un esercito di zanzare molto aggressive.
Il concerto, stando al biglietto avrebbe dovuto cominciare alle 20:30.
Alle 22 ancora si attendeva l'arrivo sul palco dei nostri eroi, anticipati dalla presentazione di un fantastico libro che racconta di social network e adolescenti. I due protagonisti in questione hanno nomi molto graziosi, Ivan e, santocielo, Astrid. Lo ha scritto un tizio in maglietta panciuto che sta sul palco con una tizia che credo che abbia letto solo la quarta di copertina e lo consiglia caldamente.
Io che non sono mai stata adolescente manco a 15 anni (un lusso che non mi sono potuta permettere, tra i tanti) rabbrividisco al pensiero del linguaggio gergale attribuito ai suddetti bocia.
Ma potete immaginarvi l'entusiasmo di una sacco di gente venuta lì per un concerto rock che si sente propinare questa presentazione.
E immaginatevi l'entusiasmo nel momento in cui ci hanno annunciato che la band di supporto avrebbe cominciato alle 21 e il concerto vero e proprio alle 22.
Il tutto in piedi, su un prato bagnato, e dopo essersi mangiati una pizza bollente in tutta velocità.
Quando è iniziato il concerto ero già stufa e stanca.
Ne è valsa però la pena: una performance ottima, veloce, incalzante e senza sbavature. Oltretutto con una bellissima voce e presenza scenica.
Al ritorno, ben oltre la mezzanotte, mi sono soffermata a vedere la piazza ducale e le vie adiacenti animate e illuminate. Tavolini pieni, accarezzati da un venticello fresco e piacevole, tanti giovani ben vestiti che tirano tardi.
Mi sono chiesta a cosa è valsa la vita claustrale e sacrificata che ho fatto per tanti anni, prima per non farmi distrarre negli studi e poi per essere al massimo delle forze sul lavoro. Non a molto, direi, se non a farmi ottenere una vita altrettanto sacrificata, tra lunghi viaggi, compiti frustranti e uno stipendio altrettanto frustrante.
Non si partiva con i migliori auspici: un temporale con pioggia che non accennava a concludersi ha funestato il periodo prima del concerto.
A pioggia finita, la suggestiva cornice del Castello in attesa della notte, si è riempita, come nelle migliori tradizioni lomelline, di un esercito di zanzare molto aggressive.
Il concerto, stando al biglietto avrebbe dovuto cominciare alle 20:30.
Alle 22 ancora si attendeva l'arrivo sul palco dei nostri eroi, anticipati dalla presentazione di un fantastico libro che racconta di social network e adolescenti. I due protagonisti in questione hanno nomi molto graziosi, Ivan e, santocielo, Astrid. Lo ha scritto un tizio in maglietta panciuto che sta sul palco con una tizia che credo che abbia letto solo la quarta di copertina e lo consiglia caldamente.
Io che non sono mai stata adolescente manco a 15 anni (un lusso che non mi sono potuta permettere, tra i tanti) rabbrividisco al pensiero del linguaggio gergale attribuito ai suddetti bocia.
Ma potete immaginarvi l'entusiasmo di una sacco di gente venuta lì per un concerto rock che si sente propinare questa presentazione.
E immaginatevi l'entusiasmo nel momento in cui ci hanno annunciato che la band di supporto avrebbe cominciato alle 21 e il concerto vero e proprio alle 22.
Il tutto in piedi, su un prato bagnato, e dopo essersi mangiati una pizza bollente in tutta velocità.
Quando è iniziato il concerto ero già stufa e stanca.
Ne è valsa però la pena: una performance ottima, veloce, incalzante e senza sbavature. Oltretutto con una bellissima voce e presenza scenica.
Al ritorno, ben oltre la mezzanotte, mi sono soffermata a vedere la piazza ducale e le vie adiacenti animate e illuminate. Tavolini pieni, accarezzati da un venticello fresco e piacevole, tanti giovani ben vestiti che tirano tardi.
