Un nome, una garanzia di problemi del tutto inutili, di seccature evitabili, di figuracce colossali, di arrabbiature non meno grandi per motivi decisamente discutibili.
Grasso e volgare come una pantomima dei diavoli medievali, ignorante e maleducato solo quanto un prodotto di più di vent'anni di Italia berlusconiana possono fare, rozzo e polemico, con l'arte del blaterare stupido e circolare (parti da una scemenza, ne infili almeno altre 800 e poi ci ritorni come a un sicuro porto di idiozia) e soprattutto, cialtrone.
Cialtrone nel profondo: falso come Giuda ti lascia addosso la sua comprensione come una bava di lumaca, viscida e appiccicosa.
Ti lascia addosso anche tutto lo schifo di cui è ripieno in un profluvio di insulti del tutto gratuiti, di banalità e sciocchezze di cui colpisce l'ingenuità, talvolta.
Una persona povera di tutte le buone qualità.
Ma in particolare della più importante: la modestia, che permette di scorgere i propri limiti e di migliorare. Un becero che sbraita in continuazione, il cui scopo nella vita è avanzare a malignità e sgambetti, cattiverie e insinuazioni, le sui parole sono come rifiuti e ammorbano l'ambiente circostante.
Un vizioso di bassa lega, che non si dà nemmeno penna di velare l'essenza del suo purulento essere.
Questa gente, invece che un ruolo dirigenziale, avrebbe bisogno di un ruolo in un'azienda di pulizie: chissà che un po' di ammoniaca e fatica puliscano quell'incredibile e lercia faccia tosta e la riportino al ruolo che merita davvero: pulire i bagni della stazione con qualcuno che controlli che sia fatto.
giovedì 29 novembre 2012
martedì 27 novembre 2012
La Provvidenza
Come si manifesta quella singolare Provvidenza di cui parla il Manzoni?
Anche sotto forma di malattia.
Una bella tonsillite virale molto tosta, con febbre alta, placche ovunque e un inizio di bronchite.
Oltre a quella sinusite di cui pare non riesca proprio a farne a meno.
In un periodo in cui l'ironia non basta ad arginare lo sfacelo della situazione, in cui gli impegni si sommano, si affastellano nevrotici e sconclusionati, ho vissuto ben tre settimane di martellamento di ogni genere, emotivo, nervoso, con il grosso problema dell'operazione di mia mamma, e di del fatto di non poter piantare a casa una persona appena uscita dall'ospedale, oltre che portarla, andarla a prendere, organizzare la vita quotidiana.
Con un sacco di ferie arretrate e sottoposta a un assedio ero estremamente proccupata e angosciata all'idea di quello che mi aspettava.
E siccome non sono una che sta a casa dal lavoro se non è davvero malata, non sapevo che pesci pigliare. Tra insonnie notturne, palpitazioni diurne e pensieri a mulinello, ecco la soluzione.
Servita dalla Provvidenza su un piatto d'argento: 40 di febbre e un malanno serio come non si vedeva da tempo, altroché.
Come dire, siete tutti dilettanti, al confronto.
Anche sotto forma di malattia.
Una bella tonsillite virale molto tosta, con febbre alta, placche ovunque e un inizio di bronchite.
Oltre a quella sinusite di cui pare non riesca proprio a farne a meno.
In un periodo in cui l'ironia non basta ad arginare lo sfacelo della situazione, in cui gli impegni si sommano, si affastellano nevrotici e sconclusionati, ho vissuto ben tre settimane di martellamento di ogni genere, emotivo, nervoso, con il grosso problema dell'operazione di mia mamma, e di del fatto di non poter piantare a casa una persona appena uscita dall'ospedale, oltre che portarla, andarla a prendere, organizzare la vita quotidiana.
Con un sacco di ferie arretrate e sottoposta a un assedio ero estremamente proccupata e angosciata all'idea di quello che mi aspettava.
E siccome non sono una che sta a casa dal lavoro se non è davvero malata, non sapevo che pesci pigliare. Tra insonnie notturne, palpitazioni diurne e pensieri a mulinello, ecco la soluzione.
Servita dalla Provvidenza su un piatto d'argento: 40 di febbre e un malanno serio come non si vedeva da tempo, altroché.
Come dire, siete tutti dilettanti, al confronto.
Pastina con il dado
Il vero piatto del Malato conclamato.
Pastina con dado a casaccio, tanto è insapore lo stesso.
Colpita da potente tonsillite con placche, tante da rendermi estremamente doloroso non solo deglutire, ma anche parlare, non riesco a mangiare nulla, ma sono costretta a prendere qualcosa con cui accompagnare gli antibiotici.
Yogurt, pastina e succo di frutta si sprecano in una tristezza generalizzata.
Che prende il volo di fronte al padellino single da pastina, il vecchio "pastina" monoporzione" in cui bollono dei risoni, in troppa acqua sporca, con qualche misterioso filo verde che naviga sulla superficie.
L'impressione di pallida insipienza prende maggior consistenza quando la pastina si guadagna il piatto. Anche questo un beige da saldi Ikea, pesante come un piombo e di fattura grossolana.
Sotto la lucina della cucina, con questo piattino di sciacquatura insipida, il cui gusto orrido ti arriva direttamente alla gola anche se non senti né odori né sapori "apprezzi" appieno il gusto della malattia.
Pastina con dado a casaccio, tanto è insapore lo stesso.
Colpita da potente tonsillite con placche, tante da rendermi estremamente doloroso non solo deglutire, ma anche parlare, non riesco a mangiare nulla, ma sono costretta a prendere qualcosa con cui accompagnare gli antibiotici.
Yogurt, pastina e succo di frutta si sprecano in una tristezza generalizzata.
Che prende il volo di fronte al padellino single da pastina, il vecchio "pastina" monoporzione" in cui bollono dei risoni, in troppa acqua sporca, con qualche misterioso filo verde che naviga sulla superficie.
L'impressione di pallida insipienza prende maggior consistenza quando la pastina si guadagna il piatto. Anche questo un beige da saldi Ikea, pesante come un piombo e di fattura grossolana.
