sabato 22 marzo 2014

Una porta pesantissima

E' quella che sono chiamata ad aprire. Dove mi porterà non lo posso sapere, ma posso intuire che, dopo aver fatto questo sforzo titanico, sarò più serena.
 
Non posso neppure tirarmi indietro, perché il processo di cambiamento viene da lontano e non ho potuto evitarlo. Se, ma è inutile ragionare con i se, se le cose fossero andate diversamente, ora non sarei qui alle prese con le fatiche e i dolori di un'adolescenza di ritorno, e precisamente nella fase del cambiamento.
 
Per il mio bene sto cercando di cambiare il mio atteggiamento e il mio modo di reagire. Alla mia età, capirete, non è semplice, dato che ci sono meccanismi mentali consolidati (o, per meglio dire, cementificati) che è difficile modificare.
 
Il tutto ha a che fare con l'idea e la considerazione che ho di me.
E' molto più facile, quando si cerca di superare qualcosa, buttarsi a corpo morto in una nuova impresa, attività, oppure compensare in maniera impropria.
 
Riflettere su di sé, sui propri pregi, sui difetti, sulle modalità di reazione, a questo punto, è fondamentale per poter ricominciare in modo diverso.
 
Però, nel frattempo, che fatica cercare di cambiare.
Con la convinzione che una cosa non sostituisce ciò che mi manca, sto resistendo stoicamente... a tutto. Al cibo, allo shopping compulsivo, al tagliarmi i capelli e cambiare colore ogni 15 giorni, all'autocompiangimento e alla bulimia da impegni extra.
 
Mi sono chiesta più volte se cela farò, ma soprattutto, mi sto domandando, come ci arriverò.
Questa settimana ho passato giorni orrendi, in cui ho combattuto con me stessa fino allo spasimo.
Sono prostrata: mi sto impegnando più che posso, ma dire che sto un po' meglio è una menzogna bella e buona.
 
Il tempo pare migliorare le cose: sarà vero?
Quanto durano le fasi acute?
 
Per il momento mi pare di galleggiare in un mare di vuoto, il vuoto doloroso del cuore. Mi sembra di nuotarci in mezzo con vigore, disciplina, anche coraggio.
Basterà?
 
Non so proprio dirlo...

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