Mi sono chiesta a cosa è valsa la vita claustrale e sacrificata che ho fatto per tanti anni, prima per non farmi distrarre negli studi e poi per essere al massimo delle forze sul lavoro. Non a molto, direi, se non a farmi ottenere una vita altrettanto sacrificata, tra lunghi viaggi, compiti frustranti e uno stipendio altrettanto frustrante.
martedì 10 luglio 2012
Il giorno peggiore della settimana
Per me è oggi, cioè martedì.
Risveglio complicato, stato comatoso a causa di un numero di ore dormite nettamente insufficiente.
Prospettiva pessima: riunione di lunghezza assolutamente insensata e proporzionale allo stato di inoccupazione di ciccio e alla di lui rognosità, in vertiginoso aumento con il caldo e le vacanze in arrivo. Sragionamenti a raffica. Discussioni circolari: apparentemente si chiede un'opinione, si arringa il pubblico inerme per mezz'ore dicendo tutto e il contrario di tutto e, quando ormai si intravede la luce in fondo al tunnel, ovvero la fine, il nostro tribuno della plebe dei poveri riattacca dall'inizio.
Contare le riunioni prima delle vacanze non serve: poi, al ritorno, ce ne saranno delle altre, molte altre. E non bastano le statistiche di disoccupazione a sollevarmi il morale rendendomi conscia della mia fortuna, che si manifesta a inizio mese...
Risveglio complicato, stato comatoso a causa di un numero di ore dormite nettamente insufficiente.
Prospettiva pessima: riunione di lunghezza assolutamente insensata e proporzionale allo stato di inoccupazione di ciccio e alla di lui rognosità, in vertiginoso aumento con il caldo e le vacanze in arrivo. Sragionamenti a raffica. Discussioni circolari: apparentemente si chiede un'opinione, si arringa il pubblico inerme per mezz'ore dicendo tutto e il contrario di tutto e, quando ormai si intravede la luce in fondo al tunnel, ovvero la fine, il nostro tribuno della plebe dei poveri riattacca dall'inizio.
Contare le riunioni prima delle vacanze non serve: poi, al ritorno, ce ne saranno delle altre, molte altre. E non bastano le statistiche di disoccupazione a sollevarmi il morale rendendomi conscia della mia fortuna, che si manifesta a inizio mese...
lunedì 9 luglio 2012
Un incontro inaspettato
Ieri ho avuto un incontro di una grazia inaspettata.
Nel tardo pomeriggio ero impegnata ad approfittare del sole delle sei per asciugarmi i capelli. Accampata in maniera molto spartana su un asciugamano gettato a terra, in un angolo di prato vicino alla siepe, in piscina. Un posto pessimo, in Pianura Padana, un rifugio per ogni sorta di zanzara, dove starci meno tempo possibile, pena l'assalto da parte dell'esercito dei pungiglioni.
Mi pettinavo i capelli e con sconforto osservavo quelli che mi rimanevano nel pettine, persa nei miei pensieri da fine we.
All'improvviso un rumore tra i rami, vicinissimo.
Mi giro di scatto e vedo l'occhio vellutato di una minilepre che mi fissa immobile. Un secondo e fugge via.
Peccato, mi dico. Ma il rumore si ripete e stavolta il coniglietto si ferma un po' di più.
Trattengo il respiro, e, come per magia, l'animaletto esce dalla siepe e si mette a saltellare intorno.
Per un attimo tutta la delusione e la tristezza di questo periodo si sono volatilizzate, spazzate via dalla
tenerezza che mi ha ispirato quel codino a batuffolo che saltellava qui e là, cauto, nel prato.
La legge di Murphy
Giovedì sera mi sono detta: - E adesso giochiamo le nostre carte. -
Venerdì mi sono trascinata per una giornata intera su zeppe di altezza improbabile, gestendo una scollatura di tutto rispetto, imbalsamata in un trucco/parrucco cui non sono abituata e di conservarlo almeno fino a quando, ragionevolmente, potevo pensare di essere "fuori pericolo", lontana dagli incontri desiderati invano.