Sotto la lucina della cucina, con questo piattino di sciacquatura insipida, il cui gusto orrido ti arriva direttamente alla gola anche se non senti né odori né sapori "apprezzi" appieno il gusto della malattia.
domenica 25 novembre 2012
Rancore
Il rancore è come un sordo ruggito di sottofondo.
Si annida nei tessuti, si insinua nelle cellule cerebrali, assedia il cuore.
Il rancore è il sintomo di una piaga sempre aperta, di un conflitto che non è scoppiato, di una battaglia mai avvenuta.
Senza diritti, in apparenza, si oppone alla stanchezza e alla rassegnazione.
Ritiene di avere degli argomenti, una forza vitale prepotente, una rabbia urticante.
Le false promesse, le lusinghe, le bugie dette per compiacere, il temporeggiare colpevole e questo sistematico, rapace, vergognoso depredare i miei diritti sono all'origine del mio rancore.
Stanchezza ed eventi eccezionali lo alimentano, come un fuoco cui basta nulla per divampare implacabile.
Si annida nei tessuti, si insinua nelle cellule cerebrali, assedia il cuore.
Il rancore è il sintomo di una piaga sempre aperta, di un conflitto che non è scoppiato, di una battaglia mai avvenuta.
Senza diritti, in apparenza, si oppone alla stanchezza e alla rassegnazione.
Ritiene di avere degli argomenti, una forza vitale prepotente, una rabbia urticante.
Le false promesse, le lusinghe, le bugie dette per compiacere, il temporeggiare colpevole e questo sistematico, rapace, vergognoso depredare i miei diritti sono all'origine del mio rancore.
Stanchezza ed eventi eccezionali lo alimentano, come un fuoco cui basta nulla per divampare implacabile.
lunedì 19 novembre 2012
Troppo tutto insieme
Non riesco a capacitarmi proprio del fatto che, tra capo e collo, mi sia capitata una sonora disgrazia lavorativa, che mi sta martoriando da mesi, si è aggiunta la "splendida" notizia per cui mia mamma dovrà essere operata di ernia. Ha fatto la visita dal chirurgo, e si attende la convocazione all'ospedale.
Il che, naturalmente, si somma al pesante stress lavorativo che caratterizza questo periodo, ormai da più di due mesi.
Sono preoccupata, di non riuscire a star dietro a tutto.
Ricordo come un incubo le esperienze passate di questo tipo e spero di potermi organizzare a dovere.
Intanto, però, sono tesa. Tesa al pensiero di dover discutere per stare a casa, e per il lavoro da fare...
Il che, naturalmente, si somma al pesante stress lavorativo che caratterizza questo periodo, ormai da più di due mesi.
Sono preoccupata, di non riuscire a star dietro a tutto.
Ricordo come un incubo le esperienze passate di questo tipo e spero di potermi organizzare a dovere.
Intanto, però, sono tesa. Tesa al pensiero di dover discutere per stare a casa, e per il lavoro da fare...
Nascosto dove c'è più luce
è il titolo dello spettacolo di Gioele Dix, che ho visto ieri.
Si tratta di uno spettacolo che definire comico è, a mio parere, inappropriato.
Si tratta di una riflessione sul senso della vita e delle proprie scelte al momento del giudizio universale, con qualche intermezzo comico.
Lui è un bravo attore, prima di essere un comico di successo, che può piacere o meno.
Un attore di presenza scenica di tutto rispetto, che ha studiato e non improvvisa, credo, praticamente mai.
Avrà successo o meno?
Non so cosa si aspetti da lui il pubblico, ma di certo è la scelta di qualcuno che vuole continuare a cercare una propria via espressiva, senza piegarsi a tutti i costi alla ricerca del volgare per far ridere, del banale, dello scontato.
Più che un comico di mestiere, un buon rappresentante della categoria degli attori, con vena comica spiccata, non solo per chi è di bocca buona.
Si tratta di uno spettacolo che definire comico è, a mio parere, inappropriato.
Si tratta di una riflessione sul senso della vita e delle proprie scelte al momento del giudizio universale, con qualche intermezzo comico.
Lui è un bravo attore, prima di essere un comico di successo, che può piacere o meno.
Un attore di presenza scenica di tutto rispetto, che ha studiato e non improvvisa, credo, praticamente mai.
Avrà successo o meno?
Non so cosa si aspetti da lui il pubblico, ma di certo è la scelta di qualcuno che vuole continuare a cercare una propria via espressiva, senza piegarsi a tutti i costi alla ricerca del volgare per far ridere, del banale, dello scontato.
Più che un comico di mestiere, un buon rappresentante della categoria degli attori, con vena comica spiccata, non solo per chi è di bocca buona.
La scoperta di un nuovo teatro
Ieri ho fatto una piacevole scoperta nella scoperta.
Allo spettacolo di Gioele Dix si è aggiunta la scoperta di questo nuovo teatro, il Franco Parenti, in zona Porta Romana a Milano.
Mi sembrava difficile da raggiungere, scomodo, e a portarmi lì, ci sono stati solo dei biglietti fortemente scontati che ho comprato online.
Invece sono rimasta impressionata da questo bello stabile nuovo, fatto di mattoni a vista e con particolari che ricordano il recupero di uno stabile industriale.
Scale in ferro, design minimalista e, udite udite, una bellissima visuale anche seduti di lato, per una donnina minuscola, data la pendenza della platea.
Una gestione fatta di persone giovani, con un bar che sembra un misto Ikea style di pino chiaro e un sushi bar.
E' semplice arrivarci, la fermata della metro Porta Romana è vicina.
Gli spettacoli sono tanti e interessanti, presentando una serie di cartoline si ottiene un bello sconto.
Piacevole solo a starci....
Allo spettacolo di Gioele Dix si è aggiunta la scoperta di questo nuovo teatro, il Franco Parenti, in zona Porta Romana a Milano.
Mi sembrava difficile da raggiungere, scomodo, e a portarmi lì, ci sono stati solo dei biglietti fortemente scontati che ho comprato online.
Invece sono rimasta impressionata da questo bello stabile nuovo, fatto di mattoni a vista e con particolari che ricordano il recupero di uno stabile industriale.
