venerdì 7 dicembre 2012

Come riaprire con certezza le ferite e riportare a galla i rancori

Un sms, uno strumento meraviglioso per una comunicazione veloce ed efficiente.
Ma anche tanto pericoloso, soprattutto quando si naviga così sempre sul limitare di un contrasto.

Dieci o quindici giorni di beata lontananza, ognuno con i suoi problemi, di salute, familiari.
Eccoci di nuovo a condividere lo stesso spazio ristretto.

Una giornata meno entusiasmante delle altre, con qualche pavone di troppo intento a gratificare il capo.

E la sera, dopo che, in fila, ho preparato la cena, ho fatto il bucato, l'ho steso, ho sistemato la cucina, arrivata a casa tardi per colpa dei suddetti, mi arriva un sms con richiesta di notizie su mia mamma.
Adesso?
E poi la domanda: ma che aiuti hai?
Nessuno, mi aiuto da me.

Strano per chi ha sempre vissuto nella bambagia e fa il generoso assumendosi per finta la responsabilità altrui.
Creandosi una famiglia fittizia, ma senza veri legami di responsabilità.

Non sono stupito che ti aiuti da te.
Ecco, invece stupisciti.
Così come sono stupita io nel capire che, da quel bamboccione che sei, non ti rendi nemmeno conto di quanta fatica, di quanta paura, di quanta ansia si porti con sé chi è da solo, chi sa di non poter sbagliare, e il venire a patti con le proprie imperfezioni, a metà tra il rimorso tra chi ti chiede sempre più di quello che hai e il rimorso di non poter adempiere per intero alle tue responsabilità vere.
Un gioco alla rinuncia, con l'acqua alta ogni momento e il timore dell'ondata.

E invece io avrei bisogno eccome di qualcuno accanto in spirito e opere, in un sostegno morale e materiale, elargendo protezione, rassicurazione e confrorto. E facendo anche qualche commissione.

Un sms lasciato a rantolare sul telefono, ma che prolunga i suoi effetti nel tempo.

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