Con le pive nel sacco, venerdì sera mi sono issata (è proprio il caso di dirlo) sul treno per il ritorno.
Ho cercato un vagone solitario, un posto di testa per non aver vicino nessuno e potermi chiudere nella mia delusione, cercando di leggere qualche parola, senza riuscire a concentrarmi.
E dopo poco zac! sento un prurito dirompente che risale dal mio piede destro.
Il tempo di rendermene conto e zac! il prurito mi arriva dalla caviglia sinistra.
Agguerrita mi guardo intorno.
Maledette zanzare padane e non.
Dopo 50 minuti di caccia infruttuosa, il bilancio è stato pesante: circa dieci punture costellano pruriginosamente le mie gambe, bollate di rosso come se avessi il morbillo (e non vi dico il piacere della depilazione con slalom per non irritare ulteriormente i ponfi....).
Oggi, giorno nefasto di rientro in ufficio, mi sono messa uno straccetto cinese da 5euro5, pure marrone, che oltretutto, essendo dimagrita mi fa pure difetto sul seno, e lo becco, tutta bella lucida come un panetto di burro....
Mi sono fatta beccare per niente, per giunta.
Bah, che jella.
Senso di straniamento
Un cerchio di malumore implacabile mi avvolge, in questo lunedì d'estate.
In seguito al trasloco di cui parlavo prima, dal mio piano se ne sono andate una serie di presenze amiche, il cui incontro casuale in corridoio era una parentesi positiva, una piacevole abitudine, come quella del caffè del mattino che, per colpa di questo cambiamento, vengono meno.
Mi sento come se avessi perso le coordinate della mia tabella di marcia quotidiana, come se un senso di vuoto avesse accerchiato la mia giornata.
Intorno tante persone, ma nessuna di quelle che abitualmente vorrei vedere.
Inoltre, sono anche intimidita dal nuovo luogo in cui lavorano ora le mie presenze amiche.
Si accede entrando nel corridoio del magazzino, e poi superando una porta tagliafuoco e poi entrando in un ambiente in penombra, piuttosto asettico come lo sono le cose nuove.
E c'è un silenzio irreale, che induce a camminare in punta di piedi e a parlare sottovoce...
In seguito al trasloco di cui parlavo prima, dal mio piano se ne sono andate una serie di presenze amiche, il cui incontro casuale in corridoio era una parentesi positiva, una piacevole abitudine, come quella del caffè del mattino che, per colpa di questo cambiamento, vengono meno.
Mi sento come se avessi perso le coordinate della mia tabella di marcia quotidiana, come se un senso di vuoto avesse accerchiato la mia giornata.
Intorno tante persone, ma nessuna di quelle che abitualmente vorrei vedere.
Inoltre, sono anche intimidita dal nuovo luogo in cui lavorano ora le mie presenze amiche.
Si accede entrando nel corridoio del magazzino, e poi superando una porta tagliafuoco e poi entrando in un ambiente in penombra, piuttosto asettico come lo sono le cose nuove.
E c'è un silenzio irreale, che induce a camminare in punta di piedi e a parlare sottovoce...
sabato 7 luglio 2012
Desperate shoppers
Stamattina ho incontrato una carissima amica.
Meta: centro commerciale per la consueta operazione "santificare i saldi", ma senza esagerare.
Un commento in sintesi: un mondo di pazzi.
Il negozio di Kiko era intasato come manco la Salerno Reggio Calabria la settimana di ferragosto, stipato come non mai, con la coda per entrare tra gli scaffali troppo vicini, con il rischio di fare una strage di smalti ogni volta che ti giri, o di calpestare un bambino tra i mille intenti a pasticciarsi di colori mentre le mamme se ne fregano, tra le ragazzine che si mettono lo smalto con la scusa di provarlo.
E tutto per comprare... la stessa roba di ieri.