Scale in ferro, design minimalista e, udite udite, una bellissima visuale anche seduti di lato, per una donnina minuscola, data la pendenza della platea.
Una gestione fatta di persone giovani, con un bar che sembra un misto Ikea style di pino chiaro e un sushi bar.
E' semplice arrivarci, la fermata della metro Porta Romana è vicina.
Gli spettacoli sono tanti e interessanti, presentando una serie di cartoline si ottiene un bello sconto.
Piacevole solo a starci....
domenica 18 novembre 2012
Un momento di pace assoluta
In cerca di cibo per la mente, capace di lenire lo stress di questo periodo, ieri mattina sono andata in biblioteca. Lo scopo, trovare qualcosa da leggere di interessante e trovare, soprattutto, quel conforto che solo l'odore dei libri e il loro calore può dare.
L'avveniristica struttura di Mortara ha anche una saletta sul retro, quella dei libri dimenticati, capitati lì per un criterio di archiviazione oscuro e incomprensibile anche ai libri stessi.
Quello che è diventato un centro di incontro quasi, ha questo luogo solitario, in cui regnano biografie improbabili e guide viaggi, in cui rintanarsi.
Alla ricerca di un libro che mi ispirasse, mi sono spostata nella saletta.
Dopo qualche momento, girando tra gli scaffali, ho avuto quello che potrei definire la coscienza assoluta del momento. Mi sono fermata, e ho ascoltato un silenzio assoluto che mi avvolgeva. Tra i libri, in un'atmosfera ovattata, nella solitudine più benefica, in quel momento ero lì e basta, senza pensieri, ansie, desideri, senza rincorrere false promesse o speranze irreali.
Non il sonno, popolato da sogni faticosi e ansiogeni, non il resto, ma quel momento è stato il vero momento rigenerante del we.
L'affetto dei libri trova sempre modo di farsi sentire, per chi li ama sul serio.
L'avveniristica struttura di Mortara ha anche una saletta sul retro, quella dei libri dimenticati, capitati lì per un criterio di archiviazione oscuro e incomprensibile anche ai libri stessi.
Quello che è diventato un centro di incontro quasi, ha questo luogo solitario, in cui regnano biografie improbabili e guide viaggi, in cui rintanarsi.
Alla ricerca di un libro che mi ispirasse, mi sono spostata nella saletta.
Dopo qualche momento, girando tra gli scaffali, ho avuto quello che potrei definire la coscienza assoluta del momento. Mi sono fermata, e ho ascoltato un silenzio assoluto che mi avvolgeva. Tra i libri, in un'atmosfera ovattata, nella solitudine più benefica, in quel momento ero lì e basta, senza pensieri, ansie, desideri, senza rincorrere false promesse o speranze irreali.
Non il sonno, popolato da sogni faticosi e ansiogeni, non il resto, ma quel momento è stato il vero momento rigenerante del we.
L'affetto dei libri trova sempre modo di farsi sentire, per chi li ama sul serio.
sabato 17 novembre 2012
Cos'è successo al mio guardaroba?
La sera prima dello scatto ufficiale in camera mia si è consumato un dramma.
L'idea, per le richiesta fatte, era quella di un capo chiaro e uno scuro, ovvero camicia e giacca.
Ebbene, la mia idea iniziale, giacca grigia pantalone nero si è scontrata con la consunzione dei pantaloni, che fanno pallini sul fianco.
La camicia bianca, la solita, si scopre consumata al fondo, impossibile mettere il taileur della laurea, che necessita i tacchi, impossibile mettere il vestito, dato che non ho stivali. Ripiago su un vecchio tailleur grigio, tanto pesante da farmi fare la sauna e con dei pantaloni così larghi che mi aspetto che l'elefante, prima o poi, esca dalla zampa sul serio, forte del fatto che la foto sarà a mezzobusto (e ci sbagliavamo).
Così largo che ho dovuto tener su il tutto con una cintura, che ho scoperto essere tutta mangiata, che mi ha fatta sentire infagottata tutto il giorno.
Scopro poi che... Non ho scarpe. Un abbinamento molto rock, ma mi sono trovata in anfibi e tailleur grigio fumo, un accostamento che ha stupito anche la fotografa.
Tra camicie lise, scarpe mancanti, cappotto pulcioso, pantaloni che cascano e giacche enormi, ho capito che il mio guardaroba rispecchia solo le mie esigenze quotidiane, nessun incontro o occasione, alcuni kg in meno che rendono bad fitted le cose vecchie e un mio attuale disinteresse.
Mi sono fatta una lista di cose che devo avere.
Non elegantissime, ma almeno decenti.
L'idea, per le richiesta fatte, era quella di un capo chiaro e uno scuro, ovvero camicia e giacca.
Ebbene, la mia idea iniziale, giacca grigia pantalone nero si è scontrata con la consunzione dei pantaloni, che fanno pallini sul fianco.
La camicia bianca, la solita, si scopre consumata al fondo, impossibile mettere il taileur della laurea, che necessita i tacchi, impossibile mettere il vestito, dato che non ho stivali. Ripiago su un vecchio tailleur grigio, tanto pesante da farmi fare la sauna e con dei pantaloni così larghi che mi aspetto che l'elefante, prima o poi, esca dalla zampa sul serio, forte del fatto che la foto sarà a mezzobusto (e ci sbagliavamo).
Così largo che ho dovuto tener su il tutto con una cintura, che ho scoperto essere tutta mangiata, che mi ha fatta sentire infagottata tutto il giorno.
Scopro poi che... Non ho scarpe. Un abbinamento molto rock, ma mi sono trovata in anfibi e tailleur grigio fumo, un accostamento che ha stupito anche la fotografa.
Tra camicie lise, scarpe mancanti, cappotto pulcioso, pantaloni che cascano e giacche enormi, ho capito che il mio guardaroba rispecchia solo le mie esigenze quotidiane, nessun incontro o occasione, alcuni kg in meno che rendono bad fitted le cose vecchie e un mio attuale disinteresse.
Mi sono fatta una lista di cose che devo avere.
Non elegantissime, ma almeno decenti.
Ciak si scatta
Nel corso di una settimana convulsa, in un periodo difficile, l'allegra comitiva Soldi Sette si prepara a farsi immortalare da una fotografa professionista, in quel di Milano, un martedì mattina di novembre stranamente mite.
