martedì 15 aprile 2014

Pendolaria

Per una miracolosa combinazione di metropolitane, arrivate entrambe quasi incredibilmente proprio mentre scendevo le scale, arrivo quasi con agio sul binario del treno precedente a quello che avevo preventivato di prendere. 

Fortuna vuole che, chiamata la mia amica Antonella, per dirle che sono riuscita ad acchiapparlo contro ogni previsione, vicino a lei ci siano anche due posti liberi, occupati da altre nostre conoscenti e non, come spesso accade, da qualche figuro puzzolente e sporco. 

Partiamo in orario e procediamo senza arenarci per un po'.

Lo sapevo che qualcosa doveva accadere. Non poteva filare tutto così liscio.

E infatti qualcosa accade. 
Ne abbiamo sentore osservando una famiglia di turisti tedeschi, che brandiscono una cartina con l'elenco dei monumenti di un improbabile paese sulla tratta per Milano. 

Abituati a viaggiare su mezzi pubblici certamente più efficienti nella sostanza e più civili nella forma, si allarmano quando un certo odore di bruciato inizia a spandersi nella carrozza. 

Succede spesso, motivo per cui i viaggiatori abituali, il povero popolo pendolare, che ne ha viste e sentite di tutte, non fa una piega, anzi, continua imperterrito a fare quello che faceva prima. 
Conversa, legge, ascolta musica, guarda fuori. 

Li vedo osservarci attoniti, mentre valutano l'ipotesi di essere vittima di una candid camera, ignorando le nostre quotidiane condizioni di viaggio. Dopo qualche minuto iniziamo, però, anche noi, pendolari rotti a ogni disagio, ad avvertire una puzza di bruciato più intensa della consueta, mentre scorgiamo una nuvola di fumo bianco che avvolge la carrozza.

L'odore diventa sempre più insopportabile, mentre ci avviciniamo alla più disgraziata stazione della linea, prima non solo di un collegamento alternativo per ogni dove, ma anche di un qualsiasi essere umano cui chiedere informazioni o aiuto.

Inizia così il fuggi fuggi dei passeggeri, intimoriti dal fumo e dall'odore tremendo. 
Saltano giù dal treno come i topi saltano fuori dalla tana alluvionata.

Ma non si fidano ad allontanarsi troppo dalla porte: stanno in attesa. E' vero che c'è il rischio di un incendio, ma c'è anche il rischio che il treno, come già accaduto in passato, riparta a tradimento, senza alcun annuncio, lasciando tutti sul marciapiede. La disinformazione regna sovrana e già, anche tra noi rimasti a presidiare il treno cominciano a fiorire le leggende metropolitane sulla natura del disguido.

Una frotta di gente inizia a rumoreggiare e, all'annuncio dell'arrivo del treno successivo in stazione, a chiedersi quale dei due partirà per primo, se il nostro è o non è rotto.

E, a questo punto, arriva lui. Il capotreno. Avanza trascinandosi in una divisa enorme, quasi perso nella sua giacca grigia. Somiglia, per dimensioni e prestanza a Ratatouille. Con uno sguardo un po' meno intelligente e brillante, però.

Si avvicina alla nostra carrozza, estrae un aggeggio di ferro e tira di qui, molla di là, a un bel momento si sente un rumore risolutivo...

Quando la folla percepisce la notizia della partenza fa dietro front isterica e si butta sui sedili (il rapporto è, di norma, uno seduto e tre in piedi). Con manovre di sopraffina tecnica pendolare evitiamo di farci soffiare il posto a sedere, di rimetterci qualche stinco, di farci strappare la borsetta e/o altra borsa.

Partiamo, non dopo aver accumulato ulteriore ritardo aspettando quelli che si sono persi scendendo, ancora più appiccicati: per non sbagliarsi, hanno chiuso due carrozze, quelle più piene di fumo. Mentre la transumanza degli sfollati dalle carrozze chiude continua, con la gioia di avere le loro borse e valigie in testa e in faccia, ci avviciniamo alla meta.

Quando arriviamo scopriamo che, in realtà, non è successo nulla. Solo.... abbiamo fatto quasi 30 Km con i freni tirati, quegli stessi che hanno cominciato a fumare per l'attrito.

E domani, nuovo giro in treno. 
Chissà quale nuova entusiasmante avventura ci sarà ad attenderci.

Nessun commento:

Posta un commento