Sì c'ero anch'io, e tutto perché cercavo il maledetto correttore arancione di Clio, che dev'essere come il sacro Graal, chi lo trova è bravo. Che poi mi sia sorta l'esigenza assoluta di uno smalto (sono uscita con due) di uno smalto di un punto di azzurro che ancora non avevo, è un altro discorso....
Ovunque borse e borsette.
Ah, e la spintarella di rito, quella che tra le donne è l'equivalente maschile dello spintone mentre si gioca a pallone. E non abbiamo affrontato nessun negozio di biancheria, altrimenti lì sì che sarebbe arrivato lo spintone vero e proprio.
Mi ha ricordato una pubblicità che mi ha colpito, qualche giorno fa, mentre sfogliavo la free press sulla metro, la mattina presto. Quella dell'inizio dei saldi di un centro commerciale, grande, in cui si pubblicizzavano gli sconti come "più oggetti più felicità".
Per me, questa è la felicità a poco prezzo che possiamo prenderci senza chiederci come e perché. Una soddisfazione scarsa e veloce, che muore con la fatica dell'accumulo, che si annulla nella confusione delle luci, della musica, del caldo e della gente.
venerdì 6 luglio 2012
Smobilitiamoci
Periodicamente, da me, scatta la frenesia del trasloco.
Credo succeda in molte aziende.
Sul far dell'estate, un po' per riempire il tempo, un po' per riempire le presentazioni con tema "abbiamo fatto per voi" di fine anno, scattano le transumanze da un piano all'altro, precedute da lotte all'ultimo sangue, varianti sul tema: - io non mi sposto, io neppure per sogno.-.
Mandrie di impiegati passano il loro tempo a riempire scatoloni, accapigliarsi per le nuove scrivanie, buttare anni di accumulo selvaggio.
I tempi si fanno serrati, si corre ad ammassare scatoloni ovunque in corridoio.
In questo tardo pomeriggio di venerdì, la luce scema piano piano su corridoi vuoti di gente e ingombri di scatole di cartone, in pigne minacciose come la Torre di Pisa, incombenti sul tuo difficile passaggio.
Nell'azienda ormai vuota, malinconiche cartacce costellano i pavimenti, polvere e frammenti di vita aziendale.
Nessuno nell'ombra della sera, solo il personale delle pulizie, silenziose, a ricomporre il caos altrui.
Credo succeda in molte aziende.
Sul far dell'estate, un po' per riempire il tempo, un po' per riempire le presentazioni con tema "abbiamo fatto per voi" di fine anno, scattano le transumanze da un piano all'altro, precedute da lotte all'ultimo sangue, varianti sul tema: - io non mi sposto, io neppure per sogno.-.
Mandrie di impiegati passano il loro tempo a riempire scatoloni, accapigliarsi per le nuove scrivanie, buttare anni di accumulo selvaggio.
I tempi si fanno serrati, si corre ad ammassare scatoloni ovunque in corridoio.
In questo tardo pomeriggio di venerdì, la luce scema piano piano su corridoi vuoti di gente e ingombri di scatole di cartone, in pigne minacciose come la Torre di Pisa, incombenti sul tuo difficile passaggio.
Nell'azienda ormai vuota, malinconiche cartacce costellano i pavimenti, polvere e frammenti di vita aziendale.
Nessuno nell'ombra della sera, solo il personale delle pulizie, silenziose, a ricomporre il caos altrui.
L'antilingua
Eccolo qui il magistrale pezzo di Calvino sull'antilingua, ovvero quella forma di verbosa non-comunicazione che affligge ogni strato della società, che per darsi un tono utilizza termini obsoleti, sconclusionati e, negli ultimi decenni, di uno pseudo inglese. (meditate gente, su tutto quello che non dite...).
Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L'interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un po' balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo: "Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata".
Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione: "Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l'avviamento dell'impianto termico, dichiara d'essere casualmente incorso nel ritrovamento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l'asportazione di uno dei detti articoli nell'intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell'avvenuta effrazione dell'esercizio soprastante".
Ogni giorno, soprattutto da cent'anni a questa parte, per un processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un'antilingua inesistente.