Appuntamento alle 10 dalle parti di Viale Abruzzi, ovvero in una delle zone di Milano senza metropolitana. Complimenti per l'organizzazione.
Veniamo tutti da fuori Milano, eccetto Danilo e questo ci costringe comunque a una levataccia, a girellare per un'ora in una zona, quella attorno a piazzale Dateo, in cui anche la ricerca di un bar è un'impresa.
Si tratta delle foto da mettere sulla rivista, dovremmo avere quindi un aspetto professionale, ordinato e rassicurante. Avremmo bisogno, quindi, di un parrucchiere e di un truccatore. Nemmeno a parlarne.
Io ho fatto il possibile, ma pur truccandomi da una vita ormai, non ho le conoscenze adatte per risultare bene sotto i riflettori.
Michela e io ci troviamo un'ora prima, cerchiamo il posto e, con una fortuna incredibile lo individuiamo subito. Tornando in ufficio ci rendiamo conto, invece, che non era così scontato: i numeri civici (un bene che a Milano pare un dettaglio di cui fare a meno) sono ascendenti per i pari e discendenti per i dispari in viale dei Mille!?!
Lo studio, quello che è un vero studio professionale in cui ci vanno pure le modelle, sono due/tre vani a margine di un garage, in uno scantinato.
Pareti bianchissime, un sacco di oggetti alla rinfusa, e luci incredibili.
La fotografa è una persona molto alla mano, dall'aspetto quasi bohemièm, con qualche filo grigio nei capelli e un abbigliamento quasi trovato per caso.
Trovati per caso sembravano anche i miei colleghi Pietro e Alessandra, che nemmeno per fare la foto da esporre al mondo sono riusciti a vestirsi non da straccioni.
La sessione (gira a destra, volta a sinistra, sorridi sorridi sorridi mi viene una paresi alla guancia mani su braccia giù gamba qui gira là) è durata due ore. Prima da soli, poi a gruppetti, eccoci sotto le luci dei riflettori. Come mi sono sentita?
Prima di vedere le nostre foto del backstage grassa, poi più tranquilla.
Nel frattempo, come dei bambini, giocavamo con gli oggetti trovati nell'anticamera: Io mi sono fatta fare delle foto con il metro da stoffe, quello di legno rigido. Il tempo è passato velocemente ed eravamo già sulla via del ritorno.
Un bel pezzo a piedi e una tappa al Panino giusto dalle parti di Buenos Aires. L'Ale ha defezionato (per non pagare il pranzo) e noi ci siamo goduti un panino buono e costosissimo seduti in questo bellissimo palazzo Liberty. Il ritorno, nel caldo del pomeriggio è stato faticosissimo.
Queste giornate mi stendono davvero.
Però chi l'avrebbe mai detto: ho delle foto professionali e finirò sul giornale, mio malgrado.
Appuntamento alle 10 dalle parti di Viale Abruzzi, ovvero in una delle zone di Milano senza metropolitana. Complimenti per l'organizzazione.
Veniamo tutti da fuori Milano, eccetto Danilo e questo ci costringe comunque a una levataccia, a girellare per un'ora in una zona, quella attorno a piazzale Dateo, in cui anche la ricerca di un bar è un'impresa.
Si tratta delle foto da mettere sulla rivista, dovremmo avere quindi un aspetto professionale, ordinato e rassicurante. Avremmo bisogno, quindi, di un parrucchiere e di un truccatore. Nemmeno a parlarne.
Io ho fatto il possibile, ma pur truccandomi da una vita ormai, non ho le conoscenze adatte per risultare bene sotto i riflettori.
Michela e io ci troviamo un'ora prima, cerchiamo il posto e, con una fortuna incredibile lo individuiamo subito. Tornando in ufficio ci rendiamo conto, invece, che non era così scontato: i numeri civici (un bene che a Milano pare un dettaglio di cui fare a meno) sono ascendenti per i pari e discendenti per i dispari in viale dei Mille!?!
Lo studio, quello che è un vero studio professionale in cui ci vanno pure le modelle, sono due/tre vani a margine di un garage, in uno scantinato.
Pareti bianchissime, un sacco di oggetti alla rinfusa, e luci incredibili.
La fotografa è una persona molto alla mano, dall'aspetto quasi bohemièm, con qualche filo grigio nei capelli e un abbigliamento quasi trovato per caso.
Trovati per caso sembravano anche i miei colleghi Pietro e Alessandra, che nemmeno per fare la foto da esporre al mondo sono riusciti a vestirsi non da straccioni.
La sessione (gira a destra, volta a sinistra, sorridi sorridi sorridi mi viene una paresi alla guancia mani su braccia giù gamba qui gira là) è durata due ore. Prima da soli, poi a gruppetti, eccoci sotto le luci dei riflettori. Come mi sono sentita?
Prima di vedere le nostre foto del backstage grassa, poi più tranquilla.
Nel frattempo, come dei bambini, giocavamo con gli oggetti trovati nell'anticamera: Io mi sono fatta fare delle foto con il metro da stoffe, quello di legno rigido. Il tempo è passato velocemente ed eravamo già sulla via del ritorno.
Un bel pezzo a piedi e una tappa al Panino giusto dalle parti di Buenos Aires. L'Ale ha defezionato (per non pagare il pranzo) e noi ci siamo goduti un panino buono e costosissimo seduti in questo bellissimo palazzo Liberty. Il ritorno, nel caldo del pomeriggio è stato faticosissimo.
Queste giornate mi stendono davvero.
Però chi l'avrebbe mai detto: ho delle foto professionali e finirò sul giornale, mio malgrado.
domenica 11 novembre 2012
Settimana molto pesante
Ho passato la giornata di ieri a dormire, in pratica.
Sono reduce da una settimana molto pesante, sia per gli orari, sia per gli impegni.
Temo che saranno così anche le prossime due. La mia speranza è che, per fine mese, questo delirio termini.
Giovedì scorso sono stata in ufficio 12 ore, se aggiungete le quasi 4 di viaggio potete avere un'idea della giornata, esemplificativa della settimana.
