I discount hanno fatto timidamente la loro comparsa quasi vent'anni fa.
Posti tristi e piccolini, dove merce di qualità piuttosto bassa veniva acquistata da un ceto variegato composto di poco abbienti e fanatici del risparmio. Ovviamente ho cominciato a frequentarli da subito.
Schifati da molti, che si vergognavano perfino di dire che andavano al discount, per lungo tempo, ora, invece, sono frequentati dai più.
Ho il sospetto che dire che vai al discount abbia un che di radical chic.
Un certo disinteresse per le marche, un senso di coscienza viva rispetto alla crisi...
E così, in questi posti stretti, con le corsie claustrofobiche, le casse concepite da una mente diabolica (non c'è lo spazio per ritirare la spesa dopo averla pagata, la cassa si tronca all'improvviso costringendoti a buttare tutto nel carrello, e quindi a inscatolare poi in mezzo al corridoio, bloccando le uscite...) c'è più gente che al supermercato normale.
Io, dopo anni, sono tornata al discount per l'acquisto di certi prodotti.
Nonostante i buoni pasto, nonostante le offerte sottocosto dei supermercati, nonostante cucini molto...
Non me la sentivo più di farmi taglieggiare per l'acquisto di generi "base".
Così, cercando di comprare italiano, per lo più i miei grissini, le gallette di riso, gli yogurt, il burro, fazzoletti e tovaglioli di carta, carta igienica...
A volte la qualità non è eccelsa, altre è esattamente quella dei prodotti del supermercato.
Come dire, si risparmia dove si può.
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