Avvocati e funzionari. gabinetti ministeriali e consigli d'amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali scrivono parlano pensano nell'antilingua.
[...]come se "fiasco", "stufa", "carbone" fossero parole oscene, come se "andare", "trovare" "sapere" indicassero azioni turpi.
[...]Chi parla l'antilingua ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui parla, crede di dover sottintendere: "io parlo di queste cose per caso, ma la mia funzione è ben più in alto delle cose che dico e che faccio, la mia funzione è più in alto di tutto, anche di me stesso". La motivazione psicologica dell'antilingua è la mancanza di un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l'odio per se stessi.
[...]Perciò dove trionfa l'antilingua - l'italiano di chi non sa dire "ho fatto" ma deve dire "ho effettuato" - la lingua viene uccisa.
I passi sono tratti da: Italo Calvino - SAGGI 1945-1985 a cura di Mario Barenghi, Arnoldo Mondadori Editore.
Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L'interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un po' balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo: "Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata".
Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione: "Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l'avviamento dell'impianto termico, dichiara d'essere casualmente incorso nel ritrovamento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l'asportazione di uno dei detti articoli nell'intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell'avvenuta effrazione dell'esercizio soprastante".
Ogni giorno, soprattutto da cent'anni a questa parte, per un processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un'antilingua inesistente.
Avvocati e funzionari. gabinetti ministeriali e consigli d'amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali scrivono parlano pensano nell'antilingua.
[...]come se "fiasco", "stufa", "carbone" fossero parole oscene, come se "andare", "trovare" "sapere" indicassero azioni turpi.
[...]Chi parla l'antilingua ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui parla, crede di dover sottintendere: "io parlo di queste cose per caso, ma la mia funzione è ben più in alto delle cose che dico e che faccio, la mia funzione è più in alto di tutto, anche di me stesso". La motivazione psicologica dell'antilingua è la mancanza di un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l'odio per se stessi.
[...]Perciò dove trionfa l'antilingua - l'italiano di chi non sa dire "ho fatto" ma deve dire "ho effettuato" - la lingua viene uccisa.
I passi sono tratti da: Italo Calvino - SAGGI 1945-1985 a cura di Mario Barenghi, Arnoldo Mondadori Editore.
Per pochi minuti
Quei pochi minuti, tanto attesi, mi sono scivolati via, scorrendo agri nell'attesa di un qualcosa, di un qualcuno, che per pochi minuti non ho incontrato.
Mentre io giravo a destra, tu probabilmente giravi a sinistra, o qualche passo più in là, in una direzione diversa, contraria alla mia.
Mentre io centellinavo le mie azioni, tu magari le affrettavi, oppure le avevi già concluse.
Non faccio altro che guardarmi intorno, come un felino all'erta.
Alta la tensione, ansioso lo scorrere dei minuti.
So dove ti portano i tuoi passi.
Ahimé, le strade non si sono incrociate...
E l'attesa mi grava addosso feroce, mentre abbattuta torno a sedermi.
Il tempo mi pare sciocco ed eterno, nell'attesa di chissà che, di un fugace incontro, di un sorriso, di uno sguardo, di una parola...
giovedì 5 luglio 2012
Poco prima della pioggia
Pochi minuti prima dell'inizio della pioggia me ne andavo su un tram mezzo vuoto per il centro.
Nell'aria l'attesa del temporale era palese, lo si aspettava nell'aria immobile, nella luce opaca e giallastra, nella coltre delle nubi grigiastre e cotonose sempre più basse.
Sul vagone semivuoto, riempito dal vociare di pochi, attraversavo una zona sconosciuta, passando lenta sotto i palazzi alti, sotto le fronde mosse dal venticello teso.
Osservavo il parabrezza che si riempiva di gocce, piano piano, le guardavo rotonde a infrangersi sul vetro, per poco, esposte all'aria e poi cancellate da un colpo preciso e implacabile di tergicristallo.
In questa scatola di lamiera, ferro e legno chissà quante persone e quante emozioni sono passate, quante parole e quanti silenzi.