Sono anche riuscita a partecipare a due riunioni in contemporanea.
Mentre da una parte facevano la pausa caffè, dall'altra io seguivo un altro incontro.
Nemmeno per pranzo mi hanno fatto uscire da questa maledetta saletta: il nostro project manager "porto solo acqua al mio mulino" ha ordinato la solita pizza unta, alta e affogata nella mozzarella che piace solo a lei ( dico solo che uno dei consulenti, canadese, l'ha lasciata lì!!).
Dalle 10 alle 16:40 per "risolvere dei problemi che avrebbero dovuto risolvere loro, dato che io non sono un'informatico", accompagnata da una nostra informatica che è come portarsi dietro il servo muto.
Solo noi riusciamo ad assumere un tecnico informatico che non sa l'inglese, e che, dopo aver concordato il contenuto di una mail, sbaglia a scriverla!
Le quattro ore rimanenti le ho passate a fare le cose più urgenti, visto che il mio lavoro è un altro.
Come sia potuta finire dentro questa cosa ancora me lo chiedo.
Mi aspetta un intenso data entering e una valanga di mail in inglese, che giungono a pacchi ogni giorno. Oltre al resto, off course.
Sono reduce da una settimana molto pesante, sia per gli orari, sia per gli impegni.
Temo che saranno così anche le prossime due. La mia speranza è che, per fine mese, questo delirio termini.
Giovedì scorso sono stata in ufficio 12 ore, se aggiungete le quasi 4 di viaggio potete avere un'idea della giornata, esemplificativa della settimana.
Sono anche riuscita a partecipare a due riunioni in contemporanea.
Mentre da una parte facevano la pausa caffè, dall'altra io seguivo un altro incontro.
Nemmeno per pranzo mi hanno fatto uscire da questa maledetta saletta: il nostro project manager "porto solo acqua al mio mulino" ha ordinato la solita pizza unta, alta e affogata nella mozzarella che piace solo a lei ( dico solo che uno dei consulenti, canadese, l'ha lasciata lì!!).
Dalle 10 alle 16:40 per "risolvere dei problemi che avrebbero dovuto risolvere loro, dato che io non sono un'informatico", accompagnata da una nostra informatica che è come portarsi dietro il servo muto.
Solo noi riusciamo ad assumere un tecnico informatico che non sa l'inglese, e che, dopo aver concordato il contenuto di una mail, sbaglia a scriverla!
Le quattro ore rimanenti le ho passate a fare le cose più urgenti, visto che il mio lavoro è un altro.
Come sia potuta finire dentro questa cosa ancora me lo chiedo.
Mi aspetta un intenso data entering e una valanga di mail in inglese, che giungono a pacchi ogni giorno. Oltre al resto, off course.
martedì 6 novembre 2012
Sbattuta in prima pagina (o seconda o terza...)
Esattamente tra sette giorni io e il mio ufficio saremo costretti a fare delle foto, spero non segnaletiche, delle nostre persone, che verranno pubblicate sulla/sulle riviste.
Questo fatto, che mi preoccupa molto, significa passare dall'essere un personaggio privato, un nome scritto sulla rivista, a essere un personaggio pubblico, cosa che non ho mai desiderato, tanto è vero che non ho neppure mai aperto un account Facebook, per esempio.
Mi chiedo, inoltre, se sia normale utilizzare l'immagine di una persona senza chiederne il consenso, senza un ritorno economico e senza conoscere come verrà salvaguardata la medesima.
Non vorrei trovarmi a diventare il volto di qualche campagna coupon per trattamenti anticellulite, oppure il bersaglio di una serie di matti che, così, potranno insultarti per nome e cognome invece che essere un nomino piccolo piccolo sul retro della rivista.
Questo non mi garba. A costo zero per l'azienda, a costo potenzialmente elevatissimo per me.
Ma potrò decidere?
Oppure si andrà avanti come sempre, così a caso, a riscrivere quello che vuole qualcun altro, mentre io ci metto la faccia....
Questo fatto, che mi preoccupa molto, significa passare dall'essere un personaggio privato, un nome scritto sulla rivista, a essere un personaggio pubblico, cosa che non ho mai desiderato, tanto è vero che non ho neppure mai aperto un account Facebook, per esempio.
Mi chiedo, inoltre, se sia normale utilizzare l'immagine di una persona senza chiederne il consenso, senza un ritorno economico e senza conoscere come verrà salvaguardata la medesima.
Non vorrei trovarmi a diventare il volto di qualche campagna coupon per trattamenti anticellulite, oppure il bersaglio di una serie di matti che, così, potranno insultarti per nome e cognome invece che essere un nomino piccolo piccolo sul retro della rivista.
Questo non mi garba. A costo zero per l'azienda, a costo potenzialmente elevatissimo per me.
Ma potrò decidere?
Oppure si andrà avanti come sempre, così a caso, a riscrivere quello che vuole qualcun altro, mentre io ci metto la faccia....
lunedì 5 novembre 2012
Malinconia autunnale
Un pomeriggio freddo e uggioso, presto buio, a guidare tra il traffico lento e le luci fastidiose della sera. Le gocce di pioggia si infrangono sempre più frequenti sul parabrezza, il tergicristallo che gracchia, il riscaldamento come unico conforto per il freddo che si insinua tra le pieghe degli abiti.
Guido con prudenza, con un sottofondo musicale malinconico e nessun pensiero chiaro nella mente.
E all'improvviso mi sale un senso di vuoto, come un buchino in mezzo al petto, freddo e pungente, senza spiegazione.
Il freddo, il fastidio delle luci sotto la pioggia...
Così come è arrivato, dopo qualche minuto, così se ne è andato, lasciandomi uno strano sapore in bocca, che nemmeno una caramella alla menta può cacciare.
Guido con prudenza, con un sottofondo musicale malinconico e nessun pensiero chiaro nella mente.
E all'improvviso mi sale un senso di vuoto, come un buchino in mezzo al petto, freddo e pungente, senza spiegazione.
Il freddo, il fastidio delle luci sotto la pioggia...
Così come è arrivato, dopo qualche minuto, così se ne è andato, lasciandomi uno strano sapore in bocca, che nemmeno una caramella alla menta può cacciare.
