domenica 18 maggio 2014

A come ansia

Ho esattamente due ore scarse per: mettermi lo smalto sulle unghie, lavarmi i capelli, truccarmi, preparare la borsa per la palestra, fare un ordine sul sito di Dorothy Perkins altrimenti scade la promozione del 25%, preparare i vestiti per domani, rileggere il mio lavoro di venerdì e... varie ed eventuali.
 
E' domenica dopo pranzo, pranzo che ho preparato anticipando l'anticipabile a ieri, e programmando pasti da asporto fino a mercoledì, con una sensata gestione degli avanzi. I piatti sono in lavastoviglie, il letto fatto. Un robusto mal di testa sta facendo inesorabilmente capolino dalla parte destra del mio emisfero cerebrale, mentre in punta di pennello sto stendendo uno smalto di dubbia qualità.
 
Spero solo che non si trasformi in emicrania.
Accidenti, non ho messo l'olio nutriente sui capelli per sfruttare al massimo ogni nanosecondo.
 
Mi sono svegliata pensando alla settimana che mi aspetta: una serie di riunioni, domani zumba, giovedì questa nuova esperienza di pilates, martedì cena a casa di Lilli (non posso più rimandare), e devo anche incastrarmi un ceretta...le vacanze incombenti...
 
Altro che entusiasmo per le cose nuove, a dominare le mie giornate è il fiato corto e l'ansia.
Sono sempre di fretta, nel fare le cose che devo e anche quelle, diciamo, non obbligatorie.
 
Tra cose che scordo, che mi cadono, che si rompono, che non trovo, l'unico mio desiderio è quello, indistintamente, di "mandare" tutto il resto del mondo dove dovrebbe.
 
E mi sembra, talvolta, che basterebbe solo vivere in modo diverso gli avvenimenti e gli impegni senza farsene travolgere.
Insomma, fare le cose e basta.
 
Ma la mia testa è sempre oltre, sempre in corsa verso la/le nuove mete.
 
Mentre mi accorgo di essere nervosa/incavolata sette giorni su sette, mi rendo anche conto che le mani mi tremano, che ho sempre mal di schiena e che non sono mai realmente concentrata su nulla e su nessuno.
 
E così tutto diventa un impegno, una cosa, compresi gli incontri con gli amici, da incastrare faticosamente in giornate troppo piene.
Troppo piene dal lavoro, ecco, che vampirizza la maggior parte delle mie risorse emotive.
 
Così sono entrata nella spirale dell'ansia, che ben si accompagna a un eccesso di rigidità negli impegni.
 
Elenchi puntati, agende, programmazione, nulla vale a bloccarla.
 
Neppure il constatare che, alla fine le cose le faccio e fino a oggi non c'è stato alcun cataclisma.
Almeno fino ad ora.
 
Voi mi direte che rinunciare a qualcosa può essere una efficace strategia per allentare la tensione. Invece, il saltare qualche sessione in palestra, per esempio, non fa che aumentare il senso di oppressione che mi attanaglia a livello esofago.
 
Per non parlare del rinunciare a qualche incontro: mi pare che tutta la mia vita ruoti intorno a un lavoro insoddisfacente in un ambiente poco stimolante.
Passi l'affetto per qualcuno, ma, davvero, il livello della maggior parte della gente è assai basso.
Il senso del dovere non spunta le armi all'inconscio...
 
Quello che mi manca, ora, è il tempo di scrivere.
Il tempo di scrivere qui sopra anche, la mia valvola di sfogo, diciamo pure quello che mi ha tenuto in piedi fino a ora. Questi impegni lavorativi sempre più ingombranti, che mi sottraggono tempo ed energie sono la causa del mio rallentamento nella scrittura.
 
Per occuparmi di altro, insomma, ho smesso di occuparmi di me, alla fin fine.
E il conto che mi viene presentato è questo: sono ansiosa,  mi pare che i giorni, le settimane, i mesi scivolino via senza tregua e senza risultato.
Questo perché non ho tempo e modo di rielaborarli e di dedicare al mio vissuto il tempo che merita, per viverlo prima e per capirlo dopo.
 
 
 
 
 
 
 

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