Ieri c'era anche il mio, colta all'improvviso dal temporale imminente, senza riparo, lontano da una metro.
Nella penombra del viaggio, la mia mente vaga, indifferente alla prospettiva di prendersi una lavata, divisa tra la volontà di essere presente a se stessa, di osservare tutto e un pensiero ricorrente in sottofondo, un ventaglio di emozioni ben preciso, che riemerge dal passato, una cosa molto intima, e difficile da affrontare.
Arrivo a destinazione, mentre corro le gocce calde e grandi si infrangono inesorabili sulla mia pelle e sui miei vestiti. Lentamente, rispetto alla velocità con cui mi bagno, trovo le scale che mi portano al treno. Sono salva, salva dal temporale.
Mentre guardo fuori, vedo bene dentro di me.
Tra tutte le cose bagnate, tra i tetti grigi, le luci ormai accese, il sole dimenticato dietro le nubi, gli animali ritirati nelle loro tane cresce il desiderio di casa, di varcare una porta, e di chiudermela dietro, per sempre.
Nell'aria l'attesa del temporale era palese, lo si aspettava nell'aria immobile, nella luce opaca e giallastra, nella coltre delle nubi grigiastre e cotonose sempre più basse.
Sul vagone semivuoto, riempito dal vociare di pochi, attraversavo una zona sconosciuta, passando lenta sotto i palazzi alti, sotto le fronde mosse dal venticello teso.
Osservavo il parabrezza che si riempiva di gocce, piano piano, le guardavo rotonde a infrangersi sul vetro, per poco, esposte all'aria e poi cancellate da un colpo preciso e implacabile di tergicristallo.
In questa scatola di lamiera, ferro e legno chissà quante persone e quante emozioni sono passate, quante parole e quanti silenzi.
Ieri c'era anche il mio, colta all'improvviso dal temporale imminente, senza riparo, lontano da una metro.
Nella penombra del viaggio, la mia mente vaga, indifferente alla prospettiva di prendersi una lavata, divisa tra la volontà di essere presente a se stessa, di osservare tutto e un pensiero ricorrente in sottofondo, un ventaglio di emozioni ben preciso, che riemerge dal passato, una cosa molto intima, e difficile da affrontare.
Arrivo a destinazione, mentre corro le gocce calde e grandi si infrangono inesorabili sulla mia pelle e sui miei vestiti. Lentamente, rispetto alla velocità con cui mi bagno, trovo le scale che mi portano al treno. Sono salva, salva dal temporale.
Mentre guardo fuori, vedo bene dentro di me.
Tra tutte le cose bagnate, tra i tetti grigi, le luci ormai accese, il sole dimenticato dietro le nubi, gli animali ritirati nelle loro tane cresce il desiderio di casa, di varcare una porta, e di chiudermela dietro, per sempre.
mercoledì 4 luglio 2012
Benzina finita
In questo tardo pomeriggio estivo, l'afa occupa ogni spazio possibile, si appiccica addosso, annebia la vista e intorpidisce i sensi.
Stanca mi sono alzata già stamattina, come avessi combattuto mille battaglie mute e da ferma, a tormentarmi in un sonno agitato.
Ora, affogata in un lavoro che è come un abisso, mi sento proprio esaurita.
Le idee latitano, cozzano stanche tra loro a rincorrere fili perduti e concetti diluiti nella stanchezza.
Sono esausta, è come spremere un sasso...
Stanca mi sono alzata già stamattina, come avessi combattuto mille battaglie mute e da ferma, a tormentarmi in un sonno agitato.
Ora, affogata in un lavoro che è come un abisso, mi sento proprio esaurita.
Le idee latitano, cozzano stanche tra loro a rincorrere fili perduti e concetti diluiti nella stanchezza.
Sono esausta, è come spremere un sasso...
martedì 3 luglio 2012
Fajitas
Sabato sera ho rispolverato questa ricetta, copiata dal piatto tex-mex che ho scoperto anni fa grazie alle mie amiche. Buona, semplice e veloce da fare.