Equivoci
Una parola di troppo, relativa a un divorzio, durante l'ultima lezione del corso di inglese ha stuzzicato la mia curiosità.
E stamattina mi pareva di aver l'occasione giusta per chiedere chiarimenti a una persona che certamente ne sa più di me.
Tutto è partito da un discorso relativo ad alcuni intrighi di carattere sentimentale che avverrebbero all'interno della squadra di tiro con l'arco. Da lì si è passati agli intrighi in corso nella corale laurenziana, il tutto senza nomi e senza riferimenti precisi.
Questo ha fatto scattare una serie di equivoci a dir poco esilaranti. Gli uomini nel mio corso di inglese sono due, A e B.
A me interessava sapere di A, ma la mia amica, in questo detto non detto, ha capito che l'allusione di Alice relativa a un divorzio penoso fosse diretta a B, il quale ha una moglie che, guarda caso, canta nel coro di Laura ed è lei, proprio lei, a sfarfalleggiare fatale in cerca di soddisfazioni extra...
Così, mentre io pensavo che lei parlasse di A, lei mi raccontava che la moglie di B aveva fatto, non fatto, e lei aveva notato... Io sono rimasta di stucco, ma come, quale moglie?
Davanti a un caffè, in un bar affollato, per discrezione senza pronunciare nomi e cognomi, siamo andate avanti un quarto d'ora prima di spiegarci e di dirimere l'equivoco.
Per fare questo è stato necessario che il caffè entrasse in circolo, oltre ad arrivare fino in Duomo in tram.
A quel punto, dopo aver appreso che il mio "compagno di banco" a inglese ha una impalcatura di corna che fa provincia... come farò a far finta di nulla domani?
E, purtroppo, non ho saputo quel che volevo conoscere: era troppo tardi e non volevo essere troppo insistente.
E stamattina mi pareva di aver l'occasione giusta per chiedere chiarimenti a una persona che certamente ne sa più di me.
Tutto è partito da un discorso relativo ad alcuni intrighi di carattere sentimentale che avverrebbero all'interno della squadra di tiro con l'arco. Da lì si è passati agli intrighi in corso nella corale laurenziana, il tutto senza nomi e senza riferimenti precisi.
Questo ha fatto scattare una serie di equivoci a dir poco esilaranti. Gli uomini nel mio corso di inglese sono due, A e B.
A me interessava sapere di A, ma la mia amica, in questo detto non detto, ha capito che l'allusione di Alice relativa a un divorzio penoso fosse diretta a B, il quale ha una moglie che, guarda caso, canta nel coro di Laura ed è lei, proprio lei, a sfarfalleggiare fatale in cerca di soddisfazioni extra...
Così, mentre io pensavo che lei parlasse di A, lei mi raccontava che la moglie di B aveva fatto, non fatto, e lei aveva notato... Io sono rimasta di stucco, ma come, quale moglie?
Davanti a un caffè, in un bar affollato, per discrezione senza pronunciare nomi e cognomi, siamo andate avanti un quarto d'ora prima di spiegarci e di dirimere l'equivoco.
Per fare questo è stato necessario che il caffè entrasse in circolo, oltre ad arrivare fino in Duomo in tram.
A quel punto, dopo aver appreso che il mio "compagno di banco" a inglese ha una impalcatura di corna che fa provincia... come farò a far finta di nulla domani?
E, purtroppo, non ho saputo quel che volevo conoscere: era troppo tardi e non volevo essere troppo insistente.
sabato 3 novembre 2012
Liscio indomabile
Chi ha detto che solo i capelli crespi o ricci sono indomabili?
Solo chi non ha il vero, puro, durissimo capello liscio da Pia.
Il capello liscio della Pia è orgoglioso della sua natura, attratto dal riccio o dal mosso, ma con distacco, passionale nel suo cadere in un perfetto à plomb, rigoroso nel suo resistere al cambiamento.
Un liscio implacabile, che lotta indomabile contro ogni ritrovato chimico o meccanico atto a modificare la sua natura setosa, finissima e biondo scuro.
Stamattina ho costretto Maria a un prolungato sit-in da un parrucchiere, mentre una povera ragazza lottava con il liscio Pia per produrre una qualche parvenza di onda.
A lungo, sul treno e già ieri, pregustavo la nostra giornata speciale.
Massaggio, una bella piega, mossa per far vedere che, insomma, dal parrucchiere ci sono stata, ristorante indiano a pranzo, un bel giro per il mercato (ho ancora la passione comprereccia per i suk).
Costernazione quando ho espresso l'idea di arricciare i capelli.
Mentre Maria si faceva fare un massaggio, mi hanno piazzato in testa una maschera che ho tenuto più o meno per un'ora e mezza. Fin lì, tutto bene. Mi prendo poco cura dei miei spaghettini...
Dopo il mio divino massaggio, e lo shampoo di rito, eccoci alle prese con la piega.
Un supplizio: la ragazza tenta di farmi dei boccoli imprigionando delle spazzole nei miei capelli, affogandoli nella lacca e tirando come un'ossessa per cercare di sgarbugliare la povera matassa.
Ora: ho i capelli drittissimi e fini, ma come fa a passarti per la testa che due spazzole bastino per fare delle onde?
Li sentivo agonizzare, i poverini, tossire per le nuvole di agenti chimici, urlare straziati di fronte all'impietosa tirata, soccombere tra i nodi creati dalla maldestra parrucchiera.
Mi sono sentita anche in colpa, quando, dopo aver visto che non si otteneva alcun risultato, neppure uno spiegazzato di seconda categoria, la tizia ha sguainato, finalmente, il ferro.
Peccato che abbia fatto troppo in fretta, e che il risultato sia peggiore di quando lo facevo io alle medie (e lì stavano).
Prima impacchettati, poi asfissiati, quindi tirati e strappati e infine cotti...
Non ve lo farò mai più, giuro.
Infine usciamo, una giornata uggiosa che, però, dovrebbe tenere.
E mentre camminiamo verso il momento del cibo (sempre il migliore) li sento che, dopo un iniziale momento di stasi, si riprendono e come si stiracchiano.
