giovedì 19 settembre 2013

Il gusto salato delle lacrime

L'unico modo per tenere insieme i pezzi è cementarli con una colla molto potente.
L'unico modo per resistere alla forza centrifuga dell'esistenza è quello di compattare se stessi, emozioni, sentimenti, reazioni.
 
Sempre e comunque sotto controllo ferreo.
Sempre filtrate, sempre schermate, sempre schiacciate.
 
Non so, sarà il buio della notte, sarà la stanchezza, sarà l'insonnia, sarà questo autunno che incombe e che mi lascia addosso un gelo mortale, e le mie lacrime salate cominciano a sorgere dai miei occhi segnati.
Affiorano inesorabilmente, minacciano di tracimare.
 
Mi commuovo pensando al passato, mi commuovo ricordando il passato.
Rivedo la vecchia casa in ogni suo particolare, una casa modesta di campagna a due piani, con due stanze e una scala in mezzo.
Ogni particolare del giardino, il portoncino in legno, il salice piangente, il pino argentato, il varco per arrivare nell'orto e lo spiazzo davanti al giardino.
Dove prima c'erano le galline, e dove, sotto un grande pino, d'estate mettevamo le sedie in cerchio per parlare, nel pomeriggio.
A fianco del "luogo del pentolone" dove per ore e ore cuoceva la famigerata "salsa" di pomodoro, una versione nordica con la consistenza di un buco nero atta a fare... non si sa che.
 
Forse a mancarmi sono più le cose e le consuetudini che non le persone vere.
Quello che sento che mi è stato portato via è quella calma, quella tranquillità patinata di noia propria delle consuetudini, della conoscenza eterna, delle abitudini di famiglia. La famiglia, appunto.
Che a seguito di tutta questa brutta faccenda è giocoforza finita in mille, minuti e acutissimi pezzi.
 
Sono questi pezzi, probabilmente, ad agitarsi acuti nel mio cuore, ormai quello di un orfano, stanotte.
 
 

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