Ingredienti:
Manzo o vitello in fettine spesse circa 1,5 cm
Pollo o tacchino in fettine
Cipolla
Peperone rosso (o anche giallo e verde)
Olio extravergine
Sale
Pepe
La proporzione carne/verdure dev'essere di due parti di carne per una di verdure
Per servire: tortillas di mais
In una padella larga e dai bordi bassi mettete l'olio, abbondante (valutate in base a quanto magra è la carne di manzo) con la cipolla, anch'essa abbondante. Salate e fate soffriggere.
Se non volete piangere tutte le vostre lacrime ancora a vostra disposizione, vi consiglio di scegliere cipolle dolci tipo Tropea.
Mentre la cipolla cuoce, dedicatevi ai peperoni.
Lavateli, eliminate i semini e riduceteli in striscioline.
Quando la cipolla sarà appassita aggiungete i peperoni.
Nel frattempo tagliate la carne a striscioline, che aggiungerete alla verdura cotta quasi del tutto (togliete il coperchio dopo un po', altrimenti vi viene un minestrone).
Aggiungete la carne, non mettete il sale per ora, altrimenti escono i succhi dalla carne, mettete un po' di pepe e se vi va metà dado di carne.
Fate cuocere e asciugare bene, ma non troppo, altrimenti la carne diventa dura.
Servite con tortillas calde. Il composto di carne e verdure va messo nelle tortillas, in cui, se vi piace potete aggiungere salsa piccante o guacamole.
Volendo, potete aggiungere anche delle code di gambero.
Ingredienti:
Manzo o vitello in fettine spesse circa 1,5 cm
Pollo o tacchino in fettine
Cipolla
Peperone rosso (o anche giallo e verde)
Olio extravergine
Sale
Pepe
La proporzione carne/verdure dev'essere di due parti di carne per una di verdure
Per servire: tortillas di mais
In una padella larga e dai bordi bassi mettete l'olio, abbondante (valutate in base a quanto magra è la carne di manzo) con la cipolla, anch'essa abbondante. Salate e fate soffriggere.
Se non volete piangere tutte le vostre lacrime ancora a vostra disposizione, vi consiglio di scegliere cipolle dolci tipo Tropea.
Mentre la cipolla cuoce, dedicatevi ai peperoni.
Lavateli, eliminate i semini e riduceteli in striscioline.
Quando la cipolla sarà appassita aggiungete i peperoni.
Nel frattempo tagliate la carne a striscioline, che aggiungerete alla verdura cotta quasi del tutto (togliete il coperchio dopo un po', altrimenti vi viene un minestrone).
Aggiungete la carne, non mettete il sale per ora, altrimenti escono i succhi dalla carne, mettete un po' di pepe e se vi va metà dado di carne.
Fate cuocere e asciugare bene, ma non troppo, altrimenti la carne diventa dura.
Servite con tortillas calde. Il composto di carne e verdure va messo nelle tortillas, in cui, se vi piace potete aggiungere salsa piccante o guacamole.
Volendo, potete aggiungere anche delle code di gambero.
Emozioni
Da qualche settimana, prendendo ormai definitivamente le distanze, vedo con chiarezza quanto folle sia stato in passato il mio attaccamento a dispetto di ogni segnale, grande e piccolo, che mi dimostrava con chiarezza l'assoluta natura maligna di questo amore unilaterale.
Eppure, la mia cecità mi ha fatto perdere di vista il confine tra il bene e il male, tra il giusto e l'assurdo.
La guardo da mezza distanza questa cosa, e quindi posso vederla, abbastanza bene, dall'alto al basso.
Se mi guardo allo specchio, posso vedere distintamente quanto male mi abbia fatto, e mi chiedo come posso aver rincorso questo pazzo, nemmeno tanto bello e certamente non così interessante.
Il sospetto è che, in fondo, rimanga sempre, nel campo dei sentimenti, una povera orfana abbandonata, priva di guida, timorosa di puntare in alto, e disposta ad invaghirsi di chi mi concede qualche attenzione.