Le onde si allungano, e si rilassano.
All'uscita dal ristorante si mette a piovigginare. Non vado mai dal parrucchiere e posso ben dire di aver fatto piovere.
Inumiditi, hanno fatto una colla unica con la lacca, in abbondanza sui miei capelli.
Nel bagno del primo bar in cui ci rifugiamo mi guardo bene allo specchio. I miei capelli sembrano stroppicciati, spettinati e disordinati. E loro non lo sono mai...
Torno a casa e l'unica cosa che mi rimane da fare è spazzolarli, perdendo così ogni onda, tranne un boccolo sbilenco che ha tutta l'aria di essere rimasto piegato male dopo averci dormito sopra.
Oltre al danno la beffa: per la piega prolungata mi hanno fatto pagare un supplemento e la testa mi prude da morire per la lacca che ci hanno messo...
Domani dovrò rilavarmi la testa, sic!
Prometto, non lo faccio più.
Solo chi non ha il vero, puro, durissimo capello liscio da Pia.
Il capello liscio della Pia è orgoglioso della sua natura, attratto dal riccio o dal mosso, ma con distacco, passionale nel suo cadere in un perfetto à plomb, rigoroso nel suo resistere al cambiamento.
Un liscio implacabile, che lotta indomabile contro ogni ritrovato chimico o meccanico atto a modificare la sua natura setosa, finissima e biondo scuro.
Stamattina ho costretto Maria a un prolungato sit-in da un parrucchiere, mentre una povera ragazza lottava con il liscio Pia per produrre una qualche parvenza di onda.
A lungo, sul treno e già ieri, pregustavo la nostra giornata speciale.
Massaggio, una bella piega, mossa per far vedere che, insomma, dal parrucchiere ci sono stata, ristorante indiano a pranzo, un bel giro per il mercato (ho ancora la passione comprereccia per i suk).
Costernazione quando ho espresso l'idea di arricciare i capelli.
Mentre Maria si faceva fare un massaggio, mi hanno piazzato in testa una maschera che ho tenuto più o meno per un'ora e mezza. Fin lì, tutto bene. Mi prendo poco cura dei miei spaghettini...
Dopo il mio divino massaggio, e lo shampoo di rito, eccoci alle prese con la piega.
Un supplizio: la ragazza tenta di farmi dei boccoli imprigionando delle spazzole nei miei capelli, affogandoli nella lacca e tirando come un'ossessa per cercare di sgarbugliare la povera matassa.
Ora: ho i capelli drittissimi e fini, ma come fa a passarti per la testa che due spazzole bastino per fare delle onde?
Li sentivo agonizzare, i poverini, tossire per le nuvole di agenti chimici, urlare straziati di fronte all'impietosa tirata, soccombere tra i nodi creati dalla maldestra parrucchiera.
Mi sono sentita anche in colpa, quando, dopo aver visto che non si otteneva alcun risultato, neppure uno spiegazzato di seconda categoria, la tizia ha sguainato, finalmente, il ferro.
Peccato che abbia fatto troppo in fretta, e che il risultato sia peggiore di quando lo facevo io alle medie (e lì stavano).
Prima impacchettati, poi asfissiati, quindi tirati e strappati e infine cotti...
Non ve lo farò mai più, giuro.
Infine usciamo, una giornata uggiosa che, però, dovrebbe tenere.
E mentre camminiamo verso il momento del cibo (sempre il migliore) li sento che, dopo un iniziale momento di stasi, si riprendono e come si stiracchiano.
Le onde si allungano, e si rilassano.
All'uscita dal ristorante si mette a piovigginare. Non vado mai dal parrucchiere e posso ben dire di aver fatto piovere.
Inumiditi, hanno fatto una colla unica con la lacca, in abbondanza sui miei capelli.
Nel bagno del primo bar in cui ci rifugiamo mi guardo bene allo specchio. I miei capelli sembrano stroppicciati, spettinati e disordinati. E loro non lo sono mai...
Torno a casa e l'unica cosa che mi rimane da fare è spazzolarli, perdendo così ogni onda, tranne un boccolo sbilenco che ha tutta l'aria di essere rimasto piegato male dopo averci dormito sopra.
Oltre al danno la beffa: per la piega prolungata mi hanno fatto pagare un supplemento e la testa mi prude da morire per la lacca che ci hanno messo...
Domani dovrò rilavarmi la testa, sic!
Prometto, non lo faccio più.
venerdì 2 novembre 2012
Il primo ristorante cinese non si scorda mai
Sono finalmente riuscita a portare mia mamma al ristorante cinese.
Non si tratta di un'impresa da poco.
Quando sono stata a Napoli ha reagito come se fossi in partenza per Bagdad.
Sono stata costretta a lasciare a casa anche la borsa, gli orecchini, l'orologio...
Lo scopo era quello di non farmi notare, certo, di non offrire alla vista oggetti interessanti per lo scippo... Peccato che: ero in piano centro, ero l'unica donna senza borsetta, ogni volta che dovevo guardare l'ora (il mio orologio avrà 10 anni) rovistavo penosamente in una specie di bustina porta documenti per estrarre il cellulare...
Insomma, prima l'ho attratta con spaghetti di riso e ravioli di gambero take away, e poi, oggi, a tradimento, venute via dall'outlet, le ho proposto di fermarci a pranzo nel ristorante davanti all'Ipercoop, un posto modesto, ma dove si mangia benino e soprattutto sono sempre stata bene.
Famiglie, diverse abbinate mamma figlia riempivano il locale.
Non vi dico la meraviglia di fronte al ricco menù.
In effetti le cose sono davvero tante.
Alla fine è piaciuto tutto, compreso il gelato fritto (io non l'ho preso, sono giù piuttosto grassa).
Continuava a ripetermi: - Era tutto buonissimo.-. quasi con stupore.
Era così buono che stasera ci è venuta fame. Quindi era eccezionale, non solo buono.
Non si tratta di un'impresa da poco.
Quando sono stata a Napoli ha reagito come se fossi in partenza per Bagdad.
Sono stata costretta a lasciare a casa anche la borsa, gli orecchini, l'orologio...
Lo scopo era quello di non farmi notare, certo, di non offrire alla vista oggetti interessanti per lo scippo... Peccato che: ero in piano centro, ero l'unica donna senza borsetta, ogni volta che dovevo guardare l'ora (il mio orologio avrà 10 anni) rovistavo penosamente in una specie di bustina porta documenti per estrarre il cellulare...
Insomma, prima l'ho attratta con spaghetti di riso e ravioli di gambero take away, e poi, oggi, a tradimento, venute via dall'outlet, le ho proposto di fermarci a pranzo nel ristorante davanti all'Ipercoop, un posto modesto, ma dove si mangia benino e soprattutto sono sempre stata bene.
Famiglie, diverse abbinate mamma figlia riempivano il locale.
Non vi dico la meraviglia di fronte al ricco menù.
In effetti le cose sono davvero tante.
Alla fine è piaciuto tutto, compreso il gelato fritto (io non l'ho preso, sono giù piuttosto grassa).
Continuava a ripetermi: - Era tutto buonissimo.-. quasi con stupore.
Era così buono che stasera ci è venuta fame. Quindi era eccezionale, non solo buono.
Risotto con radicchio e vino rosso
E anche oggi la ricetta del risottino della festa, oggi vegetariano.
Ingredienti:
riso
radicchio rosso
brodo vegetale
vino rosso
burro e olio
cipolla rossa
Per evitare che il radicchio sia amaro e rovini il risotto, ho provato in diversi modi.
Per me il più efficace è quello di eliminare quasi del tuto la costa bianca, tenere la parte rossa e farla sfumare benissimo con abbondante vino.
L'operazione, fatta dopo il soffritto, è solo in apparenza banale. I rischi sono quelli di vedersi attaccato il tutto al padellino, avere una cosa che sa di alcool o del radicchio amaro e il risotto acidino.
Quindi, perdeteci del tempo, e usate del vino decente (no Tavernello, ma mai nella vostra vita, vino e plastica o tetrapack non vanno d'accordo).
Il risotto si prepara poi nel modo consueto, tostate il riso, aggiungete ancora un po' di vino (ho provato con il rosso perché... ebbene sì, perché ce lo avevo aperto) terminate con burro e parmigiano.
Buon appetito e viva la bassa...
Ingredienti:
riso
radicchio rosso
brodo vegetale
vino rosso
burro e olio
cipolla rossa
Per evitare che il radicchio sia amaro e rovini il risotto, ho provato in diversi modi.
Per me il più efficace è quello di eliminare quasi del tuto la costa bianca, tenere la parte rossa e farla sfumare benissimo con abbondante vino.
L'operazione, fatta dopo il soffritto, è solo in apparenza banale. I rischi sono quelli di vedersi attaccato il tutto al padellino, avere una cosa che sa di alcool o del radicchio amaro e il risotto acidino.
Quindi, perdeteci del tempo, e usate del vino decente (no Tavernello, ma mai nella vostra vita, vino e plastica o tetrapack non vanno d'accordo).
Il risotto si prepara poi nel modo consueto, tostate il riso, aggiungete ancora un po' di vino (ho provato con il rosso perché... ebbene sì, perché ce lo avevo aperto) terminate con burro e parmigiano.
Buon appetito e viva la bassa...
Shrek
Grazie alla pubblicità positiva del mio collega Danilo, compro un biglietto per un musical tratto dal cartone Shrek, in scena a Milano al Teatro Nuovo.
Non so dirvi se sia uno spettacolo dedicato ai bambini. Credo che un certo tipo di ironia e di battute non sia proprio per loro.
Di certo ce n'erano tanti in platea, una platea con un dislivello troppo ridotto per consentir loro di vedere bene.
Lo spettacolo è recitato, ballato e cantato magnificamente, da una compagnia di prom'ordine, che meriterebbe di certo una scena più grande. Le scenografie e lo spettacolo tutto risentono infatti dello spazio ridotto.
Un applauso all'attore che interpreta il perfido principe, che recita per tutta la durata dello spettacolo (più di 2 ore) in ginocchio un ruolo di nano imparruccato che ricorda un po' Berlusconi.
La scena più bella, per me, è quella interpretata da una Fiona in attesa dell'eroe, che scandisce, insieme ai giorni, anche le banalità e le ovvietà proprie della mitologia favolistica al femminile, l'attesa, le qualità dell'eroe e via dicendo.
Mi sono interrogata del perché questi biglietti siano comparsi tante volte su questi siti che offrono cene/estetica/oggetti/spettacoli scontati.
Certo che, un biglietto come il mio, e la posizione non era certo spettacolare, a prezzo pieno costava 59 euro... Se si moltiplica solo per una famiglia di 3 persone viene una bella cifra.
E, nelle file davanti, addirittura 89 euro.
Peccato per gli attori, che non si meritavano una svendita.
Non so dirvi se sia uno spettacolo dedicato ai bambini. Credo che un certo tipo di ironia e di battute non sia proprio per loro.
Di certo ce n'erano tanti in platea, una platea con un dislivello troppo ridotto per consentir loro di vedere bene.
Lo spettacolo è recitato, ballato e cantato magnificamente, da una compagnia di prom'ordine, che meriterebbe di certo una scena più grande. Le scenografie e lo spettacolo tutto risentono infatti dello spazio ridotto.
Un applauso all'attore che interpreta il perfido principe, che recita per tutta la durata dello spettacolo (più di 2 ore) in ginocchio un ruolo di nano imparruccato che ricorda un po' Berlusconi.
La scena più bella, per me, è quella interpretata da una Fiona in attesa dell'eroe, che scandisce, insieme ai giorni, anche le banalità e le ovvietà proprie della mitologia favolistica al femminile, l'attesa, le qualità dell'eroe e via dicendo.
Mi sono interrogata del perché questi biglietti siano comparsi tante volte su questi siti che offrono cene/estetica/oggetti/spettacoli scontati.
Certo che, un biglietto come il mio, e la posizione non era certo spettacolare, a prezzo pieno costava 59 euro... Se si moltiplica solo per una famiglia di 3 persone viene una bella cifra.
E, nelle file davanti, addirittura 89 euro.
Peccato per gli attori, che non si meritavano una svendita.
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