Eppure, la mia cecità mi ha fatto perdere di vista il confine tra il bene e il male, tra il giusto e l'assurdo.
La guardo da mezza distanza questa cosa, e quindi posso vederla, abbastanza bene, dall'alto al basso.
Se mi guardo allo specchio, posso vedere distintamente quanto male mi abbia fatto, e mi chiedo come posso aver rincorso questo pazzo, nemmeno tanto bello e certamente non così interessante.
Il sospetto è che, in fondo, rimanga sempre, nel campo dei sentimenti, una povera orfana abbandonata, priva di guida, timorosa di puntare in alto, e disposta ad invaghirsi di chi mi concede qualche attenzione.
lunedì 2 luglio 2012
Forme di giustizia terrena
C'è' una giustizia a questo mondo?
Avete anche voi (e certo che l'avete), qualche collega che ha comportamenti "anomali", la cui avarizia è proporzionale solo alla sua scorrettezza?
Ovviamente questi comportamenti non solo non vi agevolano, ma in genere vi ostacolano...
Per non dire che vi danneggiano.
Dopo aver assistito per anni alla migrazione coatta di chili e chili di mele, al ratto di risme di carta, biro, matite e cartelline, alla tesaurizzazione delle bottigliette di acqua riempite alla fontanella e all'assalto sistematico a tutti i buffet, oggi ho tratto notevole soddisfazione di fronte allo sbugiardamento dell'ingordigia.
Per ottenere uno sconticino aggiuntivo sul conto del self service la nostra eroina, a fine anno, ha caricato alcune centinaia di euro di buoni pasto sulla tessera fedeltà.
Una volta abbandonata dai compagni di pranzo, la nostra si è scofanata per mesi sola soletta fior di lasagne, carbonare e tiramisù, protetta la sua fama di salutista dall'anonimato assoluto.
Fino a oggi: miseramente vuoto, il self ha chiuso i battenti. Da fuori spicca il vuoto dei locali solitamente pieni e la solitudine del luogo. Scomparso il cibo e gli addetti, rimangono i tavoli e i vassoi a prendere polvere.
Per ora la nostra non sa nulla: oggi non era il giorno dell'abbuffata.
Ma l'attendo al varco: chissà che faccia farà quando realizzerà di aver buttato alcune centinaia di euro....
Peggio di un lutto, indubbiamente.
Avete anche voi (e certo che l'avete), qualche collega che ha comportamenti "anomali", la cui avarizia è proporzionale solo alla sua scorrettezza?
Ovviamente questi comportamenti non solo non vi agevolano, ma in genere vi ostacolano...
Per non dire che vi danneggiano.
Dopo aver assistito per anni alla migrazione coatta di chili e chili di mele, al ratto di risme di carta, biro, matite e cartelline, alla tesaurizzazione delle bottigliette di acqua riempite alla fontanella e all'assalto sistematico a tutti i buffet, oggi ho tratto notevole soddisfazione di fronte allo sbugiardamento dell'ingordigia.
Per ottenere uno sconticino aggiuntivo sul conto del self service la nostra eroina, a fine anno, ha caricato alcune centinaia di euro di buoni pasto sulla tessera fedeltà.
Una volta abbandonata dai compagni di pranzo, la nostra si è scofanata per mesi sola soletta fior di lasagne, carbonare e tiramisù, protetta la sua fama di salutista dall'anonimato assoluto.
Fino a oggi: miseramente vuoto, il self ha chiuso i battenti. Da fuori spicca il vuoto dei locali solitamente pieni e la solitudine del luogo. Scomparso il cibo e gli addetti, rimangono i tavoli e i vassoi a prendere polvere.
Per ora la nostra non sa nulla: oggi non era il giorno dell'abbuffata.
Ma l'attendo al varco: chissà che faccia farà quando realizzerà di aver buttato alcune centinaia di euro....
Peggio di un lutto, indubbiamente.
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